Podcast 2-37 – 2 gennaio 2025 – Meditazione per la memoria di San Basilio il Grande
«San Basilio, vescovo di Cesarea in Cappadocia e dottore della Chiesa, detto il Grande per dottrina e sapienza, insegnò ai suoi monaci la meditazione delle Scritture e il lavoro nell’obbedienza e nella carità fraterna e ne disciplinò la vita con regole da lui stesso composte; istruì i fedeli con insigni scritti e rifulse per la cura pastorale dei poveri e dei malati» (Dal Martirologio).
Proprio come espresso dal Libro del Siracide, capitolo 44: “I popoli parlino della sapienza dei santi, e l’assemblea ne celebri la lode; il loro nome vivrà per sempre”, così è per il nostro Santo Legislatore, l’Autore della Regola che, secondo una tradizione, non confermata, ma di antica origine, regge il nostro Ordine Sacro e Militare.
Che un personaggio illustre del passato sia stato “uomo/donna del suo tempo” è una considerazione piuttosto comune ed assodata. Assai meno spesso capita che una spiccata personalità sia stata in grado di anticipare i tempi, almeno nell’ambito della sua specifica esperienza vitale, proiettandosi verso il futuro. Ma è rarissimo il caso di uomini/donne talmente sublimi da poter essere considerati addirittura al di fuori, al di sopra, del tempo.
Basilio, come Francesco, in qualche misura Benedetto, e tanti altri ed altre, uomini e donne, veri ed eroici imitatori ed imitatrici di Cristo, hanno incarnato questo carisma che li ha resi, per i posteri, insigni figure profetiche e precorritrici dei tempi futuri proprio in quanto nel tempo, ma non del tempo! Le loro opere ed i loro scritti ne sono stati palpitanti testimoni non solo per i loro contemporanei, ma anche e, direi, soprattutto, per i posteri di ogni epoca futura. Basilio, come “uomo del suo tempo”, era autoritario per temperamento, fiero ed orgoglioso della sua patria e delle tradizioni di famiglia, dotato di intelligenza vivace, di vasta cultura e di squisita sensibilità.
Era anche animato da infaticabile energia, nonostante la salute malferma, e tutte queste doti lo imposero all’ammirazione dei suoi conterranei e non solo. Già durante la sua esperienza monastico-cenobitica il suo desiderio di dare risposta ai tanti quesiti dei suoi discepoli gli fece comporre un’opera, poi nota come Asceticon (Grande e Piccolo), impropriamente definita “Regola”, ricca di consigli ed esortazioni, tutti sulla base della Sacra Scrittura, per i suoi “fratelli Cristiani” dunque, non necessariamente, monaci o religiosi. Ma fu soprattutto durante il suo episcopato che la sua ricca e molteplice attività, soprattutto caritativa, si impose all’attenzione dei suoi contemporanei in modo speciale durante periodi di crisi dovuti a carestie. Contemporaneamente, come ci ricorda il suo amico Gregorio di Nazianzo, fu autore di una riforma liturgica tuttora attestata ad esempio, dall’anafora eucaristica pervenutaci.
Le sue omelie sono un incomparabile documento di eloquenza e di esegesi biblica. Il ricco epistolario (366 lettere) è testimonianza preziosa delle intense relazioni che Basilio intessé e coltivò in Oriente, ma anche in Occidente, spesso in circostanze di grande tensione e di conflitti che furono per lui fonte di amarezza e profonda sofferenza per le condizioni deplorevoli della Chiesa a causa di incomprensioni e ambizione di potere o di primazia.
Dove Basilio non fu soltanto “uomo del suo tempo”, ma profeta illuminato ed antesignano di futuri accadimenti, teologici e non solo, fu nel suo “impegno, cui si mantenne incessantemente legato, con un manifesto senso di servizio ecumenico alla Chiesa, nella difesa del dogma trinitario…”, soprattutto in relazione alla Terza Persona, nell’intento anche di illustrarne l’opera essenziale nella santificazione del credente e del Creato tutto. Basilio cerca di riunire in Oriente tutti gli uomini di buona volontà, valorizzando le posizioni non intransigenti e radicali per distaccare dall’eresia quante più personalità e ambienti potesse. La sua azione politica, condotta avanti con tenacia instancabile, pur nel ripetersi delle amarezze e delle delusioni, al termine del suo mandato episcopale appariva fallimentare. Era tuttavia vicino il tempo in cui si sarebbe manifestata tutta la sua importanza e la sua fecondità sul piano dottrinale e politico ampiamente espressa mediante il suo ricchissimo epistolario.
