Riflessioni sulle letture festive – Solennità dei Santi Pietro e Paolo Apostoli: due colonne della Chiesa di Roma che presiede nella carità

La Delegazione di Roma e Città del Vaticano del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, nell’obiettivo di fornire una formazione continua ai propri Cavalieri, Dame e Postulanti, con la Domenica delle Palme 2024 ha iniziato la pubblicazione sul proprio canale YouTube dei podcast con delle riflessioni sulle letture festive, a cura dal Referente per la Formazione, Prof. Enzo Cantarano, Cavaliere di Merito con Placca d'Argento. È stata pubblicata la Meditazione sulle letture della Solennità dei Santi Pietro e Paolo Apostoli: due colonne della Chiesa di Roma che presiede nella carità.
Santi Pietro e Paolo

Podcast 29 giugno 2024 – Solennità dei Santi Pietro e Paolo Apostoli: due colonne della Chiesa di Roma che presiede nella carità [QUI]

La solennità, che unisce in una sola celebrazione i due “giganti” della fede: Pietro e Paolo, ha origini molto antiche nella storia della Comunità dei Christifideles. È stata, infatti, inserita nel Santorale romano, raccolta delle norme che disciplinano la successione cronologica delle ricorrenze secondo l’anno liturgico ed il suo calendario, molto prima di quella del Natale. Già nel IV secolo, in questa data, si celebravano tre sante Messe: una in San Pietro in Vaticano, l’altra in San Paolo fuori le Mura, la terza alle Catacombe di San Sebastiano dove furono probabilmente nascosti per un certo tempo, all’epoca delle invasioni barbariche, i corpi dei due Apostoli.

A prescindere dalle scarne notizie dei Vangeli e degli Atti, nulla ci viene riportato circa la fine della loro vita terrena, ma un’antica tradizione li vuole martiri, nella medesima città, Roma, e nello stesso giorno, vittime delle persecuzioni contro i Cristiani a causa di Gesù e del Vangelo. I due, forse più illustri, perseguitati per causa della giustizia, del Giusto per antonomasia, Gesù. Proprio questo titolo, estratto dalle beatitudini, li rende sommamente vicini a noi Cavalieri e Dame dell’Ordine Costantiniano che nella nostra Tradizionale Preghiera facciamo sempre memoria proprio del nostro specifico carisma di devozione verso questa particolare tipologia di beati. “Signore Gesù… Vi prego affinché possa avere la grazia di esercitare la carità verso il prossimo e specialmente verso i poveri e i perseguitati a causa della Giustizia”.

L’iconografia tradizionale riporta l’abbraccio tra i due e vuole esprimere proprio quella comunione che garantì l’opera di ciascuno di loro come fondamento della Chiesa a Roma, il luogo che li vide entrambi martiri al tempo di Nerone, messi a morte per la stessa motivazione.

