Podcast 2-45 – 26 gennaio 2025 – III Domenica del Tempo Ordinario: Eccomi a voi. Dio ha mantenuto la promessa
Prima Lettura: Ne 8,2-4.5-6.8-10 – Leggevano il libro della legge e ne spiegavano il senso. Salmo responsoriale: Sal 18 – Le tue parole, Signore, sono spirito e vita – Seconda Lettura: 1Cor 12,12-30 – Voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte. Vangelo: Lc 1,1-4; 4,14-21 – Oggi si è compiuta questa Scrittura.
Ogni volta che leggiamo il Vangelo ci segniamo la fronte, la bocca e il cuore ad indicare che la “Parola di Dio” va meditata, proclamata con la bocca e custodita nel cuore.
Assai significativo il brano del Vangelo (Lc 4,14-21). L’episodio del Vangelo è semplice ed affascinante. Un giorno di sabato Gesù si reca nella sinagoga di Nazareth, sua città dove era vissuta per circa trenta anni; da tutti conosciuto come il figlio di Maria e di Giuseppe, il falegname del paese; da tutti amato ed apprezzato. I compaesani erano però alterati perché Gesù mai aveva operato prodigi; andato via e stabilitosi a Cafarnao; folle intere andavano a trovarlo per ascoltarlo ed ottenere guarigioni.
Gesù avvertì il bisogno di entrare anche nella sinagoga di Nazareth; vi rientra al momento della preghiera, prende il rotolo della Bibbia e legge il passo del profeta Isaia: “lo spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato ad annunziare ai poveri il lieto annunzio”.
Terminata la lettura, Gesù chiude il libro e dice: “Oggi si è compiuta questa scrittura”. I compaesani restano trasecolati; conoscono Gesù come figlio di Maria e Giuseppe ma non certo come il Messia promesso da Dio. Se leggiamo il proseguo: Gesù alla fine andrà via e non ritornerà più a Nazareth, dicendo: “Nessuno è profeta accetto nella sua patria”.
Chi è Gesù? Egli è l’atteso del popolo ebreo ma la sua presenza ha sempre suscitato ammirazione e, subito dopo, minacce di morte: nasce a Betlemme e mentre corrono a trovarlo i Pastori e i Magi, il Re Erode si prepara a compiere la strage degli innocenti nella speranza di colpire Gesù. Rientrato ora a Nazareth, dove era vissuto circa trent’anni, si ripete qualcosa di analogo: i Nazaretani restano quasi scandalizzati e Gesù è costretto ad andare via senza ritorno. Gesù si è presentato per la prima volta tra i suoi come il “Verbo di Dio”, la sapienza divina, il Figlio di Dio concepito per opera dello Spirito santo. Egli afferma chiaramente di essere il Messia promesso da Dio, il Salvatore. Parole assai ferme e forti.
Solo a chi non ha fede, il Cristianesimo appare un vero paradosso. La soluzione del paradosso sta solo in una parola: amore, l’Amore di Dio per l’uomo, creato a sua immagine. Dio ama l’uomo, suo capolavoro; e dopo il peccato originale disse a Satana: “Metterò inimicizia tra te e la donna e … verrà colui che ti schiaccerà la testa!”.
Il Salvatore incarnato è proprio il Figlio di Dio, la seconda persona della Santissima Trinità. È il Verbo eterno incarnato. Egli, pur essendo Dio, si è incarnato, assumendo in sé la natura umana nel grembo di Maria.
Dio, amici carissimi, vuole tutti salvi ma rispetta sempre la libertà dell’uomo. Alla grotta di Betlemme ciascuno di noi può scoprire la verità di Dio e la verità dell’uomo. Nel Bambino Gesù, nato dalla vergine Maria, scriveva Benedetto XVI, è coniugato l’anelito dell’uomo alla vita eterna e il cuore grande e misericordioso di Dio, che non si è vergognato di assumere la condizione umana.
Maria ha rivelato il Cristo Gesù ai pastori e ai Magi ed ha conservato nel cuore quanto si diceva di Lui. Così Maria davanti alla cugina Elisabetta poté cantare. “L’anima mia magnifica il Signore perché ha guardato l’umiltà della sua serva”.
A Nazareth Gesù ebbe a dire: “Sono venuto per portare ai poveri il lieto annunzio!” Chi sono i poveri ai quali è annunciato il messaggio? La risposta si deduce da tutto il Vangelo: non si tratta di uno stato sociale (è povero chi non ha soldi), ma è un atteggiamento dello spirito umano: è povero chi prende coscienza che quello che siamo ed abbiamo è solo dono di Dio; siamo depositari di questi doni e con umiltà dobbiamo riconoscere la mano misericordiosa di Dio.
