Podcast 2-28 – Jacques Maritain, l’umanesimo integrale e la formazione costantiniana
Dopo i podcast sul documento conciliare religiosa Dignitatis humanae, la Dichiarazione sulla libertà [QUI e QUI], in questo mio contributo vorrei proporre spunti di riflessione su due figure che giganteggiano nell’universo personologico del XIX secolo: i Maritain, Jacques e Raïssa.
Jacques Maritain nacque a Parigi nel 1882, in una famiglia protestante. Si laureò in filosofia e poi in scienze naturali nell’Università della Sorbona. Qui incontrò Raïssa Oumançoff, immigrata Russa di origine ebraica, che diventerà sua moglie. Fu l’inizio di un profondo sodalizio spirituale e intellettuale tra i due, mosso da una comune sete di verità, che non riusciva a trovare risposta nelle lezioni universitarie imbevute di un relativismo scettico, capace di indurre una disperazione totale.
Sarà il filosofo Henri Bergson a strappare Raïssa e Jacques dalle angosce del dubbio e della alienazione che li aveva portati alle soglie del suicidio. Bergson in quegli anni (1901-1902) insegnava filosofia al Collège de France. Ed è lì che il fraterno amico dei Maritain, Charles de Péguy, scrittore e poeta francese, consacratosi al socialismo e successivamente tornato alla fede Cristiana, li portò ad ascoltare le sue affollatissime lezioni. I due ne rimasero affascinati. Tuttavia divennero ben presto consapevoli della debole fondazione filosofica del pensiero bergsoniano e cominciarono a preoccuparsi dalle conseguenze che ne potevano derivare.
Nel 1904 si sposarono, mentre Jacques stava ancora completando gli studi. Il 25 giugno 1905, i coniugi Maritain incontrarono lo scrittore Cattolico Léon Bloy. Da quell’incontro “cominciò il loro cammino verso il Battesimo”. Durante una lunga convalescenza di Raïssa, il domenicano Humbert Clérissac, consigliere spirituale dei Maritain, la invitò a leggere la Summa theologiae di Tommaso d’Aquino. L’entusiasmo nella lettura contagiò il marito, che vide in Tommaso la conferma di molte sue idee. I due “compresero che si può giungere all’Assoluto non solo con la fede, ma anche con l’intelletto e l’uso corretto della ragione”. La scoperta della filosofia di Tommaso mise in crisi la fedeltà dei Maritain a Bergson, ma non cancellò l’influenza profonda del primo maestro di spiritualismo.
Il tomismo, secondo Maritain, è una filosofia progressiva, capace di inglobare nel suo cammino tutte le verità che implicitamente sono presenti nei diversi sistemi filosofici, che si succedono nella storia della cultura e della società. È ciò che emerge dalla raccolta antologica Ragione e ragioni, una serie di testi che coprono tutto l’arco della ricerca filosofica maritainiana, dalla metafisica alla morale, dall’estetica alla politica, dalla teologia alla filosofia della storia. “Deciso di fare della filosofia di Aristotele e di Tommaso il centro del suo insegnamento”.
Nel 1912 Jacques Maritain iniziò la propria attività di docente, prima al Collegio Stanislao, poi all’Istituto cattolico di Parigi e al piccolo seminario di Versailles.
Dal 1922 al 1939 la casa dei Maritain a Meudon divenne luogo di incontri culturali di filosofi, teologi, scrittori, poeti, durante fine-settimane di studio attorno ad un tema. Nel 1936 Maritain pubblicherà la sua opera più famosa, Umanesimo integrale, il frutto più maturo di questo periodo di grande fermento intellettuale, che susciterà immediate polemiche, ma che sarà poi il fondamento su cui si reggerà l’impianto del Concilio Vaticano II, che reca indiscutibilmente il segno dell’umanesimo integrale di Maritain. Il discorso qui iniziato sulla la possibilità di una società liberale e democratica, cristianamente ispirata, proseguirà in Cristianesimo e Democrazia come un “pensare la politica” prima di “fare politica”.
