Inaugurato il Museo di San Giuseppe dei Nudi con al centro Stupeficium, la “mazzarella” di San Giuseppe, che ti apre le porte a Napoli

Giovedì 30 gennaio 2025 alle ore 16.30 è stato inaugurato il nuovo Museo San Giuseppe dei Nudi, che valorizza la storia e l’arte di Napoli nel Sette-Ottocento, attraverso una collezione di opere significative e un impegno sociale duraturo, trovando spazio nel Settecentesco complesso monumentale di San Giuseppe dei Nudi in via Mancinelli 19 nel centro storico di Napoli, che comprende anche l'archivio storico e la chiesa che è Cappella Magistrale dell’Ordine Costantiniano in Napoli, oltre al hortus conclusus, il giardino storico. Questo nuovo spazio espositivo rappresenta una significativa opportunità per residenti e turisti di esplorare il patrimonio culturale della città. Viene lanciato un richiamo a riconoscere e valorizzare i luoghi ricchi di storia che Napoli ha da offrire, oltre alla sua famosa gastronomia. Da qui l’importanza di raccogliere e presentare fatti, persone, opere e documenti in un’unica struttura, creando un quadro d’insieme funzionale e ricco di approfondimenti. Questo nuovo spazio offre una lettura del vissuto sociale e spirituale del Real Monte ed Arciconfraternita di San Giuseppe dell'Opera del Vestire i Nudi, che prosegue fino ad oggi.
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L’inaugurazione del nuovo Museo di San Giuseppe dei Nudi è stata preceduta da una campagna promozionale nelle Stazioni di Napoli Garibaldi, Roma Termini e Roma Tiburtina, con l’obiettivo quello di far conoscere a quante più persone possibile questa straordinaria realtà.

Fortemente promosso dal Presidente-Sovrintendente della Fondazione Real Monte ed Arciconfraternita di San Giuseppe dell’Opera del Vestire i Nudi, Avv. Ugo de Flaviis, il nuovo Museo San Giuseppe dei Nudi, la cui apertura al pubblico è prevista per sabato 8 febbraio 2025, costituisce uno scrigno di arte, storia e tradizione in uno dei luoghi più iconici di Napoli, a ridosso del Museo Archeologico Nazionale. Sono state allestite sei sale espositive, riprogettate da Davide Vargas, in cui è possibile ammirare, lungo il filo conduttore della storia del Real Monte ed Arciconfraternita di San Giuseppe dell’Opera del Vestire i Nudi, che copre circa tre secoli, dipinti, sculture e reliquiari. Nelle sale ci sono i ritratti realizzati tra la metà del XVIII e gli inizi del XX secolo che ritraggono sovrani borbonici tra cui Carlo di Borbone con il suo avallo reali, di nobili tra cui i ritratti dei confratelli, di Papi tra cui Papa Pio IX per ricordare la sua visita qui, di vescovi e di monsignori, affiliati all’Istituzione, offrendo un’ineguagliabile testimonianza della “buona società” napoletana del tempo.

Il dipinto più antico è Trecentesco, della scuola di Simone Martini, una preziosa Madonna dell’Umiltà a tempera e oro su tavola. Ci sono anche opere di Francesco De Mura, come un interessante Martirio di San Gennaro appena restaurato e di Santa Teresa d’Avila, e di Giuseppe Bonito, e il prezioso reliquiario multiplo.

Un’intera sala è dedicata alla preziosa Reliquia del Bastone di San Giuseppe (‘a Mazzarella è San Giuseppe), definito “quintessenza apotropaica della fede Cristiana e Cattolica”. Condotto a Napoli nel 1712 da Nicola Grimaldi, il celebre cantante evirato, fu donato e affidato alla custodia della Reale Arciconfraternita di San Giuseppe dei Nudi nel 1795, rimanendo celato alla devozione popolare fino al 2019, quando dopo il restauro è tornato in esposizione per volontà del Sovrintendente Avv. Ugo de Flaviis.

Alla cerimonia di inaugurazione sono intervenuti, con il Presidente-Sovrintendente della Fondazione Real Monte ed Arciconfraternita di San Giuseppe dell’Opera del Vestire i Nudi, l’Avv. Ugo de Flaviis, il Governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca; il Dott. Paolo Giulierini, già direttore del Mann, che aveva ospitato una mostra fotografica di Luigi Spina sui ritratti dei confratelli del sodalizio; e la curatrice dell’allestimento del nuovo Museo San Giuseppe dei Nudi, la Prof.ssa Almerinda Di Benedetto, ordinario di storia dell’arte contemporanea dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.