La III Domenica del Tempo Ordinario
o della Parola di Dio
Con la Lettera apostolica in forma di Motu proprio Aperuit illis, Papa Francesco ha stabilito che “la III Domenica del Tempo ordinario sia dedicata alla celebrazione, riflessione e divulgazione della Parola di Dio”. La liturgia è intelligente. Al resoconto del discorso di Gesù alla gente del suo paese di Nazaret, antepone il prologo del Vangelo. L’evangelista Luca intende essere uno storico perché vuole che i Cristiani si rendano conto “della solidità degli insegnamenti” ricevuti e siano convinti dell’importanza decisiva per la storia di tutti gli uomini della vita di Gesù. Per questo soltanto lui pone all’inizio della narrazione del ministero pubblico di Gesù un discorso programmatico che precisi subito lo scopo che Gesù si prefigge. È il “manifesto” di Gesù. Eccolo: egli opera con la potenza di Dio, difatti lo Spirito è su di lui. La sua non sarà un’opera umana, meno che mai politica, ma la rivelazione del progetto di Dio. La sua missione è quella di accogliere misericordiosamente tutti gli uomini per liberarli. È il compimento della profezia di Isaia che Gesù si appropria. A Nazaret, quel sabato, Gesù annunciò il tempo nuovo che non avrebbe più avuto per protagonista l’uomo, ma “Dio fatto uomo”. La gente della sinagoga una cosa udì allora con chiarezza: l’inizio di “un anno della grazia del Signore”. In sostanza il Vangelo dice: non sono gli ordinamenti umani a salvare l’umanità, sarà lo Spirito del Signore. In questa affermazione c’è, se si vuole, tanto pessimismo, purtroppo fin troppo documentato dalla storia; ma c’è anche, e più grande, tanta speranza, perché ci assicura che lo Spirito è su Gesù e, perciò, su tutti quelli che fanno comunione con Gesù. E questo riguarda l’oggi: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi ascoltate”. L’oggi storico di Gesù diventa, per la forza dello Spirito, l’oggi liturgico della Chiesa, il nostro di ogni Messa. La predica di Nazaret diventa oggi storia nostra. Se ascoltiamo.
Indice dei podcast trasmessi [QUI]

Foto di copertina: Cristo nella sinagoga di Nazaret, affresco, 1335-1350 circa, chiesa del monastero ortodosso serbo di Visoki Dečani, Kosovo.
L’episodio narrato dall’evangelista Luca (Lc 4,16-35) è fra i più rari racconti raffigurati nell’arte Cristiana. Troviamo qualche esempio negli affreschi dell’Oriente Cristiano, in alcune miniature medievali e, in Occidente, l’esempio più antico lo vediamo nel soffitto della chiesa di San Martino di Zillis, in Svizzera (XII secolo). L’Ottocento si è poi interessato a questo tema, ma con esempi molto didascalici e poco significativi.
Nell’affresco nella chiesa del monastero di Visoki Dećani in Kossovo, sullo fondo blu si staglia una costruzione con un arco centrale a tutto sesto incorniciato da due torri unite da un velo rosso porpora, che richiama il velo proprio del Tempio e indica che la scena si svolge in un interno. Ai lati dipartono due semicerchi di sedili, su cui sono sette personaggi di diversa età e abbigliati in maniera differente: quattro a sinistra, tra cui un giovane imberbe in piedi, e tre a destra: le diverse età. I vestiti diversi e il numero sette, segno di pienezza e perfezione, vogliono simboleggiare che l’assemblea presente nella sinagoga è completa. L’annuncio che Gesù fa viene udito da tutti, è un annuncio rivolto a tutta l’umanità. Gli sguardi sono rivolti verso il centro, verso Gesù, come dice il verso 21: “Gli occhi di tutti erano fissi su di lui”. I gesti delle mani degli astanti indicano, invece, il loro stupore e la meraviglia per “le parole di grazia che uscivano dalla sua bocca” (verso 22), atteggiamento particolarmente evidente nel giovane imberbe che ha le mani unite e fissa quasi impietrito il Cristo. Ma, ad una attenta osservazione, negli altri personaggi si nota una crescente concitazione, un farsi cenno l’un l’altro, che prelude allo sdegno descritto nel verso 29: il terzo personaggio a sinistra, pur restando con lo sguardo fisso su Gesù sta per voltarsi verso il suo vicino, con una evidente tensione.
Al centro si staglia la figura di Gesù in piedi, perfettamente incorniciata dall’arco, e ha di fronte un leggio, posto su un piccolo rialzo, che richiama il bimah, la piattaforma rialzata che è il luogo del lettore nella sinagoga: con la mano destra sta aprendo il libro (verso 17), mentre la mano sinistra appoggiata sul leggio indica l’atto del leggere: il testo scritto è la profezia di Isaia.
Gesù ha il nimbo con la croce ed è vestito con una tunica rossa e il manto blu, i colori che alludono alla sua doppia natura umana e divina. Sulla sua spalla destra si vede la fascia dorata lunga fino ai piedi, che nella società bizantina era indossata dall’inviato dell’Imperatore: Gesù, infatti, è il Messia, l’inviato dal Padre; l’oro, inoltre, rappresenta la divinità e indica il sacerdozio regale di Cristo.
La figura di Gesù è inquadrata perfettamente nell’arco e anche questo ha un preciso significato: l’arco rappresenta l’aròn hakkodesh, l’arca santa, il luogo dove vengono custoditi i rotoli della Torah. Gesù occupa il loro posto, quasi a dire che ora il Logos, la Parola è presente realmente e occupa il luogo dei rotoli sacri.
Visoki Dečani è un importante monastero ortodosso serbo, 12 km a sud dalla città di Pec, in Kosovo. La sua chiesa, dedicata a Cristo Pantocratore, di stile romanico, a cinque navate, dotato di ampio atrio a tre navate, è la più grande chiesa medievale nei Balcani e contiene il più grande ciclo di affreschi bizantini. La costruzione venne iniziata nel 1327 per volontà del Re Stefano III Uroš, soprannominato per questo Dečanski, ma i lavori furono ultimati solo nel 1335 dal figlio Stefano Dušan, divenuto poi Imperatore, che commissionò la decorazione ad affresco eseguita tra il 1335 e il 1350. I celebri affreschi comprendono circa mille ritratti e coprono tutti i principali temi del Nuovo Testamento. L’UNESCO ha inserito il monastero nella Lista del Patrimonio Mondiale nel 2004, citando i suoi affreschi come “uno degli esempi più apprezzati del cosiddetto rinascimento paleologo nella pittura bizantina” e “una preziosa testimonianza della vita nel XIV secolo”. Il luogo è sotto protezione della Kfor.