Tra il 1935 e il 1937 Jacques Maritain prese posizione contro l’invasione dell’Etiopia, il bombardamento di Guernica, la guerra di Spagna. A causa del nazismo, i Maritain si trasferirono negli Stati Uniti (1940-44) e a New York Jacques insegnò nelle università di Princeton e della Columbia, tenendo conferenze in numerose città americane.
Nel 1953 si ritrovò al centro di una polemica dopo la pubblicazione dell’edizione italiana di L’uomo e lo Stato, in cui, diversamente dalle opere precedenti, insisteva su un concetto più laico di democrazia come razionalizzazione etica della vita sociale. Oggi L’uomo e lo stato è considerato il suo capolavoro di filosofia politica.
Nel 1960 Raïssa morì e Jacques si ritirò a Tolosa presso la Comunità dei Piccoli Fratelli di Gesù, dove rimarrà fino alla morte nel 1973.
Perché rileggerlo oggi? Jacques Maritain era convinto del fatto che, se l’Umanesimo dell’Incarnazione deve ispirare il processo di civilizzazione, questo richiede necessariamente grande eroismo e coraggiose iniziative da parte dei Cristiani. Molti degli aspetti di questo pensiero che anticipava i tempi divennero più tardi di dominio comune, quali la partecipazione attiva di tutti alla vita socio-politica; il senso acuto della giustizia in un mondo di vergognose sperequazioni; la solidarietà con i poveri, con gli emarginati, con i piccoli di questo mondo; la reintegrazione delle masse.
Egli era l’uomo del dialogo. Senza compromessi quando la verità era in causa, non fu mai partigiano nella difesa delle proprie idee, specialmente se esse erano opinabili. In questo senso, egli ha lanciato una sfida che merita di essere accolta da chiunque intenda essere leale servitore di una verità che non è sua, perché lo trascende. Verità da scoprire in una ricerca che è, al tempo stesso, impegno di indagine seria dal punto di vista scientifico, e apertura al superiore apporto della Rivelazione, davanti alla quale ci si deve porre in atteggiamento di fede e di amore. In ciò Maritain è stato un maestro in accordo col grande progetto del Magistero della Chiesa per l’era contemporanea: tutto rivivificare e rinnovare in Cristo, avvicinando la fede alla cultura e la cultura alla fede.
L’impegno poliedrico di Maritain non si limita alla filosofia, all’arte, alla politica, alla religione, all’antropologia, ma spazia anche in un contesto che – come Referente per la Formazione della Delegazione di Roma e Città del Vaticano e Coordinatore del Servizio Podcast dell’Ufficio Stampa della Real Commissione per l’Italia – considero particolarmente importante per la preparazione permanente dei Membri del nostro Ordine: l’educazione nella più ampia accezione del termine che comprende, appunto, anche la formazione.
Il mondo Cattolico aveva guardato con sospetto alle innovazioni dell’attivismo pedagogico della fine del XIX secolo. La convinzione era che la scuola nuova mettesse in discussione l’educazione Cristiana. La principale obiezione mossa consiste nel rilievo che l’uomo non è solo natura istintiva e sensibile, ma anche spirituale e razionale e che il suo destino non è solo di ordine sociale, ma anche personale e religioso. Per questo la vera scuola attiva è quella che considera tutto l’uomo, inclusi gli aspetti spirituali e religiosi, ed è perciò quella ispirata all’umanesimo Cristiano, il solo in grado di indicare il senso all’esperienza umana. Invece, la nuova scuola proposta appare ottimistica, ma in realtà è profondamente pessimistica circa la possibilità di un’educazione che oltrepassi la semplice meccanicità di interessi e bisogni e per questo antitetica alla scuola Cattolica tradizionale che richiama l’allievo all’amore per il sapere, quale mezzo per raggiungere fini spirituali più alti.
Noi formiamo, cioè educhiamo, la nostra intelligenza esercitandola a conoscere ciò che è, a sottomettersi alla verità, sia questa naturale o soprannaturale.
