Riflessioni sulle letture festive – II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia. Tommaso: “Mio Signore e mio Dio”

È stato pubblicato sul canale Spreaker dell’Ufficio Stampa della Real Commissione per l’Italia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio il podcast con la meditazione per la II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, a cura del Prof. Don Pietro Pisciotta, letta dalla Dott.ssa Valentina Villano, Dama di Ufficio, di cui riportiamo di seguito l’audio e il testo. Partecipando al sacrificio della Messa, noi ascoltiamo ogni volta le parole di Cristo che si rivolge agli apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”. Inoltre, imploriamo il Signore di concederci “unità e pace secondo la sua volontà” e di donare “la pace ai nostri giorni”. Ogni volta che apparve agli apostoli Cristo, dopo aver vinto la morte, augurò la pace, sapendo quanto tutti loro la desiderassero. Nel conferire agli apostoli il potere di rimettere i peccati, Cristo ha portato la pace nell’anima inquieta dell’uomo. L’anima creata da Dio ha nostalgia di Dio. La pace con Dio è il fondamento della pace tra gli uomini.
L'incredulità di Tommaso

Podcast 2-69 – 27 aprile 2025 – II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia. Tommaso: “Mio Signore e mio Dio”

Prima Lettura: At 5,12-16 – Venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne. Salmo responsoriale: Sal 117 – Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre. Seconda Lettura: Ap 1,9-11.12-13.17-19 – Ero morto, ma ora vivo per sempre. Vangelo: Gv 20,19-31 – Otto giorni dopo venne Gesù.

Entrate nella gioia e nella gloria e rendete grazie a Dio, che vi ha chiamato al regno dei cieli. Alleluia (Cf. 4 Esd 2, 36-37 Volg.).

O Padre di misericordia,
che in questo giorno santo raduni il tuo popolo
per celebrare il memoriale
del Signore morto e risorto,
effondi il tuo Spirito sulla Chiesa
perché rechi a tutti gli uomini
l’annuncio della salvezza e della pace.

Gesù visita la sua Chiesa (i suoi discepoli) il giorno stesso della sua Risurrezione: l’indomani del sabato. In verità né i Romani né i Greci conoscevano la settimana: per i Romani il mese si divideva in calende, idi e none; per i Greci il mese era costituito da tre decadi. La settimana è di origine ebraica: in essa il settimo giorno era il sabato. Nel mondo Cristiano è festa l’indomani del sabato detto “dies Domini”: il giorno in cui i discepoli esultarono per il Cristo risorto, come Egli stesso aveva detto.

La giornata era iniziata all’insegna della paura; paura per i discepoli ancora traumatizzati per la passione e morte di Gesù in croce; paura per i Giudei che temevano Gesù vivo perché tutti andavano da Lui; di Gesù morto perché aveva assicurato: dopo tre giorni risusciterò.

La Risurrezione di Gesù è stata la novità sconvolgente: mentre tutti temono, Gesù risorge e la sua Risurrezione appare l’evento reale, storico, attestato subito da molti ed autorevoli testimoni.

Gesù risorto lo stesso giorno va a trovare i suoi discepoli nel cenacolo e conferisce loro tre doni: la pace, la gioia, e la missione da compiere.

“Pace a voi; come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”: Io sono, dice Gesù, l’alfa e l’omega; il primo e l’ultimo, il Vivente; ero morto ora vivo per sempre. Gesù si presenta vivo ai suoi discepoli, chiusi nel cenacolo per la paura, e presenta loro le sue piaghe. Dona ai suoi discepoli la pace come frutto della sua vittoria sulla morte e sul peccato.

Chi crede avrà la vita eterna e può invocare Dio: “Padre nostro che sei nei cieli”. La Risurrezione di Gesù, dirà Sant’Agostino, è la nostra speranza perché ci introduce in un nuovo futuro. La sua Risurrezione non è un semplice ritorno alla vita precedente; è il passaggio ad una dimensione di vita profondamente nuova che interesserà ciascuno di noi, l’umanità; perché come Cristo è risorto anche noi risorgeremo. Questo evento introduce l’uomo alla vita eterna.