Hanno partecipato delle rappresentanze del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio e del Real Circolo Francesco II di Borbone: S.E. il Marchese Don Pierluigi Sanfelice di Bagnoli, Cavaliere Gran Croce di Giustizia, Luogotenente per l’Italia Meridionale Peninsulare della Real Commissione per l’Italia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, Socio Onorario del Real Circolo Francesco II di Borbone, Comandante Generale della Guardia d’Onore alle Reali Tombe dei Sovrani Borbone; il Segretario Generale della Delegazione di Napoli e Campania della Sacra Milizia Costantiniana, Antonio Masselli, Cavaliere di Jure Sanguinis; il Nob. Manuel de Goyzueta, dei Marchesi di Toverena e di Trentenare, Cavaliere Gran Croce di Giustizia; il Nob. Dott. Giancarlo de Goyzueta di Toverena, Cavaliere di Giustizia; l’Avv. Alessandro Franchi, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento; il Delegato della Campania del Real Circolo Francesco II di Borbone, il Nob. Alfredo Buoninconti, Barone di Santa Maria Jacobi, Cavaliere di Giustizia, con il Segretario, Nicola Di Frenna, Cavaliere di Ufficio, e la Responsabile della Sezione Monti Lattari, Filomena D’Auria.

Presentando il nuovo Museo San Giuseppe dei Nudi, Avv. Ugo de Flaviis, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento, Curatore della Cappella Magistrale Costantiniano in Napoli, innanzitutto ha ringraziato i Relatori, Vincenzo De Luca, Dott. Paolo Giulierini e Prof.ssa Almerinda Di Benedetto, e calorosamente il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, sottolineando che la chiesa di San Giuseppe dei Nudi è cappella magistrale Costantiniano.

«Oggi offriamo alla Città di Napoli e ai turisti un nuovo museo, nato grazie al nostro impegno, ai fondi della Regione Campania e a Paolo Giulierini con il suo programma Extra Mann che ci ha dato la forza morale per questo lavoro», ha detto il Sovrintendente Avv. Ugo de Flaviis, sottolineando che «quella cominciata è una strada da perseguire, perché Napoli è piena di luoghi culturali in grado di portare indotto e ricchezza alla città, che non è solo cibo. Vediamo finalmente realizzato un percorso che racconti la storia della Real Arciconfraternita di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi e la sua grande opera di misericordia, che continua attraverso i secoli. Si tratta solo di un primo, per quanto importante passo, verso il recupero di testimonianze custodite per secoli di quella storia, cultura e spiritualità che hanno fatto grande la nostra città».

«Stasera abbiamo coronato un progetto cui lavoriamo da tanti anni: il Museo San Giuseppe dei Nudi. Grazie al Presidente De Luca ed al Prof Paolo Giulierini, alla Prof.ssa Di Benedetto ed a tutti i miei collaboratori che hanno reso possibile questa soddisfazione. Ora iniziamo nuove sfide», ha sottolineato il Sovrintendente Avv. Ugo de Flaviis.

Nudus eram et cooperuistis me

Ispirata alla terza delle sette opere di misericordia corporale indicata nel racconto evangelico (Dar da mangiare agli affamati, Dar da bere agli assetati, Vestire gli ignudi, Alloggiare i pellegrini, Visitare gli infermi, Visitare i carcerati, Seppellire i morti), la Congregazione di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi e Vergognosi viene fondata a Napoli il 6 gennaio 1740 per iniziativa di Francesco Cerio, con la collaborazione di Domenico Orsini e Nicola Antonio Pirro Carafa, su consiglio ed incoraggiamento del padre spirituale Giuseppe Maria di San Carlo.

Le fonti raccontano che in un giorno festivo del 1734 i tre si incamminarono, per una gita, verso i dintorni di Napoli. Un’improvvisa pioggia li costrinse però a fermarsi riparando in un chiostro dei Teresiani Scalzi della Madre di Dio, nei pressi dell’attuale Museo Archeologico Nazionale. Decisero dunque di rinunziare alla loro escursione e di destinare ad un’opera di bene la somma che era stata programmata per il divertimento della giornata.