Alla questione trinitaria e pneumatologica aveva impresso un’apertura che consentiva approfondimenti ed acquisizioni ulteriori. Proponendo una teologia rispondente alle esigenze avvertite in Oriente e pure conforme alla fede nicena, egli riuscì a dare [prima della sua morte nel 379] unità e consistenza ad una variegata realtà che si sarebbe manifestata in tutta la sua portata nel definire i dogmi costantinopolitani del 381. In mezzo all’infuriare della polemica serrata e mediante un ragionamento asciutto e rigoroso che si serviva di argomenti e di forme dialettiche spesso molto distanti dalle attuali, palpita l’intensa e profonda vita interiore di Basilio, la sua indefettibile adesione ai contenuti della fede ed alla sapienza della vita. In particolare, con il Trattato sullo Spirito Santo, il Padre Cappadoce tocca il vertice del suo impegno di teologo e di pastore”. È il suo “testamento spirituale”, la sua confessione di fede nel dogma, ancora non perfettamente definito, della Trinità in cui afferma la certezza della vocazione dell’uomo alla sua divinizzazione. Nella definizione teologica delle Tre Persone che oggi conosciamo, quella dello Spirito Santo fu la più combattuta e contestata. Le argomentazioni cristologiche dei primi secoli, che avevano portato alla convocazione da parte dell’Imperatore, Capo della Chiesa, dei primi Concili ed allo sviluppo di eresie varie, ebbero, come diretta conseguenza, anche influenza sulle formulazioni teologiche, la così detta pneumatologia (da pneuma, cioè spirito) sulla terza Persona della Trinità, lo Spirito Santo. Intorno al 360, la polemica pneumatologica esplose con violenza in relazione a dubbi e negazioni sulla effettiva divinità dello Spirito, alla sua consustanzialità col Padre e con il Figlio, alla sua origine e relazione con le altre due Persone divine.
Basilio affermò con forza la divinità e la consustanzialità dello Spirito con il Padre ed il Figlio, appoggiando le sue argomentazioni su di una esplorazione puntuale della Sacra Scrittura, che esplicitamente non parla della divinità dello Spirito Santo, ma che fa escludere che Egli sia da considerarsi inferiore alle altre Persone della Trinità divina, anche secondo la Tradizione precedente.
Il dibattito sollevava viva partecipazione anche tra il popolo ed era complicato dalle interferenze e pressioni politiche e gerarchiche esercitate sui sinodi e sui concili soprattutto, questa volta, a causa dell’incomprensione dei termini greci relativi alla consustanzialità delle tre Persone divine. Ovviamente Basilio è perfettamente conscio dell’insufficienza del linguaggio umano per esprimere questo mistero, ma mette tutto il suo impegno per illustrare nel modo più chiaro ed evidente la duplice diversa derivazione del Figlio e dello Spirito Santo dal Padre, riuscendo a far percepire l’eterno fluire della pienezza della vita divina dal Padre al Figlio e dal Padre e dal Figlio allo Spirito Santo. Egli ha cercato di sopperire con cautela, circospezione ed un equilibrio fino ad allora mai raggiunto, al silenzio dei Padri del Concilio di Nicea del 325 ed ha preparato e precorso la definizione dogmatica della consustanzialità divina dello Spirito Santo proclamata dal Concilio di Costantinopoli del 381.