La figura storica di Simone, poi da Gesù stesso chiamato Pietro, è ben nota e solo alcuni cenni si possono richiamare su di lui e sulla sua vita: era un pescatore di Betsaida sul lago di Tiberiade (Lc 5,3; Gv 1,44), che si era più tardi stabilito a Cafarnao (Mc 1,2; 1,29). Un uomo senza una formazione intellettuale, che viveva la propria fede grazie al culto sinagogale del sabato e poi, dopo la chiamata di Gesù, attraverso l’insegnamento di quel Maestro che parlava come nessun altro prima di lui. Non fu Gesù a chiamare direttamente Pietro alla sua sequela, ma Andrea, suo fratello (Gv 1,42). Il Cristo gli cambia nome e lo chiama “Pietra” (Mt 16,17-19; Gv 21,15-17), per realizzare nella sua persona il tema della pietra fondamentale della Comunità cristiana anche se Marco, intimo e segretario di Pietro, non ne fa menzione nel suo Vangelo e nemmeno Luca. Paolo, infatti, non esita a contraddirlo nella famosa discussione di Antiochia (cfr. At 15; Gal 2,11-14), per invitarlo a liberarsi dalle pratiche ebraiche che lo portavano a considerare i Cristiani di origine pagana come inferiori rispetto ai Cristiani di origine ebraica (At 6, 1-2). La comunione tra i due venne vissuta nella parresia evangelica e, proprio per questo, non sempre fu facile, anzi, sovente divenne contrastata ed impegnativa. Pietro è uno dei primi testimoni che vede la tomba vuota (Gv 20,6) e ha una speciale apparizione di Gesù risorto (Lc 24,34). Dopo l’Ascensione egli prende la direzione della comunità cristiana (At 1,15; 15,7), enuncia le linee programmatiche della Buona Novella (At 2,14-41) e l’intervento diretto dello Spirito Santo lo convince della necessità di aprire la Comunità Cristiana anche ai pagani (At 10-11). Questa missione spirituale non modifica sostanzialmente la sua condizione umana, né le deficienze ed intemperanze del suo temperamento (cfr. ad es.: Mt 14,30; Gv 13,6; 18,10). A Roma compie pienamente la sua missione di “pietra angolare”, riunendo in una sola Comunità i Giudei ed i pagani e suggella questa missione con il suo sangue. Uomo generoso, impulsivo, Pietro seguì Gesù rispondendo di slancio alla chiamata, restando tuttavia uomo incostante, testardo, facile preda della paura, capace persino di vigliaccheria, fino al misconoscimento pubblico di Colui che seguiva come discepolo e per il quale, a suo dire, era sempre pronto addirittura a morire. Sempre vicino a Gesù, a volte appare come portavoce degli altri discepoli, in mezzo ai quali sembra occupare una posizione preminente: non si potrebbe parlare delle vicende di Gesù senza menzionare Pietro, che per primo confessò la fede nel Maestro come Messia. Molti, anche i discepoli, si chiedevano se Gesù fosse un profeta o addirittura “il” profeta degli ultimi tempi, se fosse il Messia, l’Unto del Signore: fu Pietro che, sollecitato da Gesù, fece una confessione di fede con parole che suonano diverse nei quattro Vangeli, ma che attestano la sua priorità nel riconoscere la vera identità del Maestro. E fece questo non come “portavoce” dei dodici, bensì mosso da una rivelazione che gli poteva venire solo da Dio. Credere che Gesù è il Messia, il Figlio di Dio, non era possibile solo analizzando e interpretando i dati a lui disponibili, compreso l’eventuale compimento delle Scritture: è stato Dio stesso, il Padre a rivelare a Pietro l’identità di Gesù (cfr. Mt 16,17). E Gesù, a sua volta, riconosce Pietro come “beato”, come una “roccia “, capace di confermare nella fede i fratelli. E, tuttavia, Pietro non sarà esente da errori, cadute, infedeltà al suo Signore. Infatti, subito dopo la confessione di fede, manifesterà, il suo pensiero troppo mondano riguardo al cammino di passione di Gesù, al punto che questi lo chiamerà “Satana”, e poi, per ben tre volte, come predetto dal Maestro, dichiarerà di non averlo mai conosciuto: paura e volontà di salvare se stesso lo porteranno a dichiarare con forza di “non conoscere” quel Gesù la cui conoscenza aveva ricevuto addirittura da Dio. Gesù, che lo aveva assicurato della preghiera affinché non venisse meno la sua fede, dopo la Risurrezione lo riconfermerà, chiedendogli però per tre volte di attestargli il suo amore: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu?” (Gv 21,15-17). Punto sul vivo da questa domanda di Gesù, Pietro diverrà l’apostolo di Gesù, prima a Gerusalemme, poi presso le comunità giudaiche della Palestina, poi ad Antiochia e infine a Roma, dove a sua volta deporrà la vita sull’esempio del suo Signore e Maestro. E a Roma Pietro ritroverà anche Paolo: non sappiamo se nel quotidiano della testimonianza Cristiana, ma certamente nel segno grande del martirio.

