Podcast 2-61 – 25 marzo 2025 – Meditazione per la solennità dell’Annunciazione del Signore
«Solennità dell’Annunciazione del Signore, quando nella città di Nazareth l’angelo del Signore diede l’annuncio a Maria: “Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo”, e Maria rispondendo disse: “Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola”. E così, compiutasi la pienezza dei tempi, Colui che era prima dei secoli, l’Unigenito Figlio di Dio, per noi uomini e per la nostra salvezza si incarnò nel seno di Maria Vergine per opera dello Spirito Santo e si è fatto uomo» (Dal Martirologio).
Prima lettura: Is 7,10-14; 8,10 – Ecco, la vergine concepirà. Salmo responsoriale: Sal 39 – Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà. Seconda lettura: Eb 10,4-10 – Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà. Vangelo: Lc 1,26-38 – Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.
«Entrando nel mondo il Signore disse: “Eccomi, o Dio, io vengo per fare la tua volontà”» (Cfr. Eb 10,5.7).

La pala d’altare raffigurante il momento in cui la Vergine Maria aprì il suo cuore al misterioso piano di Dio, offre l’opportunità di riflettere sui messaggi ispiratori che il dipinto di Gagliardi propone alla mente Cristiana nella prospettiva di alcune questioni del nostro tempo.
L’intera scena dell’Annunciazione presentata dal dipinto, ad esempio, che mostra l’Arcangelo Gabriele che dice a Maria, in nome di Dio, che concepirà Gesù, è un forte promemoria del legame tra l’Annunciazione e il “Vangelo della vita”, che è al centro del messaggio di Gesù. Papa Francesco afferma che la vita che siamo chiamati a promuovere e difendere non è un concetto astratto, ma piuttosto si manifesta sempre in una persona in carne e ossa.
Gagliardi raffigura Maria che accetta umilmente, con gli occhi chiusi, la volontà di Dio trasmessale dal suo speciale emissario, mentre tiene stretti al suo cuore dei gigli a rappresentazione della sua intatta verginità. L’artista visualizza lo Spirito Santo sotto forma di una colomba bianca che riversa la grazia di Dio su Maria, spingendola ad agire in lei con fede, che era personale, unica e non può mai essere ripetuta.
Nella solennità dell’Annunciazione del Signore a Maria, ci rallegriamo per la grande misericordia che Dio ci ha mostrato venendo nel nostro mondo.
Celebriamo Gesù di Nazaret, vero Dio e vero Uomo; celebriamo Maria, che è Madre del Signore; in qualche modo, celebriamo l’intera umanità e anche noi stessi perché il mistero dell’Incarnazione ci dice che la nostra natura umana ha una altissima dignità, capace perfino di divinizzarci in virtù della grazia.
Nella solennità odierna, il nostro sguardo si rivolge in modo particolare a Gesù, il Verbo di Dio fatto carne e che contempliamo “perfectus Deus, perfectus homo”: vero Dio, vero uomo, fatto di carne come la mia, come recita il Simbolo atanasiano attribuito dalla tradizione Cristiana al Vescovo Atanasio di Alessandria (295-373). È lo stesso Figlio di Dio che “Annientò sé stesso prendendo forma di schiavo” (Fil 2,7), perché non ci scandalizzassimo mai, nel contemplarne la nudità flagellata e crocifissa, e non dubitassimo mai della sua comprensione misericordiosa e del suo amore. Questa verità di fede, insieme agli avvenimenti storici, è una fonte di pace inesauribile per la nostra anima. “Dio si è fatto fragilità per toccare da vicino le nostre fragilità” (Papa Francesco – Angelus, 3 gennaio 2021).
Allo stesso tempo, sapere che Dio ha assunto la natura umana è anche un invito a lasciare che divinizzi ogni aspetto della nostra vita. Nella Orazione Colletta, all’inizio della Santa Messa, chiediamo audacemente al Signore che operi in noi questa trasformazione: “Concedi a noi, che professiamo la fede nel nostro Redentore, vero Dio e vero uomo, di essere partecipi della natura divina”.
Il Mistero dell’Incarnazione ci dice che la nostra esistenza ha una dimensione più grande di quella semplicemente umana, già buona, anzi “molto buona” (Gn 1,31), in sé stessa: siamo anche capaci di avere vita soprannaturale, di vedere più in là dell’effimero, di amare con una forza che viene da Dio, per mezzo di Cristo, simile a noi in tutto eccetto che per il peccato.
“Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te” (Lc 1,28). Sin dall’inizio della sua vita, Maria avrà percepito questa vicinanza con Dio, che si cela, per tutti, negli ineffabili segni della sua presenza nel mondo, ed in lei palese in grazia della sua Immacolata Concezione. Nel momento dell’Incarnazione, tuttavia, questa vicinanza diviene più grande: la vita di Nostra Signora è, anche nella terra, intimamente unita a quella di Dio. Maria ha potuto godere in una maniera unica della vicinanza di Dio, fin dal suo fatidico “sì” e poi nel tempo della convivenza con Gesù a Nazaret, durante le attività più semplici e quotidiane.
