Meditazione sulla morte del Santo Padre Francesco

È stato pubblicato sul canale Speaker dell’Ufficio Stampa della Real Commissione per l’Italia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio la Meditazione sulla morte del Santo Padre Francesco a cura del Referente per la Formazione della Delegazione di Roma e Città del Vaticano, il Prof. Enzo Cantarano, Cavaliere di Merito con Placca d'Argento. S.Em.R. il Signore Cardinale Kevin Joseph Farrell, Camerlengo di Santa Romana Chiesa, ieri 21 aprile 2025 ha annunciato con dolore la morte di Papa Francesco, con le seguenti parole: “Carissimi fratelli e sorelle, con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco. Alle ore 07.35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre. La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua Chiesa. Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati. Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù, raccomandiamo l'anima di Papa Francesco all'infinito amore misericordioso di Dio Uno e Trino”.
Esposizione della salma di Papa Francesco

Podcast 2-68 – Meditazione sulla morte del Santo Padre Francesco

Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello
Il signore della vita era morto, ma, ora, vivo trionfa

La notizia della morte del Santo Padre Francesco ci colpisce come fulmine che squarcia un cielo già abbrunato da nere nubi sotto cui, certo, si cela, di giorno, il sole della vita, ma che ottenebra, di notte, qualunque possibilità di orientamento con le stelle. Si, siamo disorientati. Si, siamo “senza parole”. Il dolore, infatti, contraddice gli assiomi della comunicazione umana, il primo dei quali assicura che “non si può non comunicare”.

Ebbene il dolore, le emozioni personali e dunque individuali ed irripetibili che esso elicita, è invece incomunicabile. Le risonanze interiori sono assolutamente singolari e, come, tali, non possono contare su di una koiné dialectos, una lingua comune con cui esprimersi.

Chiunque, anche un comunicatore provetto e professionale, di fronte al dolore rimane quasi afono, perché l’esperienza del dolore è ineffabile, non si può dire. Il nostro stesso corpo, foggiato dai millenni di evoluzione come espressione della necessità di comunicare per assicurare la sopravvivenza e la propagazione della specie, non ha saputo che elaborare una simbolica senza parole.

Il dolore parla, e lo ha sempre fatto e sempre lo farà, solo attraverso il linguaggio del corpo. L’anima, la psiche, la ragione umana, anche se avvezze al dolore, non trovano parole per esprimerlo.

Anche l’Uomo Gesù, non solo immagine e somiglianza, ma della stessa sostanza del Padre e suo Verbo, dopo avere emesso la sua ultima parola è sopraffatto dal dolore, muore e rimane soltanto un corpo, nudo e muto. Ma nella sua ultima Parola, prima del silenzio della morte, dice a tutta la Creazione quello che nessuna creatura, per quanto perfetta e “molto buona”, avrebbe mai potuto dire.

La Parola di Dio dopo avere dato tutto di sé, prima di esalare lo spirito nel seno del Padre dice un ultimo verbo, che l’Evangelista Giovanni rende, in greco antico, come TÉTELESTAI che significa TUTTO È COMPIUTO!

Il modo verbale, secondo la grammatica greca, è il perfetto. Il perfetto greco è un tempo principale e nella sua forma originaria era intransitivo e indicava uno stato presente, che non era il risultato di un’azione precedente. Con l’evoluzione della lingua, l’aggiunta di un complemento oggetto ha conferito al perfetto valore transitivo: si è creata, dunque, una forma di perfetto transitivo, detto resultativo, in cui l’interesse per l’azione anteriore che ha prodotto lo stato presente diventa centrale. Il perfetto può quindi esprimere lo stato o l’effetto presente di un’azione passata. Non è il senso grammaticale che ci interessa del perfetto TÉTELESTAI, ma il suo valore linguistico, il suo significato.

Ebbene, come ci si poteva aspettare dall’ultima parola del Verbo stesso di Dio, essa è polisemica, ha cioè, molti significati e valori.

