Podcast 2-26 – 30 novembre 2024 – Meditazione sulle letture della festa di Sant’Andrea Apostolo
«Festa di Sant’Andrea, Apostolo: nato a Betsaida, fratello di Simon Pietro e pescatore insieme a lui, fu il primo tra i discepoli di Giovanni Battista ad essere chiamato dal Signore Gesù presso il Giordano, lo seguì e condusse da lui anche suo fratello. Dopo la Pentecoste si dice abbia predicato il Vangelo nella regione dell’Acaia in Grecia e subíto la crocifissione a Patrasso. La Chiesa di Costantinopoli lo venera come suo insigne patrono» (Martirologio Romano).
Andrea, dal significativo nome greco che significa “virile”, appare uomo generoso, pronto, aperto ed entusiasta. Era figlio di Giona di Betsaida (Mt 16,17), fratello di Pietro. Fu discepolo di Giovanni Battista, assieme all’apostolo Giovanni: lo testimonia Giovanni stesso (Gv 1,41), che era con lui al momento della chiamata (circa le quattro del pomeriggio). Subito dopo l’incontro con Gesù, Andrea testimonia al fratello Simone: “Abbiamo trovato il Messia!” e lo conduce a Gesù. Andrea fu, dunque, il primo chiamato ed il primo missionario. Proprio per questo la liturgia della Chiesa Bizantina lo onora con l’appellativo di Protóklitos, che significa appunto “primo chiamato”.
Anche il nostro incontro con Gesù-Eucaristia rimane inefficace se non partiamo dalla Messa col desiderio di testimoniare che anche noi “abbiamo trovato il Signore” e non avvertiamo l’urgenza di condurre altri fratelli a Cristo.
Matteo, invece, ci riferisce nel Vangelo di oggi (Mt 4,18-22) che, mentre Andrea pescava insieme con il fratello Pietro nel mare della Galilea, furono entrambi chiamati, prima di tutti gli altri Apostoli, dal Signore che disse loro: “Seguitemi: vi farò pescatori di uomini”. Essi subito, lasciate le reti, lo seguirono”. I suoi interventi nel gruppo degli apostoli sono pochi, ma significativi. Davanti alla folla affamata, Andrea indica a Gesù un fanciullo provvisto di cinque pani d’orzo e di due pesci (Gv 6,9), quasi per invitarlo a rinnovare i suoi prodigi.
Alla scuola di Giovanni Battista, Andrea conobbe l’essenismo e fu fortemente colpito dalla speranza messianica: è lui, infatti, che pose, in disparte, la domanda alla quale Cristo rispose con il suo discorso escatologico (Mc 13,3-37): “Dicci, quando accadrà questo, e quale sarà il segno che tutte queste cose staranno per compiersi?”
Andrea si è dimostrato particolarmente aperto di fronte al problema missionario: infatti, assieme a Filippo, e nelle forme prescritte dal giudaismo, si fece garante delle buone disposizioni dei pagani che volevano avvicinare Gesù (Gv 12,20-22).
Alcune tradizioni agiografiche, non storiche, riferiscono che fece il suo ministero apostolico in Asia Minore ed in Scizia, lungo il Mar Nero, e anche in Russia, una delle Nazioni, assieme alla Romania, Scozia, Ucraina e Grecia, che lo invoca come Patrono. Predicò in Cappadocia, Bitinia e Galazia. Egli sarebbe stato il fondatore della sede episcopale di Bisanzio, poi Patriarcato Apostolico di Costantinopoli, di cui è Patrono.
Giunto a Patrasso, Città dell’Acaia, non esitò a contrapporsi coraggiosamente al Proconsole imperiale Egeo, che lo fece mettere a morte mediante crocifissione su una croce decussata, detta in seguito “Croce di Sant’Andrea”. Le sue reliquie furono trasportate e custodite a Costantinopoli, sotto l’Imperatore Costanzo II, nella basilica costantiniana dei Santi Apostoli. Durante la IV Crociata, nel saccheggio della città nel 1204 ad opera dei Crociati, il Cardinale Pietro Capuano, Legato di Papa Innocenzo III, si impossessò anche delle reliquie dell’Apostolo e le donò alla sua Città di origine, Amalfi. Tutte le reliquie conosciute attribuite a Sant’Andrea sono dislocate in alcuni punti fondamentali della sua venerazione: nella Basilica di Sant’Andrea a Patrasso, in Grecia; nel Duomo di Sant’Andrea di Amalfi; nella Cattedrale di Santa Maria a Edinburgo, in Scozia; e nella Basilica di Sant’Andrea a Costantinopoli. San Paolo VI ha restituito alla Chiesa Orientale le reliquie che si conservavano in San Pietro, che furono riportate a Patrasso. Nel 2007 una reliquia di Sant’Andrea è stata consegnata dal Vescovo di Amalfi al Patriarca Ecumenico Bartolomeo, affinché fosse conservata nella Sede Patriarcale di Costantinopoli.