E una volta iniziata la sua vita pubblica, per la preghiera di lei alle Nozze di Cana, ha continuato a condividerne molti momenti fondamentali. Certamente, l’esperienza di Maria è irripetibile: nessuno come lei ha mai avuto una tale intimità con Gesù. Tuttavia, quello che noi non possiamo vedere con gli occhi della carne, possiamo però vederlo con quelli della fede. Per questo, la contemplazione del Vangelo è un modo privilegiato per riscoprire l’Umanità del Signore, così tanto conosciuta da Maria sua Madre. Occorre leggerne le pagine con lo stesso sguardo con il quale Maria, nostra Madre, osservava la vita di suo Figlio.
Il Catechismo, al N. 2717, spiega così la trasformazione che sperimentiamo, quando osserviamo in questo modo l’esistenza del Messia: “La preghiera contemplativa è sguardo di fede fissato su Gesù. «Io lo guardo ed egli mi guarda», rispondeva alla domanda del santo Curato il contadino d’Ars in preghiera davanti al Tabernacolo. La luce dello sguardo di Gesù illumina gli occhi del nostro cuore; ci insegna a vedere tutto nella luce della sua verità e della sua compassione per tutti gli uomini”.
Come agli innamorati del Cantico dei Cantici, senza bisogno di molte parole, basta uno sguardo d’amore per comprendere l’amore grande e fedele che avvolge la nostra vita. In questi momenti di preghiera intima con il Signore possiamo imparare tanti gesti e parole che, dopo, ci serviranno da ispirazione nelle nostre lotte quotidiane. Contemplare il modo in cui Cristo univa l’amore divino e l’amore umano può aiutarci a dare lo stesso tono di umanità alla nostra vita cristiana. Certo che occorre diventare veramente umani per poter diventare veramente divini.
La solennità dell’Annunciazione del Signore ci ricorda proprio questo: che Dio non rimane solo Padre “nostro” e neppure lontano, “nei cieli”, dove lo colloca Matteo, citando la sua versione della Preghiera di Gesù. Luca, infatti, riportando la stessa Preghiera, fa dire al Signore soltanto: “Padre, sia santificato il tuo nome”. Padre “di tutti e di ciascuno”, vicino e più prossimo a noi di noi stessi. Gesù ci mostra che anche lui, immagine e somiglianza perfetta per identità divina col Creatore, è un Dio molto umano: con la sua delicatezza nel rapporto con tutte le persone, con il suo essere vicino agli emarginati, con la sua premura per tutti. In questo modo, contemplare Gesù, vero uomo, non solo alimenta la nostra preghiera, ma anche la nostra missione cristiana di servizio.
Egli è con noi anche fisicamente, per mezzo del suo corpo: con la sua voce, con le sue mani che guarivano e benedicevano, con le sue braccia che si sono aperte per abbracciare la croce. Non elabora piani teorici, ma mette mano all’opera secondo il suo Amore. “Questo modo di agire di Dio è un forte stimolo ad interrogarci sul realismo della nostra fede, che non deve essere limitata alla sfera del sentimento, delle emozioni, ma deve entrare nel concreto della nostra esistenza” (Papa Benedetto XVI – Udienza generale, 9 gennaio 2013).
Il sacrificio che Gesù offre al Padre è la sua intera vita; un impegno che comprende ogni secondo del suo passaggio sulla terra. Questo è stato anche l’atteggiamento di Maria, madre sua e Madre nostra, che con il suo fiat nel giorno dell’Annunciazione confidò “nelle promesse di Dio, che è l’unica forza capace di rinnovare, di fare nuove tutte le cose” (Papa Francesco – Discorso, 26 gennaio 2019).
I testi eucologici e biblici ci aiutano ad entrare con maggior consapevolezza nella celebrazione di questa festa delle feste. L’orazione Colletta, ricordando che il Padre ha voluto che il suo Verbo si facesse uomo nel grembo della Vergine Maria, chiede per noi credenti che adoriamo il mistero del nostro Redentore, di “essere partecipi della sua vita immortale”. L’orazione Dopo la Comunione è ancora più esplicita e recita: “O Padre, che ci hai accolti alla tua mensa, conferma in noi il dono della vera fede, che ci fa riconoscere nel Figlio della Vergine il tuo Verbo fatto uomo, e per la potenza della sua risurrezione guidaci al possesso della gioia eterna”. Alla luce della Risurrezione possiamo leggere anche la grande profezia di Isaia (7,10-14), riportata nella prima lettura: annunciando il parto della Vergine, si mostra già il destino del nascituro, espresso chiaramente nel suo nome: “Emmanuele”, “Dio con noi”.
