S.M. Maria Sofia Amalia von Wittelsbach, ultima Regina delle Due Sicilie

Marie Sophie Amalie von Wittelsbach, Duchessa in Baviera, nacque nel Castello di Possenhofen in Baviera il 4 ottobre 1841, terza figlia di Massimiliano Giuseppe, Duca in Baviera, e della Principessa Ludovica di Baviera, ultima figlia di Massimiliano I, Re di Baviera, e zia materna dell’Imperatore d’Austria, Francesco Giuseppe. Era alta, con occhi neri, folti capelli castani e un bel viso. Come la sorella Elisabetta (Sissi), futura Imperatrice d’Austria, era solita uscire da sola, cavalcare, tirare di scherma; praticava il nuoto, la danza e il tiro con la carabina. Dal padre aveva ereditato l’amore per gli animali: in particolare cavalli, cani e pappagalli. Maria Sofia fu Regina consorte delle Due Sicilie per meno di due anni, fino alla capitolazione di Gaeta del 13 febbraio 1861. Divenne un mito come la regina-soldato e il simbolo stesso della resistenza del Regno delle Due Sicilie durante il lungo assedio piemontese della piazzaforte di Gaeta, dove si espose costantemente al fuoco nemico e assistette di persona i feriti.
S.M. Maria Sofia

Alta, slanciata, elegante nel portamento nobile e grazioso, con una magnifica capigliatura castana, bellissimi occhi di color azzurro-cupo, Maria Sofia trascorre l’infanzia e l’adolescenza nel castello di Possenhofen dei Duchi in Baviera, dove le giovani Wittelsbach si esercitano in lunghe galoppate a caccia di animali selvatici. Oltre alle passeggiate a cavallo, pratica la scherma, il nuoto, la ginnastica, la danza, riceve una solida educazione musicale e una formazione al gusto estetico secondo i modelli ereditati dalle corti europee d’antico regime. È molto affascinata dalla fotografia: una passione che le rimarrà tutta la vita. Come la sorella Elisabetta, Sissi, futura Imperatrice d’Austria, è solita girare da sola per la città e fumare piccoli sigari in pubblico. Non rispetta l’etichetta di corte e coltiva i rapporti umani, che intrattiene anche con persone umili. Fin da ragazza è esuberante, indipendente, anticonformista, nonostante i tentativi della madre Ludovica di frenarne gli eccessi.

Le trattative per il matrimonio con Francesco di Borbone delle Due Sicilie, erede al trono del Regno delle Due Sicilie, furono condotte in segreto dalla Duchessa Ludovica e dalla Regina consorte delle Due Sicilie, Maria Teresa d’Asburgo Lorena, interessata a consolidare i legami del Regno delle Due Sicilie con l’Impero asburgico. Il fidanzamento ufficiale avvenne il 22 dicembre 1858 e il matrimonio fu celebrato per procura l’8 gennaio 1859, nel palazzo reale di Monaco di Baviera. Quando Maria Sofia partì alla volta di Bari per incontrare lo sposo ne conosceva l’aspetto solo da un ritratto in miniatura, figlio di Re Ferdinando II e della Beata Maria Cristina di Savoia, venerata a Napoli per la sua filantropia e religiosità, ventitreenne, Francesco aveva ricevuto un’educazione umanistica e religiosa.

Maria Sofia fu accompagnata a Trieste, dove era attesa dalle navi borboniche la Tancredi e la Fulminante, a bordo della quale arrivò a Bari il 1º febbraio 1859, dove infine incontrò suo marito Francesco e il suocero, il Re Ferdinando II, e furono celebrate nuovamente le nozze.

Il futuro Re, all’epoca Duca di Calabria, fu incantato dalla bellezza della sposa e anche il Re Ferdinando II – il quale, benché malato, aveva affrontato il viaggio per incontrare la nuora –, provò per lei una spontanea simpatia.

Ferdinando II morì il 22 maggio 1859, nel corso della seconda guerra d’indipendenza, e nello stesso giorno Francesco II salì al trono. Divenuta Regina consorte a soli diciotto anni, Maria Sofia si interessò alla conduzione del Regno, caldeggiando l’amnistia per i detenuti politici e l’abolizione della schedatura degli “attendibili”, e sostenendo il governo del “costituzionale” Carlo Filangieri, in netto contrasto con la Regina madre Maria Teresa, ostile a ogni concessione al liberalismo. Elegante e raffinata, promosse un risveglio mondano della Città di Napoli, mentre la sua immagine appariva nelle cronache accanto a quelle delle Imperatrici d’Austria e di Francia.