Per comprendere la temperie culturale in cui si muove la reazione Cattolica all’attivismo, occorre tenere presente l’Enciclica Divini illius magistri di Papa Pio XI (1929), nella quale si afferma che poiché nell’uomo permangono gli effetti del peccato originale “particolarmente l’indebolimento della volontà e le tendenze disordinate”, sin dalla più tenera infanzia si deve illuminare l’intelletto e fortificare la volontà con le verità soprannaturali e i mezzi della grazia. “Poiché l’insegnamento, come ogni altra azione umana, è in relazione necessaria con il fine ultimo dell’uomo, l’educazione non può sottrarsi alle norme della legge divina”.
Alla luce di queste tesi, i filosofi Cattolici oppongono al “naturalismo” dell’attivismo laico, la visione educativa di Tommaso d’Aquino, per il quale le qualità “in potenza” dell’allievo sono attualizzate dal maestro che possiede l’intera scienza a cui deve avviare il discepolo. La cultura moderna è permeata dalla logica della separazione e della parzialità: Lutero separa la teologia dalla filosofia; Machiavelli la politica dalla morale; Cartesio, una volta introdotto il dubbio, trova la sola certezza dell’io, e separa la res cogitans dalla res extensa, il pensiero dalla natura; Rousseau, viceversa, oppone la spontaneità naturale al primato della ragione, della cultura e della società.
L’idealismo assolutizza l’Io, fino ad identificarlo con tutta la realtà; il positivismo con le sue pretese scientiste, all’opposto, riconduce tutta la realtà alla sola natura, mentre la metafisica si eclissa, e con essa la teologia e la trascendenza di Dio.
Se la modernità ha frantumato l’immagine dell’uomo, per uscire dalla crisi della modernità occorre ancorarsi all’ultimo grande sistema di pensiero organico costituito dal tomismo come punto di riferimento per ritrovare i fondamenti dell’etica, della politica e dell’educazione. Il recupero della metafisica e della teologia è dunque condizione del recupero del valore della persona e, dunque, della rifondazione di un ordine sociale modellato sulla dignità dell’uomo.
Per Maritain, dunque, l’educazione contemporanea è parziale, perché ha smarrito il senso dell’integralità umana. Il filosofo individua al riguardo, infatti, sette errori:
il disconoscimento dei fini
la falsificazione dei fini
la sostituzione di un’idea materialistica dell’uomo all’idea di persona
il pragmatismo (l’azione è valutata di per sé)
il sociologismo (la persona è concepita in funzione della società)
l’intellettualismo (all’educazione integrale della persona se ne contrappone una specialistica)
il volontarismo
Occorre invece una pedagogia nuova che sappia ispirarsi a un nuovo umanesimo che superi l’antropocentrismo dell’homo faber a favore di un umanesimo teocentrico nel quale il riferimento a Dio non comporta annullamento, ma realizzazione dell’uomo. L’educazione che si lega a questa visione deve sviluppare il senso di responsabilità e degli umani doveri, l’esercizio dell’autorità per il bene generale, il rispetto dell’umanità in ogni singola persona. L’educazione morale si pone così in antitesi all’agnosticismo educativo, e ogni Stato ha il dovere di educare i suoi cittadini ai valori su cui si regge, filtrati attraverso la diversità specifica di comunità e fedi che lo costituiscono.
Il fine primario dell’educazione è determinato dalla natura umana: Che cosa è l’uomo? La domanda ha due implicazioni: una filosofica o “ontologica”, riguardante la natura umana considerata nel suo essere essenziale, l’altra scientifica o “fenomenologica”, riguardante la natura umana considerata nei suoi caratteri fenomenici. Queste due implicazioni non sono incompatibili, ma si completano reciprocamente.
Quanto alla dimensione “naturale”, la scienza non può fornirci, in materia di educazione, né i fondamenti primi né gli orientamenti primi: questo perché l’educazione ha bisogno di conoscere, prima di tutto, che cosa l’uomo è, quali sono i principi costitutivi del suo essere, qual è il suo posto e il suo valore nel mondo, qual è il suo destino. Queste cose riguardano la conoscenza filosofica dell’uomo, inclusi i dati relativi alla sua condizione esistenziale.
