Visita culturale e Ritiro spirituale prepasquale della Delegazione Roma e Città del Vaticano presso la chiesa di San Francesco a Ripa in Roma

La Delegazioni di Roma e Città del Vaticano del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio ha svolto sabato 12 aprile 2025 una Visita culturale e un ritiro spirituale pre-pasquale. I Cavalieri e le Dame, con familiare, parenti e amici, hanno visitato il complesso di San Francesco a Ripa in Roma, prezioso scrigno barocco di fede e arte. Questo luogo di grande spiritualità nel rione Trastevere, in piazza San Francesco d'Assisi, diventato santuario, è sede di parrocchia retta dall'Ordine dei Frati Minori e titolo cardinalizio. Deve la sua denominazione alla vicinanza con il soppresso porto di Ripa Grande, affacciato sul Tevere fino al XIX secolo. In questo luogo, San Francesco pregava e soggiornava durante le sue visite al Papa tra il 1209 e il 1223. Fu Jacopa de’ Settesoli, devota francescana e amica di San Francesco ad aiutarlo a trovare riparo qui, presso quello che allora era l’ospedale e ospizio di San Biagio, fondato nel X secolo e dedicato alla cura e all'accoglienza dei poveri, tenuto dai Benedettini di Ripa Grande.
Santuario esterno

L’intero complesso fu affidato all’Ordine dei Frati Minori nel 1229. La semplice cella in cui il Santo dimorava è un luogo sacro di preghiera e profonda devozione, che presto divenne il fulcro della devozione francescana a Roma. Sulle orme del Santo, fratello dei poveri, dei malati e dei lebbrosi, la Fraternità di Frati Minori di Ripa, insieme a tanti amici, vive pregando e prendendosi cura di persona in disagio, condividendo con loro la casa, il cibo e quanto il Signore offre loro ogni giorno.

La chiesa di San Francesco a Ripa è un posto accogliente, dove i frati francescani sono sempre pronti a scambiare una parola gentile e un sorriso o, per chi lo desidera, a guidare in un percorso spirituale più approfondito.

La chiesa è anche un luogo d’arte, dove sono raccolte opere inestimabili. Durante l’occupazione francese, numerose opere d’arte vennero spedite in Francia come spoliazioni napoleoniche, e la maggior parte di queste non fece più ritorno. Secondo il catalogo pubblicato nel Bulletin de la Société de l’art français del 1936, un’opera che non venne restituita è la Pietà con San Francesco e Maria Maddalena di Annibale Carracci, oggi al Louvre.

Durante la visita del complesso e dei luoghi dedicati alla memoria degli insigni religiosi appartenuti all’Ordine francescano, guidata dall’Avv. Fabio Costa, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento, che ha presentato i tanti tesori artistici e spirituali con dovizia di particolari dettagli storici nonché di aneddoti.

Il santuario custodisce la cella ed alcune reliquie di San Francesco, tra cui un pezzo della benda insanguinata, un pezzo del cilicio e la roccia sulla quale poggiava il capo per riposare. San Francesco dimorò nella cella dell’ospizio di San Biagio almeno sei volte, nelle occasioni durante le quali si recava ad incontrare il Papa, tra le quali, certamente la più importante nel 1209 per l’approvazione della Regola francescana da parte di Papa Innocenzo III. Gli ultimi anni, per problemi respiratori, che lo portavano a dormire in posizione obliqua, il suo unico cuscino era sempre stato una grossa roccia nera, tutt’ora custodita dietro una grata all’interno del Santuario. Nella vetrina dedicata, accanto alla Sacrestia, sono poi custoditi un pezzo del cilicio che Francesco portava intorno alla vita e un pezzetto della sua benda intrisa di sangue. San Francesco ricevette le stigmate il 14 o 15 settembre del 1224 sul Monte della Verna.

All’interno della cella dove dimorava San Francesco, è stato mostrato l’altare in legno di radica di noce, opera dell’ebanista francescano Bernardino da Jesi (XVII secolo) dove sono riportate diverse raffigurazioni tra cui al centro San Francesco, realizzato da Margaritone D’Arezzo, mentre le tavole laterali raffigurano i Santi Antonio da Padova e Ludovico da Tolosa. Ma ciò che ha colpito i visitatori è stata la messa in funzione della “machina” presente sopra l’altare. Un meccanismo ingegnoso, perfettamente funzionante, utilizzato come reliquiario mobile, costruito da Fra’ Tommaso da Spoleto nel 1708. Ruotando le pareti laterali dei rivestimenti in legno fanno apparire i reliquari d’argento contenenti le reliquie dei più grandi santi della storia della Chiesa. Tutte le reliquie sono certificate in merito alla loro autenticità.

Rientrando in chiesa si è potuto ammirare, tra le tante bellezze della chiesa, anche la cappella Paluzzi Albertoni (che si apre nella parete di fondo del transetto sinistro) dove è collocata la celeberrima scultura che raffigura l’Estasi della Beata Ludovica Albertoni, ultima opera del celebre scultore Gian Lorenzo Bernini, scolpita da Gian Lorenzo Bernini in occasione della beatificazione tra il 1671 e il 1675.  La statua, vero esempio di trasporto mistico-carnale e di estasi barocca, è collocata su uno spettacolare drappo in diaspro sopra l’altare della cappella.