In un ambito amministrativo è il termine che il creditore apponeva sul documento certificante l’importo del debito a testimoniare davanti alla legge della polis, che il creditore stesso non aveva più nulla da richiedere al debitore: il debito era stato estinto. Non c’era più nulla da aggiungere o da sottrarre.

Ancora nell’ambito giudiziario è il secondo significato del perfetto TÉTELESTAI quello che si riferisce alla completa espiazione della pena erogata in conseguenza di una condanna. Il documento attestante la acquisizione della libertà da parte del condannato che aveva, anche qui, estinto il suo debito con la giustizia della polis recava un avallo del diritto alla cittadinanza nuovamente riacquistato: TÉTELESTAI. L’uomo era nuovamente libero e non doveva più nulla alla polis all’interno della quale poteva riprendere il suo posto.

Ancora in ambito connesso con il giusto compimento di una azione dovuta nei confronti della divinità: il sacrificio, era il celebrante che davanti ai fedeli ed all’altare sacrificale attestava che l’atto liturgico era stato condotto secondo tutte le regole di forma e di sostanza: TÉTELESTAI. Né l’offerente né la divinità potevano recriminare una qualsiasi mancanza o ridondanza nell’atto sacrificale. Il diritto dell’offerente e del ricevente era stato perfettamente ottemperato.

Il condottiero incaricato dalla polis di condurre una campagna militare comunicava di aver conseguito la vittoria definitiva, quale che avrebbe posto fine alle operazioni belliche con TÉTELESTAI. La missione è compiuta, la vittoria è assicurata e la pace è stata nuovamente ristabilita.

L’artista, portato a compimento la sua opera d’arte, nell’esporla al popolo della polis ne attestava la perfezione secondo i canoni dell’estetica, del bello, e dell’etica vigente, del buono: kalos kai agatos, ancora una volta con TÉTELESTAI.

Dunque, in un solo verbo, il Figlio di Dio, dal suo trono della Croce annuncia a tutti con la sua ultima parola che il debito è rimesso, la pena espiata, il sacrificio perfetto, la vittoria definitiva, l’opera d’arte completa. Nulla vi è da aggiungere o da sottrarre. La vita è compiuta, ma la morte non ha più alcun potere.

Con la certezza, caro ed amato padre Francesco, che l’ultima parola non ce l’ha il dolore e la morte, ma è il TÉTELESTAI del Figlio di Dio crocifisso e, soprattutto, che il suo perfetto compimento prevede già la Resurrezione in Dio Padre, noi tuoi figli, affranti dal dolore ed ammutoliti per la tua scomparsa dalla scena del mondo ti salutiamo senza disperazione, ma nella gioia di saperti nelle braccia di Maria, da te tanto amata. Sulle ali degli angeli la tua anima bella ha raggiunto il porto beato che, conducendo con amore la barca della Chiesa sulla rotta segnata dalla speranza, alla luce della fede e nell’ardore della Carità, hai sempre seguito durante tutta la tua vita.

Addio caro Francesco, ora che non ci sei più, sei, paradossalmente, più vicino a tutti ed a ciascuno dei tuoi figli, ai poveri ed agli emarginati che hai sempre amato, ai diseredati ed agli esclusi che hai sempre protetto, ai migranti che, durante tutto il tuo ministero hai voluto imitare con i tuoi numerosissimi viaggi apostolici.

Anzi, non ti diciamo addio, ma arrivederci. Noi non dimenticheremo mai di pregare per te come tu ci hai sempre richiesto di fare fin dall’inizio del tuo pontificato, ma tu, come Maria, non addolorarti per le nostre suppliche, le preghiere di noi che siamo nella prova, ma, con l’intercessione della Mamma tanto amata, prega per noi il Padre perché il TÉTELESTAI del Figlio comprenda la nostra liberazione dai mali e dai pericoli, che oggi ci opprimono e sia pegno per il conseguimento della Patria celeste dove anche tu ci accoglierai con il tuo sorriso ed una parola buona.

Indice dei podcast trasmessi [QUI]

Foto di copertina: dettaglio delle prime foto della salma del Romano Pontefice Francesco esposta nella Cappella dello Spirito Santo della Domus Sanctae Marthae.

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