Il 6 settembre 1860, alla vigilia dell’arrivo di Giuseppe Garibaldi a Napoli, la coppia reale si imbarcò per Gaeta, per tentare un’ultima resistenza alle truppe piemontesi, dove S.M. Francesco II avrebbe rivelato, in oltre cinque mesi di scontri con i Piemontesi, un coraggio e una fermezza ammirevoli. Maria Sofia divenne il simbolo stesso della resistenza del Regno: vestita di un costume calabrese di foggia maschile, passava in mezzo ai soldati borbonici per incoraggiarli, decorando i più valorosi con nastrini da lei stessa confezionati. Quando, poi, a Gaeta la situazione peggiorò sempre più a causa della scarsità di cibo, della diffusa epidemia di tifo e del freddo, il marito la invitò a lasciare la roccaforte, ma lei fu irremovibile e volle restare. Così, infatti, riferisce Re Francesco II in una lettera rivolta a Napoleone III: «Ho fatto ogni sforzo per persuadere S.M. la Regina a separarsi da me, ma sono stato vinto dalle sue tenere preghiere e dalle sue generose risoluzioni. Ella vuol dividere meco, sin alla fine, la mia fortuna, consacrandosi a dirigere negli ospedali la cura dei feriti e degli ammalati; da questa sera Gaeta conta una suora di carità in più».

«Piuttosto che stare qui, amerei morire negli Abruzzi in mezzo a quei bravi combattenti» (Maria Sofia durante l’assedio di Civitella del Tronto, 1860-61).

Vera animatrice del lungo assedio alla piazzaforte di Gaeta, salvatrice dell’Onore del Regno e dell’Esercito delle Due Sicilie: non passò giorno che non trascorse ad aiutare i suoi soldati sotto le cannonate nemiche, a curare di persona le loro ferite, a condividere i loro stenti e le loro paure, ad incoraggiarli, a nutrirli, a soccorrerli, così come dava forza al marito nei momenti più difficili. La regina-soldato divenne un mito anche tra i militari Piemontesi, che la scrutavano attraverso i loro binocoli; la stampa europea diffondeva la sua immagine, mentre da ogni parte le giungevano messaggi di ammirazione.

«Femme hèroique qui, reine soldat, avait fait elle meme son coup de feu sur les remparts de Gaete» (Donna eroica che, da regina soldato, aveva sparato lei stesso il suo colpo di fuoco sui bastioni di Gaeta): così Marcel Proust nel suo La prisonnière, canta della regina soldato, la giovane Maria Sofia von Wittelsbach dei Duchi in Baviera, divenuta a solo 18 anni l’ultima Regina delle Due Sicilie, per poco più di un anno, l’eroina che dagli spalti della fortezza di Gaeta infonde coraggio a quel che rimane dell’esercito borbonico annientato dall’arrembaggio piemontese. Prestò assistenza alle truppe reali e curò i feriti, fece tutto ciò che era in suo potere per aiutare, sostenere e incoraggiare i soldati combattenti. Armata lei stessa di fucile, si recò sul bastione della fortezza di Gaeta durante l’assedio piemontese e non esitò a sostituire un artigliere ferito a morte, continuando il fuoco contro gli assedianti piemontesi. Il suo comportamento attirò attenzione e ammirazione in tutta Europa.

Fortezza di Gaeta

13 febbraio 1861: così capitolarono i valorosi di Gaeta

Gli assedianti hanno lanciato circa 60.000 bombe dal 10 [febbraio] sera fin a questo momento [13 febbraio]. 60.000 bombe in tre giorni, sessantamila bombe tra la domanda di capitolazione e la sua firma. Le vittime di queste 60.000 bombe grideranno vendetta eterna contro Cialdini (…) Ecco una Fortezza il cui assedio finirà senza che si sia aperta una trincea, senza che l’Assediante si sia avvicinato a meno di 1500 metri! (…) Cialdini fa colazione, pranzo e cena e dorme pacificamente a Castellone, nella Villa Real di Mola, a cinque chilometri da Gaeta. (…) Sulle tombe di tanti bravi, che hanno sofferto con una inalterabile fermezza e che sono morti con magnanima semplicità, sulle rovine di una città che si è difesa cento giorni con risorse così esigue, con mezzi insufficienti, io straniero, semplice testimone, ma non testimone insensibile, affermo che l’assedio di Gaeta sarà una delle più belle pagine della storia contemporanea. La gloria non sarà per i vincitori, ma per i vinti [Charles Garnier, Diario dell’Assedio di Gaeta 1860-1861, Brussel 1861, trad, it. Editoriale il Giglio 2022].

Venne finalmente stabilito in massima che da oggi in poi [11 febbraio] si raddoppierebbe il fuoco delle nostre artiglierie, né si cesserebbero fino a conchiusa capitolazione (…) al toccare della mezzanotte dalla batteria italiane erano partiti 4.397 colpi e da quelle dei borbonici 1.493 (…) i feriti nel campo italiano erano stati 4, ed in Gaeta 9 i morti e 7 i feriti. Dal tifo erano stati colti 48 e condotti in fin di vita 7 [Federico Carandini, Ufficiale dello Stato Maggiore piemontese, L’ Assedio di Gaeta nel 1860-61, Torino 1874].