Sulla via del ritorno incontrarono un mendicante, lacero nelle vesti. Questo povero fu immediatamente vestito con la somma che essi avevano con loro e questo atto produsse nell’animo dei benefattori una così grande soddisfazione, che fece sorgere in essi l’idea di dare continuità a questa iniziativa. L’8 dicembre 1739, con il sostegno di altri gentiluomini napoletani e nel nome del Patriarca Giuseppe si incontrarono per dare inizio all’istituzione con il motto Nudus eram et cooperuistis me (Ero nudo e mi copristi). Il 6 gennaio 1740, in quell’oratorio dei Teresiani che li aveva ospitati sei anni prima, stabilirono che ogni anno, nella ricorrenza del giorno onomastico di San Giuseppe, si procedesse alla distribuzione di abiti ai poveri. Così nacque il Pio Sodalizio divenuto poi Real Monte ed Arciconfraternita.

Il 30 giugno 1740 l’Istituto registra l’adesione della Real Casa di Borbone da cui la denominazione “Real Monte e Congregazione di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi e Vergognosi”. Il 15 ottobre 1745 arriva il beneplacito di Papa Benedetto XIV e quindi l’appoggio perpetuo della Chiesa.

L’attività inizia con la donazione di sette vesti per altrettanti poveri. Nel 1907 il sodalizio è in grado di vestire ben 600 bisognosi e di elargire sovvenzioni. Nata per iniziative di carità, a quasi 300 anni dalla sua fondazione, l’Istituzione continua con orgoglio e senso d’identità la propria opera pia. Una storia che ora trova ricomposizione con il nuovo Museo San Giuseppe dei Nudi, che rappresenta un passo significativo nella valorizzazione del patrimonio culturale napoletana.

La Curatrice Prof.ssa Almerinda Di Benedetto ha sottolineato l’importanza di raccogliere e presentare fatti, persone, opere e documenti in un’unica struttura, creando un quadro d’insieme funzionale e ricco di approfondimenti. Questa nuova istituzione offre una lettura del vissuto sociale e spirituale dell’Opera, contribuendo a ricostruire la storia di Napoli nel Sette-Ottocento. Con questa apertura, ci si aspetta che il museo diventi non solo un luogo di esposizione, ma anche un centro di riflessione sulla storia sociale della città, rendendo accessibile un capitolo fondamentale della sua identità. Il nuovo Museo San Giuseppe dei Nudi si candida così a diventare un punto di riferimento nella mappa culturale di Napoli, richiamando l’attenzione su una storia ricca e complessa, che merita di essere raccontata e condivisa.

La Prof.ssa Almerinda Di Benedetto ha spiegato: «Fatti, persone, opere, documenti – come tessere di un puzzle hanno aspettato circa tre secoli per essere ricomposti in un funzionale e fruibile quadro d’insieme. Con l’inaugurazione del Museo diamo inizio a quello che dobbiamo considerare solo un primo importante passo in direzione della conoscenza e della tutela dell’Istituzione, del suo patrimonio materiale e immateriale, e delle testimonianze di una storia sociale tra le più significative della Napoli Sette-Ottocentesca. Un’illuminante lettura del vissuto spirituale dell’Opera e di chi l’ha tenuta viva nel tempo, contribuendo a ricostruire l’identità di un pezzo del nostro territorio».

«È un momento molto bello, con il Presidente Ugo de Flaviis abbiamo chiacchierato per anni ed è stato impostato un lavoro molto bello di recupero. Ho visto i quadri restaurati, una cosa meravigliosa. E ringrazio anche Giulierini che è stato un grande, grandissimo Direttore del museo archeologico in cui abbiamo fatto cose incredibili», ha detto il Governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca all’inaugurazione del nuovo Museo San Giuseppe dei Nudi. Ha aggiunto: «De Flaviis ha strappato il finanziamento per fare i lavori qui e anche per gli altri sul tetto che faremo ovviamente con grandissimo piacere. Quindi a brevissimo avrete l’erogazione di fondi, fate un bel lavoro, che si aggiunge ad un analogo lavoro che abbiamo fatto per salvare il convento dei Vincenziani al Borgo dei Vergini, dove avevamo anche una situazione precaria da un punto di vista strutturale. Credo che faremo un altro intervento importante nell’area del Duomo, dove, mi dicevano, negli scavi è venuto fuori un battistero che è probabilmente il più antico d’Europa, qui a Napoli».