La Risurrezione di Gesù è l’evento che intere generazioni hanno accolto con fede sincera e testimoniato con il sangue. Quel giorno Tommaso non era presente quando Gesù venne ed entrò a porte chiuse; informato dell’avvenimento, incredulo, disse: “Se non vedo io con i miei occhi e non metto il dito nelle sue piaghe, non credo”. Tommaso esige una esperienza personale, chiede l’incontro con il Risorto: non una fede per sentito dire ma una fede illuminata; non chiede di vedere il viso di Gesù ma toccare le sue piaghe. La liturgia bizantina la definisce: “Felice incredulità”. Infatti, servì a Gesù per dare a tutti ancora una prova della sua Risurrezione già precedentemente annunziata. Otto giorni dopo Gesù viene incontro all’incredulità di Tommaso invitandolo a toccare le sue piaghe. È certo un insegnamento per tutti; è come se Gesù dicesse oggi: non sei in pace? Tocca le mie piaghe, da esse scaturisce la misericordia divina. Le paghe di Gesù sono un vero tesoro: sei triste? sei angosciato? hai problemi di qualsiasi natura?

Dalle piaghe di Gesù scaturisce la pace; attraverso le sue piaghe riacquisti la vera gioia, quella che solo Gesù può donarci. Con la pace e la gioia nel cuore sei chiamato a vivere la tua missione di Cristiano e di figlio di Dio. Gesù infatti oggi affida a me, a te, a ciascuno di noi il compito di attuare e perpetuare la sua missione: “Come il Padre ha mandato me, Io mando voi!”.

Essere Cristiano oggi significa essere testimoni credibili della sua passione, morte e Risurrezione. “Mio Signore e mio Dio”, disse Tommaso toccando le piaghe di Gesù.

Amico che ascolti, gioisci, oggi è Pasqua perché Gesù è risorto e anche noi risorgeremo. Affidiamoci con fede vera all’intercessione di Maria, regina del cielo e della terra, e nostra dolcissima mamma.

Indice dei podcast trasmessi [QUI]

Foto di copertina: Michelangelo Merisi da Caravaggio, L’incredulità di Tommaso, 1601-1602 circa, olio su tela, 107×146 cm, Bildergalerie, Potsdam.
Dopo l’apparizione di Gesù agli apostoli e dopo che essi ne ebbero gioito, Tommaso, detto anche Didimo, che non era con gli altri al momento dell’apparizione, fu restio a credere che il Cristo morto fosse apparso in mezzo a loro, così affermò che avrebbe creduto solo se avesse messo un dito nella piega del costato di Gesù. Otto giorni dopo Gesù apparve di nuovo agli apostoli e visto fra di loro Tommaso gli disse:” Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!” (Gv. 20,19-31).
Caravaggio nella dimensione orizzontale della tela fissa il momento della constatazione in un’inquadratura di tre quarti dove sono disposte le quattro figure su di uno sfondo neutro e scuro. Questa scelta permette di concentrare l’attenzione dello spettatore sulla testa di Tommaso, mentre la luce illumina la fronte e il profilo ed il costato chiaro di Cristo. Inoltre l’inquadratura permette di fissare l’attenzione sull’atteggiamento timoroso e dubbioso di Tommaso, confortato da Cristo a cui oppone la testa, in basso, rispetto alla Sua, in alto. La disposizione a croce ravvicinata delle quattro teste e a triangolo degli sguardi, col vertice sul gesto di Tommaso, permette un’ulteriore concentrazione emotiva dello sguardo del fruitore, che non può non focalizzarsi sul punto del “dramma”: la rivelazione della presenza reale, in carne ed ossa di Gesù. Il pittore raffigura l’apostolo Tommaso mentre infila un dito nella ferita del costato di Gesù, secondo una determinata tradizione iconografica, con altri due apostoli che osservano la scena.
Sempre sul piano compositivo si osserva l’intersecarsi di due assi principali, quello orizzontale che è costituito dal braccio di Tommaso e dalle mani di Gesù e quello verticale che passa dalla testa dei due apostoli (o meglio in mezzo alle due teste) e prosegue su quella di Tommaso (esattamente lungo il collo dell’apostolo). Completa questa disposizione un arco formato dalle due schiene, quella di Tommaso e quella di Cristo. Un mirabile incastro di forme umane in primo piano “gettate”, con grande impatto emotivo davanti al fruitore: il gesto di Tommaso e la mano di Cristo che benevola lo accompagna esplode in una “zoomata” straordinaria esaltata dalla luce che proviene da sinistra (la luce della Rivelazione) che illumina il dubbio e lo stupore (le fronti corrugate degli apostoli) e la realtà della carne viva del Salvatore: dando forza alla verifica che annulla ogni timore.
Il dipinto era un “sopraporta”, come descritto nell’Inventario Giustiniani, e quindi gli spettatori lo vedevano dal basso, partecipando, emotivamente della scoperta di Tommaso.

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