Il mito dell’eroina di Gaeta non è stato mai offuscato dal passare del tempo, anche se i testi di storia hanno ignorato o addirittura vituperato la figura, la personalità e il comportamento eroico dell’ultima Regina delle Due Sicilie. Gabriele D’Annunzio definì Maria Sofia “l’aquiletta bavara che rampogna”, intendendo con queste parole disprezzare la Regina che si oppose con tutto il suo coraggio all’usurpazione sabauda del Regno delle Due Sicilie. Maria Sofia, infatti, tentò di riconquistare sino all’ultimo giorno della sua vita quella Patria meridionale che lei, bavarese di nascita, aveva fatto sua e profondamente amata, insieme alla sua gente.

Fu Regina delle Due Sicilie per meno di due anni, fino alla capitolazione di Gaeta del 13 febbraio 1861, dopo oltre due mesi di assedio. La coppia reale, con pochi fedelissimi, si imbarcò per Terracina e Papa Pio IX la ospitò al Quirinale, dove già si trovava Maria Teresa. Poi, stabilita la propria residenza in palazzo Farnese, proprietà dei Borbone.

Al termine della terza guerra d’indipendenza, nel 1866, abbandonate le residue speranze di riconquistare il Regno, S.M. Francesco II sciolse il governo legittimo del Regno delle Due Sicilie in esilio (che godette soltanto del riconoscimento della Santa Sede e dell’Austria). Maria Sofia tornò sul campo di battaglia, a curare feriti e a incoraggiare i soldati pontifici durante gli scontri con i garibaldini a Mentana nel 1867.

Il 24 dicembre 1869 la coppia ebbe finalmente una figlia, Maria Cristina Pia, che morì il 28 marzo 1870.

Durante la Prima Guerra Mondiale Maria Sofia parteggiò per gli Imperi centrali e la loro entrata in conflitto contro l’Italia. Nonostante la sua avversione per i Savoia, Maria Sofia aveva l’abitudine di visitare i campi di militari Italiani in prigionia in Germania, cui donava libri e cibo. I soldati Italiani erano ignari dell’identità di Maria Sofia, che aveva superato i settant’anni, che parlava la loro lingua con un’inflessione mista tedesco-napoletana e che era interessata particolarmente alle notizie provenienti dal Mezzogiorno del Paese. Riferisce al proposito Arrigo Petacco che «fra quei soldati laceri ed affamati, lei cerca i suoi Napoletani. Distribuisce, come a Gaeta, bons bons e sigari» (La regina del Sud. Amori e guerre segrete di Maria Sofia di Borbone, Mondadori 1997, p. 255).

Nell’estremo esilio, Maria Sofia fu gran dama fino alla fine. In un’intervista confidò: «Mi sono abituata all’esilio, a poco a poco. Voglio bene al mio cantuccio quieto, solitario. A Napoli no, non ho più avuto il coraggio di tornare, soffrirei troppo. E poi mi hanno detto che non è più la mia Napoli, così bella. Le strade nuove l’hanno rovinata. Santa Lucia non esiste più. Solo le Regge pare siano rimaste come allora. Capodimonte… Caserta… Il duca d’Aosta le ha rispettate». In un altro colloquio disse: «Tutte le dinastie, presto o tardi, sono destinate a finire. Anche l’Italia, a quel che mi dicono, non è tranquilla, né contenta. E chissà che i Savoia non debbano riprendere, un giorno o l’altro, le vie dell’esilio».

Maria Sofia morì a Monaco di Baviera il 19 gennaio 1925. Le sue spoglie, insieme con quelle del marito e della figlia, nel 1938 furono traslate a Roma e nel 1984 nella Cappella Reale dei Borbone presso la Real Basilica di Santa Chiara in Napoli.

Maria Sofia di Baviera
a 100 anni dalla morte
sempre nel cuore di Napoli

Un maxi manifesto apparso in viale Umberto Maddalena a Napoli, nei pressi dell’aeroporto militare di Capodichino, ricorda i 100 anni dalla morte dell’ultima Regina delle Due Sicilie, Maria Sofia Amalia von Wittelsbach, consorte di S.M. Francesco II di Borbone, che ricorrono il 19 gennaio 1925. L’iniziativa è del Prof. Erminio De Biase, studioso di Storia delle Due Sicilie, e autore di diversi saggi, l’ultimo dei quali su Garibaldi dal titolo Il vero volto di un falso mito (Controcorrente edizioni).

