Riflessioni sulle letture festive – Domenica delle Palme e della Passione del Signore. Gesù Cristo: il giusto

È stato pubblicato sul canale Spreaker dell’Ufficio Stampa della Real Commissione per l’Italia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio il podcast con la meditazione per la Domenica delle Palme e della Passione del Signore, a cura del Prof. Don Pietro Pisciotta, letta dalla Dott.ssa Valentina Villano, Dama di Ufficio, di cui riportiamo di seguito l’audio e il testo. Festeggiamo oggi l’entrata messianica di Gesù a Gerusalemme; in ricordo del suo trionfo, benediciamo le palme e leggiamo il racconto della sua passione e della sua morte. La sofferenza fa parte della missione del servo. Essa fa anche parte della nostra missione di cristiani. Non può esistere un servo coerente di Gesù se non con il suo fardello, come ci ricorda il salmo di oggi. Ma nella sofferenza risiede la vittoria. L’elevazione divina di Cristo è nel suo abbassarsi, nel suo servire, nella sua solidarietà con noi, in particolare con i più deboli e i più provati. Poiché la divinità è l’amore. E l’amore si è manifestato con più forza proprio sulla croce.
Ingresso a Gerusalemme

Podcast 2-65 – 13 aprile 2025 – Domenica delle Palme e della Passione del Signore. Gesù Cristo: il giusto

Commemorazione dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme – Vangelo: Lc 19,28-40 – Benedetto colui che viene nel nome del Signore – Santa Messa – Prima Lettura: Is 50,4-7 – Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare confuso (Terzo canto del Servo del Signore). Salmo responsoriale: Sal 21 – Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Seconda Lettura: Fil 2,6-11 – Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò. Vangelo: Lc 22,14-23,56 – La passione del Signore.

Dio onnipotente ed eterno,
che hai dato come modello agli uomini
il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore,
fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce,
fa’ che abbiamo sempre presente
il grande insegnamento della sua passione,
per partecipare alla gloria della risurrezione.

La lettura del Vangelo oggi ha due momenti: il primo esaltante, gioioso, trionfante: è l’ingresso solenne di Gesù a Gerusalemme; il secondo è la lettura della passione e morte in croce di Gesù. Si era nel primo giorno della settimana, la Pasqua degli Ebrei era imminente e Gesù con una schiera di pellegrini era salito a Gerusalemme. Alle porte della Città sale su un asino, l’animale simbolo della regalità davidica, e tra la folla scoppiano all’improvviso grida di gioia. È il popolo, sono i pellegrini che in Gesù riconoscono il Messia atteso: hanno visto miracoli e prodigi ed ora con palme in mano e rami di ulivo gli vanno incontro esclamando con giubilo: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”.

Gesù appariva condiscendente con la gioia del popolo osannante, mentre gli scribi e i farisei esortavano Gesù e i suoi discepoli perché richiamassero il popolo per le scandalose acclamazioni. Gesù rispose loro: “Se questi taceranno, grideranno le pietre” (Lc 19,40). Gesù è consapevole della missione che è venuto ad espletare e della imminente sua passione e morte e, rivolto agli apostoli, dice: “Questo popolo che oggi grida osanna, ancora pochi giorni e griderà: crocifiggilo”. Gesù piange sulla città dicendo: non passerà una generazione e di Gerusalemme non resterà una pietra sull’altra; anche il Tempio sarà distrutto. Oggi, dopo due mila anni, della spianata del Tempio rimane solo il muro del pianto.

La lettura della passione è invece la storia di un vero paradosso: l’innocente è stato condannato a morte; l’omicida e rivoltoso Barabba è stato liberato. L’autorità romana, dopo avere proclamato ufficialmente la sua innocenza, consegna Gesù perché sia crocifisso. I discepoli, il popolo, le folle sono trascinate in una vera contraddizione: Giuda lo tradisce con un bacio, Pietro lo rinnega per ben tre volte.

Sulla via del calvario alla moltitudine che piangeva e si batteva il petto Gesù dice loro: “Non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli”. È la via dolorosa dove l’uomo-Dio, che non ha commesso peccato, sarà giudicato da due tribunali: quello religioso, presieduto dal Sommo Sacerdote, dove Gesù è accusato di essere un bestemmiatore perché si è proclamato Figlio di Dio; il tribunale civile, presieduto da Ponzio Pilato, dove Gesù è accusato di “essere re”.

Ma chi furono i veri responsabili della morte di Gesù? Furono i Romani o i Giudei? Storia veramente drammatica: la verità è una sola: a mettere a morte Gesù sono stati i miei peccati, i tuoi peccati, i peccati dell’umanità; i nostri peccati portarono Gesù a morire in croce e dall’alto della croce Gesù esclamò: “Tutto è compiuto; Padre nelle tue mani rimetto il mio spirito”.

La Settimana Santa ci porta a riflettere sulle parole di Gesù: “Convertitevi!” “Chi vuole essere mio discepolo prenda la croce e mi segua”. Con la sua umiliazione Gesù ha aperto a noi la via del Cielo, ha instaurato la Nuova Alleanza e ci ha costituiti Figli di Dio. La prima a percorrere questa via è stata Maria, la madre di Gesù, e con lei i Santi e le Sante, nostri fratelli e sorelle nella fede: grazie, o Dio grande e misericordioso. Hanno vissuto nella gioia la loro vocazione, hanno saputo trafficare i talenti e i carismi ricevuti, hanno percorso la via dolorosa del calvario e godono oggi i frutti realizzati nel nome del Signore. Se non sei un grande letterato, un filosofo, un politico o un artista non sarà mai una rovina; ma se non sai vivere e portare la croce, sarà la più grande rovina per te. Solo nell’amore sta la vera gioia e questa è il frutto della croce.

Maria, la madre della grazia, madre nostra alla quale siamo stati affidati da Gesù morente sulla croce, rivolga a noi i suoi occhi misericordiosi. Allora è veramente la Pasqua del Signore Gesù.

Indice dei podcast trasmessi [QUI]

Foto di copertina: Giotto, Ingresso a Gerusalemme, 1303-1305, affresco, 200×185 cm, Cappella degli Scrovegni, Padova.
L’Ingresso a Gerusalemme è compreso nelle Storie di Gesù del registro centrale superiore, nella parete sinistra guardando verso l’altare.
Da sinistra Gesù avanza su un asino verso le porte di Gerusalemme, seguito dagli apostoli e andando incontro a una folla incuriosita: chi si prostra, chi accorre a vedere, chi è sorpreso, ecc. Sebbene la stesura denoti un’autografia non piena dell’episodio, la scena spicca come una delle più vivacemente naturali del ciclo, con una serie di episodi interni tratti dalla vita quotidiana, come quello dell’uomo che si copre la testa col mantello (un’azione goffa o un simbolo di chi non vuole accettare l’arrivo del Salvatore?) oppure i due fanciulli che salgono sugli alberi per staccare i rami d’ulivo da gettare al Salvatore e per vedere meglio, dettaglio derivato dalla tradizione bizantina, ma qui più realistico che mai, come già comparso nelle Storie di San Francesco ad Assisi, in particolare nella scena del Pianto delle clarisse. La porta urbica è la stessa che si ritrova, ruotata, nella scena dell’Andata al Calvario.

Avanzamento lettura