Riflessioni sulle letture festive – III Domenica di Quaresima. I frutti evidenziano la conversione del cuore

È stato pubblicato sul canale Spreaker dell’Ufficio Stampa della Real Commissione per l’Italia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio il podcast con la meditazione per la III Domenica di Quaresima, a cura del Prof. Don Pietro Pisciotta, letta dalla Dott.ssa Valentina Villano, Dama di Ufficio, di cui riportiamo di seguito l’audio e il testo. Io-Sono non ha creato l’uomo per rovinarsi la vita. Non si può neanche immaginare che egli lo desideri. E tuttavia tutto sembra svolgersi in modo che ciò avvenga, a tale punto che si arriva a dubitare dei propri desideri di pienezza e perfino a negare la loro possibilità. Un fatto nuovo è accaduto nella storia, una Presenza che ha il potere di risvegliare nel cuore dell’uomo i suoi desideri più veri; che si riconosce facilmente come la Via, la Verità e la Vita per raggiungere la propria completezza. Il momento è decisivo, grave. Questa Presenza chiama tutti quelli che sono con lui a definire la propria vita davanti a lui. Ci troviamo nelle ultime ore decisive. Cristo può, in un ultimo momento di pazienza, prolungare il termine, come fa per il fico della parabola, ma non lo prolungherà in eterno.
Parabola del fico sterile

Podcast 2-60 – 23 marzo 2025 – III Domenica di Quaresima. I frutti evidenziano la conversione del cuore

Prima Lettura: Es 3,1-8.13-15 – Io-Sono mi ha mandato a voi. Salmo responsoriale: Sal 102 – Il Signore ha pietà del suo popolo. Seconda Lettura: 1Cor 10,1-6.10-12 – La vita del popolo con Mosè nel deserto è stata scritta per nostro ammonimento. Vangelo: Lc 13,1-9 – Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.

I miei occhi sono sempre rivolti al Signore:
egli libera dal laccio il mio piede.
Volgiti a me e abbi pietà, perché sono povero e solo
(Cfr. Sal 24,15-16).

Il Vangelo nell’itinerario quaresimale ci presenta due fatti di cronaca e una parabola. Mentre alcuni Ebrei offrivano sacrifici a Dio, Pilato li fece uccidere; crolla la torre di Siloe e muoiono 18 persone. La gente si chiede: perché tanto male? Di chi è la colpa? Perché Dio non interviene?

Certamente non c’è connessione tra sofferenza e peccato. Le disgrazie avvengono, ma non sono punizioni di Dio, che è amore. Causa del male non è mai Dio, che è grande e misericordioso. Vera causa è l’uomo, la sua libertà che spesso diventa libertinaggio. Il male è frutto della cattiveria e della arroganza dell’uomo. Non è Dio che ci distruggerà, ma siamo noi che andremo in rovina per il nostro orgoglio e la nostra arroganza.

Da qui la necessità della nostra conversione, nella consapevolezza che la nostra vita terrena è un cammino verso il cielo: creati da Dio, ritorneremo a Dio. “Convertirsi” significa produrre frutti di vita eterna: non basta avere ricevuto il battesimo e vari sacramenti. È necessario produrre frutti di giustizia e di amore.

La parabola del fico è abbastanza significativa: il padrone della vigna è Dio; il vignaiuolo è Gesù: la vigna e il fico rappresentano i Cristiani. Dio aspetta i frutti: se il fico non produce frutti bisogna abbatterlo. Il vignaiuolo (Gesù) invita il Padre ad avere pazienza, chiede proroga perché Egli è venuto per salvare e non per distruggere. Ma, amico che ascolti, il tempo di attesa di Dio non è illimitato. Da qui il senso vero della Quaresima: “Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo”.

Il cammino quaresimale ci invita a scoprire il volto misericordioso di Dio, che sa attendere perché rispetta i nostri tempi, ma esige la nostra conversione: per il Cristiano è necessario produrre frutti di vita eterna. Dio è amore ed aspetta da noi gesti di amore concreto. Il cuore dell’amore è il perdono. Il comandamento di Dio è chiaro: amerai il Signore Dio tuo… amerai il prossimo tuo come te stesso: ecco i frutti, frutti di amore e perdono. Il vignaiuolo, Gesù, intercede per noi, ma la dilatazione manifesta la misericordia di Dio ed indica l’urgenza da parte nostra della conversione.

La Pasqua ormai è vicina: convertirsi significa operare frutti di vita eterna, frutti che si vedono e si colgono: come vedi, la vita ci è stata donata perché porti frutto, come l’albero. L’uomo, essere socievole, è chiamato a realizzare questo cambiamento nei rapporti con la società, con gli altri uomini. La piccola società è la famiglia; la grande società è costituita dal campo del lavoro, dalla convivenza con gli altri: amerai il prossimo tuo come te stesso.

La buona notizia è una sola: noi possiamo sempre fidarci di Gesù, che ci ama, e confidare nell’amore misericordioso del Padre che ha inviato Gesù sulla terra per la nostra salvezza. Oggi Gesù ci invita alla conversione ed ognuno di noi deve sentirsi interpellato in prima persona da questa chiamata e correggere subito qualcosa nella propria vita. Allora è veramente Pasqua di risurrezione e possiamo chiamare Dio “Padre nostro che sei nei cieli”.

La vergine Maria, madre di Gesù e nostra, madre della grazia, ci aiuti a vivere responsabilmente il nostro itinerario alla Pasqua e sia questa la festa della gioia e della rinascita.

Indice dei podcast trasmessi [QUI]

Foto di copertina: incisione di Jan Luyken che illustra Lc 13,6-9 nella Bowyer Bible, Bolton, Inghilterra.
La parabola del fico sterile è una parabola di Gesù che si trova nel Vangelo di Luca (13,6-9). Essa parla di una pianta di fico che non produce frutti.
I padri della Chiesa hanno interpretato questa parabola come un avviso di Gesù ai Cristiani, i quali si devono impegnare a produrre frutti con la loro conversione e con le loro opere o rischiano di essere condannati all’inferno. Dio, nella sua infinita misericordia, ripetutamente chiede ai credenti di portare i loro frutti con la memoria del loro battesimo. Se qualcuno che è stato battezzato non da frutto alla parola di Cristo, egli è condannato.
Nella parabola, il proprietario della pianta è generalmente inteso come Dio Padre, il quale si aspetta che le sue piante diano il frutto per cui sono state seminate. Il giardiniere è Gesù.
Le piante di fico erano piante comuni nel mondo mediorientale e difficilmente venivano piantate nei vigneti a causa delle loro radici profonde e delle grandi fronde che avrebbero coperto eccessivamente il raccolto della vite. La pianta di fico era inoltre un simbolo comune per Israele che anche in riferimento al popolo di Dio può quindi avere un senso nella parabola, come pure esso si può riferire ai Cristiani che hanno udito la parola di Cristo attraverso il Vangelo. In entrambi i casi, la parabola fa riflettere sul fatto che Gesù ci dona una possibilità di redimerci dal peccato perdonandoci, mostrando la sua grazia ai credenti. “Questi tre anni” logicamente si riferisce al periodo del ministero di Gesù, o semplicemente esso è il periodo in cui un fico è maturo per la produzione di frutti.
Il proprietario è un possidente assente, che si reca in visita la campo una volta all’anno. La legge ebraica, come specificato nel Levitico 19,23-25, proibiva di mangiare i frutti di questa pianta prima del suo terzo anno di vita.

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