La commemorazione a Messina dell’ultima Regina delle Due Sicilie nel Centenario della scomparsa

Domenica 19 gennaio 2025, nel Centenario della scomparsa di S.M. Maria Sofia von Wittelsbach, ultima Regina consorte del Regno delle Due Sicilie, avvenuta a Monaco di Baviera il 19 gennaio 1925, la Delegazione della Sicilia Orientale del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio ha svolto una commemorazione presso la chiesa di San Giuseppe al Palazzo in via Cesare Battisti 109 a Messina. Le sue spoglie, insieme con quelle del marito S.M. Francesco II di Borbone e della figlia Maria Cristina, riposano nella Cappella Reale dei Borbone presso la Real Basilica di Santa Chiara in Napoli. Maria Sofia fu Regina consorte delle Due Sicilie per meno di due anni, fino alla capitolazione di Gaeta del 13 febbraio 1861. Divenne un mito come la regina-soldato e il simbolo stesso della resistenza del Regno delle Due Sicilie durante il lungo assedio piemontese della piazzaforte di Gaeta, dove si espose costantemente al fuoco nemico e assistette di persona i feriti.
Bandiera SMOC e ritratto Maria Sofia

Alle ore 17.30 Mons. Santi Musico’, Cappellano di Merito con Placca d’Argento, ha presieduto la solenne Celebrazione Eucaristica, accompagnata all’organo dal Maestro Mario Casablanca.

La Prima Lettura [Isaia 62,1-5 – Gioirà lo sposo per la sposa] è stata recitata da Francesca Rizzuti, Dama di Merito. Il Salmo Responsoriale [Salmo 96 (95) – Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore] è stato recitato da Donatella Romeo, Dama di Merito. La Seconda Lettura [Cor 12,4-11 – L’unico e medesimo Spirito distribuisce a ciascuno come vuole] è stata recitata da Attilio Borda Bossana, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento. Il Vangelo [Gv 2,1-11 – Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù] è stato proclamato da Mons. Santi Musico’, Cappellano di Merito con Placca d’Argento. La Preghiera dei fedeli [Signore rendici vino nuovo’ – Un invito a meditare che il Signore non si accontenta di un’adesione formale al Suo messaggio di salvezza, ma che pretende una radicalità dell’essere Cristiani: li vuole trasformare in vino nuovo] è stata recitata da Giovanni Picone, Cavaliere di Merito.

Foto di gruppo

La rappresentanza di Cavalieri, Dame, Postulanti ed amici della Delegazione della Sicilie Orientale, è stata guidata dal Delegato, il Nob. Ferdinando Testoni Blasco, Cavaliere Gran Croce di Giustizia, con il Vice Delegato, il Nob. Gian Francesco Galletti, Barone di Santa Rosalia e Cancimino, Cavaliere di Giustizia, e il Segretario Generale, Michele Lauro, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento.

Inoltre, ha partecipato una rappresentanza dell’Arciconfraternita di San Basilio degli Azzurri e della Pace dei Bianchi guidata dal Governatore, il Barone Arturo Nesci di Sant’Agata.

Al termine del Sacro Rito, il Nob. Ferdinando Testoni Blasco, Cavaliere Gran Croce di Giustizia, ha recitato la Preghiera del Cavaliere Costantiniano e il Barone Arturo Nesci di Sant’Agata ha illustrato la figura di S.M. Sofia Amalia von Wittelsbach, ultima Regina delle Due Sicilie.

  • S.M. Maria Sofia Amalia von Wittelsbach, ultima Regina delle Due Sicilie [QUI]

II Domenica del Tempo Ordinario
Questo, a Cana di Galilea,
fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù

In queste ultime tre domeniche, attraverso i brani evangelici, sono stati rivisitato i tre eventi definitivi della manifestazione del Signore: l’adorazione dei Magi, il Battesimo al Giordano, il miracolo dell’acqua mutata in vino. Questi momenti segnano l’inizio della progressiva rivelazione del Signore, che esce dall’anonimato della vita nascosta e si incammina risoluto, con la forza dello Spirito, ad annunciare ai poveri un lieto messaggio.

Mentre il Vangelo porta all’alleanza, l’antica promessa da Dio, attuata da Cristo, espressa nel segno del vino nuovo a Cana, nella Prima Lettura il profeta contempla le meraviglie che il Signore compie per il popolo rientrato dall’esilio. “Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata mio compiacimento e la tua terra Sposata”. Dio stringe alleanza con il suo popolo e lega a sé la nazione d’Israele come uno sposo con la sua sposa.

Il Salmo Responsoriale è un invito chiaro, quasi un comando ad alzare lo sguardo verso il cielo ed elevare una preghiera corale a Dio, ad un’unica voce, a riconoscere la sua presenza nel mondo che ci circonda, a lodarlo per le meraviglie del creato e per la vita che è il dono più grande. Lui invita a guardare con occhi nuovi fuori, con lo stupore riconoscente di chi intravede nel cielo stellato, nel campo fiorito, nelle vette innevate, nel volto dell’amico, nel profondo del proprio cuore, un segno della sua bellezza. Una consapevolezza che fa tremare, ma non di paura, di gioia. Nelle parole del Salmo è indicata la strada da percorrere: un’inversione di marcia per chi ha escluso Dio dal proprio orizzonte e un invito a rimettere Dio al di sopra di tutto, glorificandolo con la propria vita. Un invito a fare unità: il desiderio di Dio è che prende per mano l’uno con l’altro come fratelli, per insieme ritornare a Lui.