L’idea tomista dell’uomo coincide con l’idea greca, ebraica e cristiana: è quella di un uomo come animale dotato di ragione, la cui suprema dignità consiste nell’intelligenza; di un uomo come libero individuo in relazione personale con Dio, la cui suprema virtù consiste nell’obbedire volontariamente alla legge di Dio; di un uomo come creatura peccatrice e ferita, chiamata alla vita divina e alla liberazione apportata dalla grazia, la cui suprema perfezione consiste nell’amore.
Maritain fa propria l’idea tomista dell’uomo. L’umanesimo integrale è tale se non si ferma all’umanesimo classico, ma se integra quest’ultimo con le acquisizioni del pensiero ebraico e cristiano. Nello stesso tempo, la filosofia tomista insiste sulla profonda unità psicofisica dell’essere umano, ed insiste sulla nozione di personalità umana.
L’uomo è infine una persona, che si possiede da se stessa con la propria intelligenza e la propria volontà e non esiste semplicemente come essere di natura. Egli ha in sé un’esistenza più ricca e più nobile: la sovraesistenza spirituale di conoscenza e di amore. Mediante l’amore, può liberamente donare se stesso agli esseri, che sono per lui in qualche modo degli altri se stesso. E queste specie di relazioni non hanno un equivalente nel mondo della natura. L’uomo si evolve nella storia, tuttavia la sua natura come tale, il suo posto e il suo valore nel cosmo, la sua dignità, i suoi diritti, le sue aspirazioni come persona e il suo destino davanti a Dio non cambiano.
Di conseguenza, i fini secondari dell’educazione devono adattarsi alle condizioni mutevoli delle epoche storiche, ma per ciò che concerne il fine primario e l’intrinseca azione regolatrice da esso esercitata sui fini secondari, è una pura illusione parlare di una continua revisione dei fini dell’educazione [J. Maritain, L’educazione della persona, 1959].
Dalla semplice lettura di questa brevissima sintesi del pensiero maritainiano soprattutto concernente il campo della educazione e della formazione, emerge come uno dei compiti più rilevanti in un Ordine come il nostro, votato alla spiritualità non meno che alla carità operosa, sia quello di formare permanentemente i suoi Membri ad un umanesimo integrale, così come inteso dal Maritain, per affrontare, armati con le armi della fede, ma, contemporaneamente, con quelle della ragione, come voleva Tommaso d’Aquino, le sfide che, sempre nuove, si affacciano alla ribalta del nostro Mondo.
Voglia Maria, la tutta Santa Theotokos, Sede della Sapienza, ispirarci ed aiutarci nel nostro combattimento, noi che la veneriamo come Regina delle Vittorie, Nostra Signora di Pompei.
Seguirà mercoledì 18 dicembre 2024 un ulteriore podcast, dal tema Il pensiero “moderno” di Maritain alla luce della crisi delle democrazie: il ruolo della persona [QUI].
Indice dei Podcast pubblicati [QUI]

Foto di copertina: dettaglio di Geremia, pannello che fa parte del Trittico dell’Annunciazione, un’opera, tecnica mista su tavola, attribuita a Barthélemy d’Eyck o, più prudentemente, al Maestro dell’Annunciazione di Aix-en-Provence. È databile al 1443-1445 e proviene dalla Cattedrale di San Salvatore di Aix-en-Provence, mentre oggi è smembrato in più musei: il pannello centrale dell’Annunciazione si trova ad Aix-en-Provence nella chiesa della Maddalena; il pannello sinistro col profeta Isaia è diviso in due parti, il profeta al Museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, mentre la parte alta con uno scaffale pieno di libri ed oggetti vari è conservata al Rijksmuseum di Amsterdam; lo scomparto destro con il profeta Geremia è infine al Museo Reale delle Belle Arti del Belgio di Brussel. Sul rovescio degli scomparti laterali è dipinto un Noli me tangere.