Il suo Trattato assunse il valore di fonte paradigmatica per le trattazioni pneumatologiche successive anche per Ambrogio ed Agostino. Per quanto riguarda l’influenza basiliana su Agostino, basti notare che l’originale affermazione di Basilio sembra già preludere al passo successivo compiuto dall’intuizione agostiniana secondo la quale lo Spirito Santo è quaedam comsubstantialis communio: l’Amore del Padre e del Figlio, l’espressione perfetta della Misericordia di Dio, poiché, come affermò poi Tommaso è proprio di Dio usare misericordia e specialmente in questo si manifesta la sua onnipotenza.
Di tutto questo tiene conto la Liturgia di oggi, giorno della memoria di San Basilio il Grande e dei due Gregorio, Nisseno, fratello di Basilio, e Nazianzeno, suo intimo amico, entrambi confratelli nell’episcopato.
L’Orazione Colletta richiama la luminosità degli esempi e degli insegnamenti dei Santi Basilio e Gregorio e chiede a Dio di donarci uno spirito umile per conoscere la sua verità e attuarla fedelmente nella carità fraterna.
La Prima Lettura, dalla Prima Lettera di San Giovanni Apostolo (1Gv 2,22-28), ci invita a custodire nella verità coloro che confessano che Gesù Cristo è Figlio di Dio Padre per opera dello Spirito Santo. Infatti: ”Se rimane in voi quello che avete udito da principio, anche voi rimarrete nel Figlio e nel Padre. E questa è la promessa che egli ci ha fatto: la vita eterna”. Il Salmo 97 (98) ci invita a cantare al Signore un nuovo inno per le meraviglie della sua salvezza che ci ha fatto conoscere assieme alla sua misericordia. L’acclamazione al Vangelo, tratta dalla Lettera agli Ebrei (1, 1-2) ed il Vangelo, tratto da GV 1,19-28, fanno riferimento, la prima, alla voce ispirata dallo Spirito dei profeti che hanno parlato lungo il decorso dei secoli, annunciando la salvezza operata da Dio mediante il Figlio e per opera dello Spirito Santo, il secondo, all’ultimo profeta, Giovanni il Battista, così carismatico da essere scambiato per il Cristo al quale, invece, rese testimonianza inequivocabile: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia… io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo”.
Dalla Epistola II di San Basilio il Grande.
Bisogna cercare di tenere la mente nella quiete. Non è possibile scrivere sulla cera se prima non si sono spianati i caratteri che vi si trovavano impressi: allo stesso modo, non è possibile offrire all’anima gli insegnamenti divini, se prima non si tolgono via le idee preconcette derivanti dai costumi acquisiti. Come infatti le belve possono essere facilmente vinte se vengono ammansite, così anche le brame, le collere, i timori, le tristezze, questi mali velenosi dell’anima, una volta che siano stati assopiti dalla quiete e non siano più esasperati dalla continua provocazione, vengono facilmente vinti dalla forza della ragione. C’è poi l’esercizio della pietà, che nutre l’anima con i pensieri divini. Nella quiete della solitudine l’anima non è più tratta in basso né dalla cura per il nutrimento, né dalla sollecitudine per l’abito; libera dalle cure terrene, trasferisce tutto il suo studio verso l’acquisizione dei beni eterni e impara come essa debba realizzare la temperanza e la fortezza, oltre alla giustizia, alla prudenza e alle altre virtù che si specificano sotto queste categorie generali e che indicano all’uomo come può agire bene nelle diverse circostanze della sua vita. Ma la via ottima per trovare ciò che conviene è la meditazione delle Scritture ispirate. Esse contengono anche i suggerimenti per le cose da compiere e trasmettono per iscritto le vite degli uomini beati, quasi viventi icone del vivere conforme a Dio, a noi proposte perché ne imitiamo le opere buone. Le preghiere succedono poi alle letture, che fanno l’anima più fresca e fiorente e la muovono all’amore per Dio. È preghiera buona quella che imprime chiaro nell’animo il pensiero di Dio. E questo è l’inabitazione di Dio, l’avere cioè Dio che risiede in noi mediante la memoria di lui. Così diventiamo tempio di Dio.
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Foto di copertina: La liturgia di San Basilio. Affresco nell’abside del duomo di Santa Sofia a Ocrida in Macedonia.