In una sua omelia, il Cardinale Dionigi Tettamanzi disse: “La celebrazione liturgica di Sant’Andrea, mentre fa luce sul senso della missione storica della Chiesa, ci spinge a ravvivare l’impegno a testimoniare il Vangelo all’interno e attraverso il nostro operare quotidiano. L’apostolo Andrea sta davanti a noi e ci indica Gesù Cristo come il Salvatore, colui che dà senso alla vita e alla morte, che dona salvezza piena e vera libertà, che affida un compito nuovo e originale per la vita del mondo. Andrea è per noi una ‘memoria’ viva di come dire Cristo in un preciso contesto culturale, di come annunciare la verità e la grazia del Vangelo con convinzione e coraggio, sino all’effusione del sangue con il martirio. Egli è per noi la cifra di una storia che sa generare una cultura aperta alla verità, al bene, ai valori più alti dell’umanità, alla trascendenza, all’assoluto, a Dio e al suo amore che salva”.
Il breve ed icastico brano evangelico di Matteo 4,18-22, che la liturgia d’oggi propone, sollecita ora la nostra meditazione. In questo quadro, appena abbozzato dall’evangelista, troviamo ciò che costituisce il mistero dell’incontro tra Dio e l’uomo, il mistero cioè di quella storia di salvezza che al suo centro ha il dono d’amore del Figlio che viene a camminare sulle rive del mare della nostra umanità per invitarci alla sua sequela e per donarci la grazia di poter diventare “figli nel Figlio”. È qui il cuore vivo e palpitante dell’intera storia: il Padre affida al Signore Gesù la missione di chiamare gli uomini e svelare il suo amore salvifico. Il “regno di Dio”, che Gesù proclama e inaugura con la sua testimonianza, apre ad ogni uomo possibilità di vita radicalmente nuove e inedite. È questa l’”opera” che il Figlio, mandato dal Padre, compie svelandoci il mistero di Dio e nello stesso tempo il mistero dell’uomo. Per questo Cristo, rivelazione piena e perfetta di Dio, chiama a sé Pietro e Andrea e poi gli altri apostoli: perché, intimamente associati a lui, diventino servitori della Parola, annunciatori e testimoni di ciò che hanno udito e visto. E la loro missione sarà viva ed efficace in forza del legame con Cristo, che li manda come lui è stato mandato dal Padre.
La vicenda di Pietro e di Andrea e degli altri apostoli è anche la nostra vicenda. La chiamata narrata da Matteo è il paradigma di quella che viene rivolta a ogni Cristiano, a ciascuno di noi. A Pietro e a Andrea Gesù chiede di “seguirlo”, cioè di aderire alla sua persona e al suo programma e stile di vita; chiede di essere disposti a lasciare tutto per seguirlo, a lasciare “la barca e il padre”, i segni concreti cioè dell’intera loro esistenza. Le richieste rivolte ai dodici sono le stesse che, nella loro sostanza, sono rivolte a tutti: occorre seguire Gesù, sceglierlo come bene decisivo, come tesoro insuperabile di fronte al quale tutto il resto passa in secondo piano. Né gli interessi personali legati alla professione, né gli affetti rappresentati dalla figura del “padre”, possono ostacolare la sequela di Gesù, perché lui e lui solo è la via, la verità e la vita. Così è stato per gli apostoli, così è per tutti noi. Non a caso nel vangelo di Matteo il versetto che precede la chiamata degli apostoli contiene l’invito alla conversione: “Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino” (v. 17). Si tratta di saper vedere e volere la realtà a partire da Dio e non invece dai nostri bisogni e dai nostri desideri. Occorre, senza incertezze, ma con radicalità, mettersi nella visuale di Dio e nel solco della sua volontà.
Davvero la chiamata di Gesù è sempre e per tutti “paradossale”: fuori cioè della comune opinione, estranea al senso comune, contraria agli schemi ovvi e condivisi. Se la chiamata però viene accolta, allora Gesù ci introduce alla verità dell’amore di Dio e alla verità di noi stessi. Con l’annuncio che “il regno dei cieli è vicino”, ciò che sembra irrealizzabile diventa possibile con Gesù: la bontà, la libertà, la vita e la gioia. Non solo possibile, ma reale la vita “nuova ed eterna”, la vita stessa di Dio.