Una presenza che non verrà mai meno, per la volontà divina di portare salvezza proprio attraverso il Figlio incarnato, crocifisso e risorto. La Seconda Lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei (10,4-10) e strettamente legata al Salmo Responsoriale (Sal 39), ci apre alla comprensione delle motivazioni profonde dell’Incarnazione, mostrandoci la generosa offerta che il Figlio fa di Sé al Padre, in piena obbedienza al suo progetto salvifico a favore dell’umanità: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà”.
Anche nel versetto che precede il Vangelo e riporta la sintetica affermazione dell’evangelista Giovanni (1,14ab): “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria”, possiamo constatare che il mistero dell’Incarnazione è strettamente collegato con quello della gloria dell’Unigenito del Padre.
Il brano del Vangelo di Luca (1,26-38), noto anche come il Vangelo della Misericordia di Dio, introduce Maria come interlocutrice del Padre attraverso la mediazione dell’Arcangelo Gabriele; docile allo Spirito che l’adombrerà; accogliente verso il Verbo che da Lei vuole prendere carne, viene pienamente coinvolta nella realizzazione del mistero pasquale di misericordia e salvezza. E Maria è capace di credere all’impossibile, fidandosi pienamente di Dio.
Il suo sì è in piena sintonia con il sì del Verbo: “Eccomi!”, dicono entrambi, con il desiderio e l’impegno di dare concretezza al progetto del Padre.
L’Angelo le ha annunciato che il Figlio che concepirà, darà alla luce e chiamerà con il nome significativo: “Dio salva”, “sarà grande, e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo”. Le assicura non soltanto che il Signore Dio gli darà il trono di Davide e che regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe”; promette anche che “il suo regno non avrà fine”. Una promessa di eternità impensabile per una creatura umana! Eppure Maria crede senza incertezza; se interroga, lo fa soltanto per sollecitare un chiarimento.
Non chiede, come a volte si traduce erroneamente: Come è possibile? Ma: Come accadrà, dal momento che non conosco uomo? Desidera comprendere le modalità di realizzazione dell’annuncio! La risposta dell’Angelo le dischiude le porte per entrare nel mistero inaudito: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò Colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio”. Maria entra così nell’ombra della nube che nasconde l’invisibile Dio; Lei darà piena umanità, carne e volto, al Figlio che fin dall’eternità è nel seno del Padre. Come Maria, che ha creduto, tutti noi, popolo di Dio, siamo chiamati a rivivere il suo percorso di fede; ad accogliere con riconoscenza e gioia la missione di manifestare all’umanità la bellezza del progetto salvifico del Padre.
Ciascuno di noi, come Lei, è interpellato a rispondere oggi all’invito di coinvolgersi nell’annuncio, offerto agli uomini e alle donne, che Dio si è fatto Uomo per noi; arricchisce di senso la nostra umanità e la apre alla certezza della risurrezione quando saremo divinizzati dal momento che “Dio sarà tutto in tutti” (1Cor 15,28). E tutto questo grazie alla risposta di Maria all’annuncio di Gabriele che oggi celebriamo nell’attuale Solennità. Meditiamo, amati Confratelli e Consorelle, su questa risposta e facciamola nostra ad ogni richiesta di Dio per noi.
Indice dei podcast trasmessi [QUI]

Foto di copertina: Simone Martini (pannello centrale) e Lippo Memmi (pannelli laterali e quattro medaglioni con profeti), Annunciazione con Santa Massima e Sant’Ansano da Siena, 1333, tempera su tavola, 265×305 cm, Galleria degli Uffizi, Firenze.
Pannello centrale: Annunciazione, l’Arcangelo Gabriele tiene in una mano un ramoscello d’ulivo, tradizionale simbolo di pace, mentre con l’altra mano indica la colomba dello Spirito Santo. Panello sinistro: Sant’Ansano da Siena. Panello destro: Santa Massima, madre di Sant’Ansano da Siena. Nei frontoni quattro medaglioni con i profeti Geremia, Ezechiele, Isaia e Daniele.
Trittico eseguito per la cappella di Sant’Ansano da Siena nel duomo di Siena, parte di un ciclo di quattro pale d’altare con tema la vita della beata Vergine Maria, commissionato dal duomo per i quattro altari dei patroni di Siena (Sant’Ansano da Siena, San Sabino, San Crescenzio e San Vittore), tra il 1333 e il 1351. I tra altri pali d’altare: la Presentazione al Tempio di Ambrogio Lorenzetti (altare di San Crescenzio, 1342), la Natività della Vergine di Pietro Lorenzetti (altare di San Sabino, 1342) e una Natività, oggi smembrata, attribuita a Bartolomeo Bulgarini (altare di San Vittore, 1351) e sormontata dalla Maestà di Duccio di Buoninsegna.