Paolo, “l’altro”, l’apostolo differente, posto accanto a Pietro nella sua alterità, quasi a garantire fin dai primi passi che la comunità Cristiana è sempre plurale e si nutre di diversità. Giudeo della diaspora, originario di Tarso, capitale della Cilicia, venuto a Gerusalemme per diventare “qualcuno” come discepolo di Gamaliele, uno dei più famosi maestri della tradizione rabbinica, Paolo era un fariseo, esperto e zelante della legge di Mosè, che non conobbe né Gesù né i suoi primi discepoli, ma che si distinse nell’opposizione e nella persecuzione verso il nascente movimento Cristiano. Sulla via di Damasco avvenne anche per Paolo l’incontro con Gesù risorto, la conversione e la rivelazione, infatti, come confessa lo stesso Paolo, “la grazia si è compiaciuta di rivelare in me suo Figlio” (Gal 1,15-16). Paolo si definisce un “aborto” (cfr. 1Cor 15,8) rispetto agli altri apostoli che avevano visto il Signore Gesù risorto, ma chiedeva di essere considerato inviato, servo, apostolo di Gesù Cristo al pari loro, perché aveva messo la sua vita a servizio del Vangelo, si era fatto imitatore di Cristo anche nelle sofferenze, si era prodigato in viaggi apostolici in tutto il Mediterraneo orientale, era abitato da una sollecitudine per tutte le chiese di Dio. La sua passione, la sua intelligenza, il suo impegno ad annunciare il Signore Gesù traspaiono da tutte le sue lettere e anche gli Atti degli Apostoli ne danno ampia testimonianza. È lui, per sua stessa definizione, “l’apostolo delle genti” come Pietro è “l’apostolo dei circoncisi” (Gal 2,8). Dopo la conversione sulla strada di Damasco, inizia i suoi viaggi missionari ed apostolici. Durante il primo, in compagnia di Barnaba (At 13-14), da Antiochia passa a Cipro e poi percorre l’attuale Turchia. Dopo il convegno degli apostoli a Gerusalemme, Paolo inizia il suo secondo viaggio come inviato apostolico (Rm 15,36-18,22). Riattraversa, evangelizzando, l’Asia Minore, la Frigia e la Galazia, poi passa in Europa assieme a Luca e fonda la comunità di Filippi in Grecia. I suoi tentativi di evangelizzare questa Nazione non danno buoni risultati: Atene lo rifiuta e Corinto gli darà gravi preoccupazioni. Poi rientra ad Antiochia. Un terzo viaggio (Rm 18,23-21,17) lo riporta a visitare le comunità fondate nella attuale Turchia, specialmente a Efeso, poi in Grecia e a Corinto. Di passaggio a Mileto, annuncia agli anziani le sue prove imminenti. Infatti, poco dopo il suo ritorno a Gerusalemme, è arrestato dagli Ebrei e imprigionato (At 21). Essendo cittadino romano, per nascita e non per acquisto, Paolo si appella all’Imperatore. Intraprende così un quarto viaggio, verso Roma, non più in stato di libertà (At 21-28), verso l’anno 60 o 61; è trattenuto in prigione fin verso il 63, ma con la possibilità di entrare in contatto con i Cristiani della città e scrive le “lettere della prigionia”. Liberato dalla prigione nel 63, compie, probabilmente, un ultimo viaggio in Spagna (Rm15,24-28) o verso le comunità dirette da Timoteo e da Tito, ai quali scrive delle lettere che lasciano intravedere la sua prossima fine. Arrestato e di nuovo imprigionato, Paolo subisce il martirio intorno all’anno 67.

Pietro e Paolo, entrambi discepoli e apostoli di Cristo, eppure così diversi: Pietro un pescatore illetterato, Paolo un rigoroso intellettuale; Pietro un giudeo palestinese di un oscuro villaggio, Paolo un ebreo della diaspora e cittadino romano; Pietro timoroso e vigliacco, lento a capire e a operare di conseguenza, Paolo superbo del suo status e consumato dall’urgenza escatologica… Dice un prefazio gallico del VII secolo: “Pietro ha rinnegato per credere meglio, Paolo è stato accecato per vedere meglio… l’uno apre, l’altro fa entrare: entrambi ricevono il Regno eterno”. Sono stati apostoli con due stili differenti, hanno servito il Signore con modalità diversissime, hanno vissuto la comunità in un modo a volte dialettico, quasi contrapposto, ma entrambi hanno cercato di seguire il Signore e la sua volontà e insieme, proprio grazie alle loro diversità, hanno saputo dare un volto alla missione cristiana e un fondamento alla chiesa di Roma che presiede nella carità.

Pietro e Paolo: due nomi che lungo i secoli hanno personificato l’intera comunità Cristiana nella sua ininterrotta Tradizione; con la loro predicazione infatti il Signore ci ha “dato le primizie della fede Cristiana”. Anche per gli Orientali i due “fratelli” sono sinonimo di tutto il collegio apostolico, come pietre fondamentali della fede. Insieme quindi è giusto celebrare la loro memoria, che è memoria di unità nella diversità, di vita consegnata per amore del Signore, di carità vissuta nell’attesa del ritorno di Cristo. Per questo l’iconografia li rappresenta stretti in un abbraccio oppure mentre sostengono l’unica chiesa che insieme hanno contribuito a edificare: una sinfonia che è memoria e profezia dell’unica comunione ecclesiale in cui Pietro deve abbracciare Paolo e Paolo deve abbracciare Pietro.

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