Se la chiamata di Pietro e di Andrea a seguire Gesù è paradigmatica, paradigmatica è anche la missione loro affidata, segno e strumento della convocazione universale degli uomini secondo l’eterno progetto d’amore di Dio. Analogo è il servizio affidato ad ogni Cristiano: battezzati in Cristo Gesù morto e risorto, tutti noi formiamo un solo Corpo, tutti noi condividiamo la bella sorte della fede per la giustizia di Dio (2Pt 1,1), tutti noi siamo rivestiti della dignità di figli di Dio, tutti noi siamo chiamati alla santità e ad essere coeredi della gloria di Cristo Signore.
La festa di Sant’Andrea, ci spinge a vivere la nostra missione nello spazio concreto della nostra vita di ogni giorno e nell’orizzonte universale della Chiesa nella storia: è la missione di essere segno eloquente di Cristo Gesù “luce delle genti”. Questo infatti è, secondo il Concilio, il compito del popolo di Dio, “popolo messianico, (che) pur non comprendendo di fatto tutti gli uomini, e apparendo talora come un piccolo gregge, costituisce per tutta l’umanità un germe validissimo di unità, di speranza e di salvezza. Costituito da Cristo per una comunione di vita, di carità e di verità, è pure da lui assunto per essere strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra, è inviato a tutto il mondo” (Lumen gentium, 9).
Come è noto, l’incipit della Costituzione conciliare sulla Chiesa usa la parola “sacramento” per dire il rapporto intimo e vitale che esiste tra la Comunità dei Christifideles e l’opera della salvezza compiuta da Cristo: “La Chiesa è in Cristo come sacramento, ossia come segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen gentium, 1).
La riscoperta di questo “sacramento” è il compito formativo di chi, come noi, Cavalieri e Dame del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, vive oggi nel contesto di una cultura spesso indifferente di fronte ai valori, relativista se non nichilista, e non poche volte segnata da forme di irrisione, censura, persecuzione nei riguardi della Chiesa e dei Cristiani. Animati però e confortati dalla memoria dell’apostolo Andrea, risplenda sempre davanti a noi nella concretezza dei nostri sentimenti e delle nostre azioni Cristo Gesù: risplenda come il nostro unico maestro, la nostra grande speranza e la nostra vera gioia. A noi è affidata la bella notizia di aver incontrato nella fede il Signore Gesù: sia questo “incontro personale” a far sì che il talento della fede, che ci è stato donato, venga ogni giorno generosamente trafficato, con intelligenza creativa, senza timori e con una testimonianza entusiastica e contagiosa.
Sappiamo tutti, per esperienza, che con lo scorrere del tempo anche le cose più belle e significative perdono la loro carica di luminosità e di incisività. Ma ciò è pericoloso, talvolta è grave. Lo è soprattutto per il Vangelo: un Vangelo divenuto ”ovvio”, rende scialbo qualsiasi annuncio, rende insignificante e sterile qualunque forma, vecchia o nuova, di trasmissione venga assunta.
Il Signore ci doni di riprendere l’invito sempre attuale alla conversione per accogliere il Vangelo come realtà viva e perennemente nuova e così rilanciare con vigore il nostro impegno Cristiano: confessando apertamente che Gesù è il Signore e credendo che Dio lo ha risuscitato dai morti, come ci ha ricordato Paolo nella Seconda Lettura (Rm 10,9). Proprio la memoria dell’apostolo Andrea, il “primo chiamato”, renda questa nostra vocazione più luminosa, capace di mostrare a tutti, nella sua bellezza e validità per la vita, quella nuova intelligenza del reale che ci è donata dalla fede in Gesù Cristo, l’infinita sapienza di Dio fatta carne umana per noi. Questa Sapienza divina e umana il Signore ci doni di vivere, testimoniare e annunciare al servizio e per il bene della Chiesa e della società. Alla stessa Sapienza affido la nostra opera nel Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.
Indice dei podcast trasmessi [QUI]
Foto di copertina: Juan de las Roelas, Crocifissione di Sant’Andrea, 1610-1615 circa, olio su tela, 523×346 cm, Museo de Bellas Artes de Sevilla, Spagna.
La tela che rappresenta il martirio dell’Apostolo Sant’Andrea è un’opera ricca di dinamismo in cui il martire è al centro, è legato con le braccia e le gambe alla croce. Il suo volto mostra un’espressione rassegnata, accettando la sorte che lo attende.