Al termine della Visita culturale i partecipanti si sono riuniti per un Ritiro spirituale pre-pasquale, guidato da Don Maurizio Modugno, Cappellano di Merito con Placca d’Argento.

Nella sua riflessione, Don Modugno ha evidenziato che Gesù porta al massimo compimento l’amore nei confronti del Padre – “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30) – e nei nostri confronti – “Di ha amati fino alla fine” (Gv 13,1). La sua Passione contiene davvero l’Amore appassionato di Dio: “Ho desiderato ardentemente mangiare questa pasqua” (Lc 22,15). “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra” (Lc 12,49). “Lo zelo per la tua casa mi divora” (Gv 2,17). È questo Amore totale, ossia il fuoco dello Spirito di Dio, che porta Gesù a consumarsi come olocausto sulla croce e a farsi nostro pane.

Don Modugno ha sottolineato come il Triduo Pasquale ci pone davanti in modi sublimi e diversi la manifestazione definitiva di questo Amore. La Missa in Coena Domini del Giovedì Santo ci conduce a guardare le espressioni somme dell’amore e dell’odio. Giuda divide la mensa con il Messia e con gli Apostoli, ma poi esce nella notte seguendo il principe delle tenebre nella negazione assoluta. Gesù si fa servo lavando i piedi agli Apostoli e si offre in sacrificio come Eucarestia: “Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue”. Donati per sempre a noi come eredità ineguagliabile. Il sudore di sangue e la sofferenza morale del Gethsemani, la cattura, il tradimento con un bacio, il triplice rinnegamento di Pietro, l’abiezione dello scherno e della menzogna, la tortura, ci portano attraverso le strette strade di Gerusalemme al pio esercizio della Via Crucis – il Venerdì Santo – e alla contemplazione del Crocifisso. Il Libro dei Numeri, il profeta Zaccaria, il Vangelo di Giovanni ci chiamano a “volgere lo sguardo a Colui che hanno trafitto”, a guardare a Colui che “quando sarà innalzato attirerà tutti a sé”. La contemplazione dell’Uomo della Croce, lo spasimo del Cuore trafitto dalla lancia, che irrora sacramentalmente tutta l’Umanità di sangue ed acque (Eucarestia e Battesimo), deve essere il centro del nostro accostarci a quella Pasqua, che tocca il suo punto più drammatico nella morte di Gesù nel momento stesso in cui gli agnelli pasquali venivano immolati nel Tempio, nello sconvolgimento di terra e cielo, nello squarciarsi del Velo del Santo dei Santi, da cui lo Spirito esce per donarsi non più ad un popolo solo, ma al mondo intero.

Il Sabato Santo è il tempo d’un silenzio, d’un riposo intensi di fiducia e di speranza. La Veglia Pasquale ci immette nel cammino più impervio della Fede Cristiana, quello di credere ad una Resurrezione cui nessuno ha assistito, ma che San Paolo ci dice essere il pilastro di tutto: “Se Cristo non è risorto dai morti vana è la nostra predicazione e vana è la vostra fede”. Questa Fede è un atto nostro, è l’atto umano che completa l’Atto divino dell’Incarnazione, della Morte e della Resurrezione. Completando nella nostra umanità con la fede quello che ad essa manca dei patimenti di Cristo (cfr. San Paolo).

Davanti alla Croce ci sono tre donne e un giovane. “Madre, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua Madre”. L’affidamento dell’umanità alla Chiesa e la Chiesa affidata all’Apostolo sono il sublime corollario della morte di croce. D’ora in poi non siamo soli. Maria – come dice San Bernardo – ha vissuto direttamente la Passione: “Né i chiodi, né la lancia sono entrati nel Figlio senza prima passare nella Madre”. Ma Ella tace, non fa un lutto clamoroso come le donne di Gerusalemme. Ella sa che il Figlio risorgerà e che forse – ex silentio Scripturarum – il primo incontro del Risorto sarà con lei. Tutti i Santi, a partire dalla Madonna, perpetuano “di gloria in gloria” l’immagine del Crocifisso e del Risorto. Essi sono le nostre guide: seguiamoli.

Al termine dell’incontro, i partecipanti si sono ritrovati alle ore 13.00 presso una trattoria nelle vicinanze del santuario, dove hanno potuto assaporare delle prelibatezze della cucina romana e trascorrere un momento di convivialità e fraternità.

Alla Visita culturale e al Ritiro spirituale pre-pasquale hanno partecipato tra gli altri il Delegato Prof. Giuseppe Schlitzer, Cavaliere Gran Croce di Merito; il Consigliere della Real Deputazione e della Real Commissione per l’Italia, S.A.S. Don Maurizio Ferrante Gonzaga di Vescovato, Principe del Sacro Romano Impero, Marchese del Vodice, Cavalieri Gran Croce di Giustizia; il Responsabile della Comunicazione e delle Attività Caritatevoli Prof. Ing. Luca Mazzola, Cavaliere di Merito; il Dott. Paolo Amori, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento; Roberto Ruggero, Cavaliere di Ufficio; e il Dott. Matteo Luini, Postulante.

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