Il maxi manifesto, in bianco e nero, accanto ad un ritratto di Maria Sofia riporta i versi che le dedicò Ferdinando Russo, nel poema ‘O surdato ‘e Gaeta: “E ‘a Riggina, Signo’.., quant  era bella…” “È il primo di una serie di manifesti che appariranno in vista dell’anniversario. L’iniziativa è dedicata a tutti i Napoletani e ai Meridionali che stanno prendendo sempre di più coscienza della loro Storia”, ha detto al quotidiano Roma il Prof. De Biase. La realizzazione grafica del progetto è del pittore Umberto Cesino di Castellammare di Stabia e gli spazi sono stati concessi– disinteressatamente e generosamente – da Giuseppe Mancini, titolare della Rex Pubblicità di Arzano.

Grandi regine, madri, consorti
Otto ritratti sorprendenti
da cui rileggere
la storia del Regno delle Due Sicilie

A due mesi dal Centenario della morte dell’ultima Regina delle Due Sicilie, il 12 novembre 2024 è stato pubblicato il libro Le Borboniche. Le grandi regine delle Due Sicilie (Utet 2024, 512 pagine [QUI]) di Gigi Di Fiore, il racconto delle Due Sicilie dal 1734 al 1861 attraverso le biografie delle otto mogli dei cinque Re Borbone.

La prima fu Maria Amalia di Sassonia, figlia di Maria Giuseppa d’Austria e Augusto III di Polonia. Sposando Carlo di Borbone, conquistatore del trono di Napoli, Maria Amalia divenne regina a soli tredici anni, dopo una lunga trattativa. Non riuscendo a trovare una consorte in corti più potenti, nell’intricato gioco di alleanze e tornaconti che era la politica matrimoniale nei regni del Settecento, i Borbone di Spagna ripiegarono sulla monarchia di Polonia e su quella giovane ragazza dai capelli biondi e la pelle diafana, educata alla corte di Dresda, appassionata di Bach, pittura e danza. Nonostante le manovre squisitamente politiche che portarono alla loro unione, la coppia fu molto legata e Maria Amalia ebbe un’ascendente notevole sul marito.

A partire da lei, saranno in tutto otto le donne che, accanto ai loro mariti-sovrani, segnarono i centoventisette anni del Regno delle Due Sicilie dal 1734 al 1861. Donne di varie e multiformi personalità, in una sequenza storica chiusa da Maria Sofia di Baviera, moglie di Francesco II di Borbone, l’ultima Regina di Napoli di cui il 19 gennaio 2025 ricorre il Centenario della morte.

Capaci di influenzare le decisioni dei mariti, le consorti “borboniche” ebbero rilievo nelle trasformazioni del territorio e della società meridionale. Un ruolo troppo spesso trascurato.

Con il consueto piglio e l’abituale precisione, Gigi Di Fiore racconta le vicende del Regno attraverso le psicologie, i sentimenti, le emozioni delle donne che ne furono protagoniste. Un punto di vista nuovo, in una prospettiva ricca e complessa: dall’Illuminismo alla Rivoluzione francese, attraverso la Restaurazione e l’Impero napoleonico, per arrivare infine alle passioni romantiche e ideologiche del Risorgimento italiano che avrebbe cancellato la monarchia borbonica, l’ultimo capitolo della luminosa storia del Sud Italia.

Gigi Di Fiore, storico, già redattore a Il Giornale di Montanelli, è inviato de Il Mattino di Napoli (Premio Saint-Vincent per il giornalismo nel 2001; Premio Pedio per la ricerca storica; Premio Melfi per la saggistica; Premio Guido Dorso per gli studi sul Mezzogiorno; Premio Marcello Torre per l’impegno civile). Nelle sue pubblicazioni si occupa prevalentemente di criminalità organizzata e di Risorgimento in relazione ai problemi del Mezzogiorno. Tra le sue ultime opere: La camorra e le sue storie. La criminalità organizzata a Napoli dalle origini alle paranze dei bimbi (2005, 2016), Controstoria dell’unità d’Italia. Fatti e misfatti del Risorgimento (2007, 2010), Gli ultimi giorni di Gaeta. L’assedio che condannò l’Italia all’unità (2010, 2015), La Nazione napoletana. Controstorie borboniche e identità sudista (2015), Briganti! Controstoria della guerra contadina nel Sud dei Gattopardi (2017), L’ultimo re di Napoli. L’esilio di Francesco II nell’Italia dei Savoia (2018), Napoletanità. Dai Borbone a Pino Daniele, viaggio nell’anima di un popolo (2019), Pandemia 1836. La guerra dei Borbone contro il colera (2020), Storia del Napoli. Una squadra, una città, una fede (2021; nuova edizione 2023).

Foto di copertina: fotografia di Alphonse Bernoud di S.M. Maria Sofia von Wittelsbach, ultima Regina del Regno delle Due Sicilie, 1860.

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