Vincenzo De Luca ha parlato anche del Conservatorio di Napoli: «Stiamo sostenendo il recupero di San Pietro a Maiella, un altro patrimonio storico di un valore immenso. Ci ero andato anni fa con Riccardo Muti e ho visto che ci pioveva dentro, avevano le bacinelle dell’acqua nei corridoi ai piani alti. Pensate che nei depositi di San Pietro a Maiella abbiamo strumenti musicali antichi, spartiti di opera, manoscritti di un valore immenso, non ne parliamo nemmeno per non sollecitare appetiti strani. Abbiamo stanziato lì 8 milioni di euro, sono passati 7 anni e stiamo ancora aspettando il progetto esecutivo e nel frattempo i costi per il recupero sono arrivati a 15 milioni. Ma lo faremo, perché San Pietro a Maiella è un valore della cultura mondiale, però dovremmo anche accelerare. La prima cosa che dobbiamo fare è recuperare questi beni culturali che a volte cadono a pezzi, e sono un patrimonio immenso. In un Paese come la Francia o la Germania, uno solo di questi beni motiverebbe la realizzazione di un grande circuito museale, che qui abbiamo cose davanti agli occhi e non le vediamo più nemmeno. Abbiamo anche lavorato con la Curia di Napoli su un progetto che riguarda i ragazzi del centro storico che pensiamo di impegnare come guide nei monumenti religiosi e non solo. Stiamo facendo quindi un programma di formazione per avere una cinquantina di ragazzi impegnati in un’attività di lavoro come già è capitato alla Sanità».

Il Bastone di San Giuseppe

L’antichissima Reliquia è oggetto di culto plurisecolare. Il bastone fu trafugato da un convento dei Carmelitani nel Sussex, in Inghilterra, dove veniva esposto già nel XIII secolo. Divenuto di proprietà della nobile famiglia degli Hampden fino al XVIII secolo, la sua autenticità fu avallata da un episodio miracoloso, che vide salva in un rovinoso incendio la sola stanza in cui il bastone si trovava. Altri elementi concorrono ancora ad attestarla: l’essere colmo di nodi indicanti la fioritura, l’essere rimasto per secoli privo di tarli e l’impossibilità di distinguere la tipologia del legno, nonostante sia stato sottoposto più volte al vaglio di esperti.

Arrivato a Napoli nel 1712 (con atto notarile rogato in inglese a Londra) come dono al celebre evirato, il cantante lirico Giuseppe Grimaldi detto Nicolino, ammiratissimo sui palcoscenici internazionali, fu riconosciuto autentica reliquia il 14 marzo 1714, presso la Curia Arcivescovile di Napoli con un decreto del Vicario Generale, Mons. Nicola Rota.

In cima, il bastone presenta un sigillo in ceralacca rossa con uno stemma vescovile ma anche un’incisione raffigurante una croce con alcuni uccelli nei quattro vacui di essa, con un triangolo intorno. L’incisione fu riconosciuta da Mons. Rota quale insegna dei Carmelitani, come indicato anche nel precedente atto notarile del 1712 esaminato presso la Curia e accluso al bastone per la perizia effettuata da Mons. Rota.

Nell’atto notarile si indicava la provenienza originaria del bastone (Inghilterra) nonché gli autori dell’incisione posta nella parte superiore della reliquia: si dichiarava che fino ai primi anni del secolo XIV «la santa reliquia del Bastone di San Giuseppe si conservava ed era esposta alla pubblica venerazione nella venerabile chiesa del convento dei Padri Carmelitani della Contea di Sussex e questi sulla cima del suddetto bastone si fecero scolpire le insegne della loro religione».

A partire dal 1714 il bastone fu esposto pubblicamente nella casa del cantore alla Riviera di Chiaia. «Il concorso di popolo era considerevole; anche i membri della famiglia del Viceré si recavano presso la casa del Grimaldi per venerare la Reliquia. Tra musiche e grandi apparati scenografici allestiti in occasione della festa di san Giuseppe, quando la folla si accalcava per toccare l’oggetto di devozione, non pochi fedeli, al momento di baciare il bastone, provavano a staccare dei frammenti per portarli con sé e venerarli come minuscole reliquie. Il cantante provvide allora a porre accanto al bastone un maggiordomo perché vegliasse su di esso; le sollecitazioni del custode a non danneggiare la sacra reliquia, a non sfregarla, pronunciate con marcato accento veneto, diedero vita al colorito detto napoletano: non sfruculiare la mazzarella di san Giuseppe».

Il 17 gennaio del 1795, alla presenza del sostituto del Re, il Principe di Scilla, con solenne processione e festa durata otto giorni, il bastone, per volontà degli eredi della famiglia Fago, imparentati con Nicolino Grimaldi, fu donato alla Reale Arciconfraternita e trasferito definitivamente presso la chiesa di San Giuseppe dei Nudi.

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