Nel brano della Seconda Lettura, San Paolo scrive a una comunità che gli causò lacrime, viaggi molteplici, insegnamenti a più riprese, ma è entusiasta dei doni dello Spirito, soprattutto della glossolalia, cioè il dono di esprimersi in lingue incomprensibili, ispirazioni date dallo Spirito, un Dono che per i Corinti era il primo, ma non per Paolo. In questa lettera Paolo svolge il discorso sui carismi, un discorso molto importante per comprendere la sua concezione della Chiesa. Ma, come sempre, il discorso ecclesiologico discende da una precisa concezione di Dio e di Cristo. Tutti questi doni dunque provengono dalla medesima fonte, lo Spirito di Dio, il quale liberamente e sovranamente li elargisce a ciascuno come meglio crede. È quindi escluso qualsiasi privilegio, qualsiasi merito che renda qualcuno superiore agli altri. Una tessera da sola non è mosaica così anche i carismi dello Spirito sono indirizzati a creare comunione.

Le nozze a Cana di Galilea furono l’inizio dei segni compiuti da Gesù, che portano all’alleanza, l’antica promessa di Dio ed ora attuata da Cristo, espressa nel segno del vino nuovo a Cana. Oltre il miracolo, un segno ancora più forte: Cristo anticipa il suo dono sulla Croce.

Il primo dei miracoli di Gesù, che l’evangelista Giovanni chiama “segni”, perché Gesù non li fece per suscitare meraviglia, ma per rivelare l’amore del Padre. Il primo di questi segni prodigiosi si compie a Cana di Galilea. Si tratta di una sorta di “portale d’ingresso”, in cui sono scolpite parole ed espressioni che illuminano l’intero mistero di Cristo e aprono il cuore dei discepoli alla fede.

Nell’introduzione si trova l’espressione «Gesù con i suoi discepoli». Coloro che Gesù ha chiamato a seguirlo li ha legati a sé in una comunità e ora, come un’unica famiglia, sono invitati tutti alle nozze. Dando avvio al suo ministero pubblico nelle nozze di Cana, Gesù si manifesta come lo sposo del popolo di Dio, annunciato dai profeti, e ci rivela la profondità della relazione che ci unisce a Lui: è una nuova Alleanza di amore. La vita cristiana è la risposta a questo amore, è come la storia di due innamorati. Dio e l’uomo si incontrano, si cercano, si trovano, si celebrano e si amano: proprio come l’amato e l’amata nel Cantico dei Cantici. Tutto il resto viene come conseguenza di questa relazione. La Chiesa è la famiglia di Gesù in cui si riversa il suo amore; è questo amore che la Chiesa custodisce e vuole donare a tutti. Nel contesto dell’Alleanza si comprende anche l’osservazione della Madonna: «Non hanno vino». Come è possibile celebrare le nozze e fare festa se manca quello che i profeti indicavano come un elemento tipico del banchetto messianico? L’acqua è necessaria per vivere, ma il vino esprime l’abbondanza del banchetto e la gioia della festa. È una festa di nozze nella quale manca il vino; i novelli sposi provano vergogna di questo. Il vino è necessario per la festa. Trasformando in vino l’acqua delle anfore (di pietra) utilizzate «per la purificazione rituale dei Giudei», Gesù compie un segno eloquente: trasforma la Legge di Mosè in Vangelo, portatore di gioia. Come dice altrove lo stesso Giovanni: «La Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo». Le parole che Maria rivolge ai servitori vengono a coronare il quadro sponsale di Cana: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela», sono le ultime sue parole riportate dai Vangeli: sono la sua eredità che consegna a tutti noi. Anche oggi la Madonna dice a noi tutti: «Qualsiasi cosa Gesù vi dica, fatela». Si tratta di un’espressione che richiama la formula di fede utilizzata dal popolo di Israele al Sinai in risposta alle promesse dell’alleanza: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!» E in effetti a Cana i servitori ubbidiscono. Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore». E le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. In queste nozze, davvero viene stipulata una Nuova Alleanza e ai servitori del Signore, cioè a tutta la Chiesa, è affidata la nuova missione: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela!». Servire il Signore significa ascoltare e mettere in pratica la sua Parola. É la raccomandazione semplice ma essenziale della Madre di Gesù ed è il programma di vita del cristiano. Per ognuno di noi, attingere dall’anfora equivale ad affidarsi alla Parola di Dio per sperimentare la sua efficacia nella vita. La conclusione del racconto suona come una sentenza: «Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui».

Le nozze di Cana sono molto più che il semplice racconto del primo miracolo di Gesù. Come uno scrigno, Egli custodisce il segreto della sua persona e lo scopo della sua venuta: l’atteso Sposo dà avvio alle nozze che si compiono nel Mistero pasquale. In queste nozze Gesù lega a sé i suoi discepoli con una Alleanza nuova e definitiva. A Cana i discepoli di Gesù diventano la sua famiglia e a Cana nasce la fede della Chiesa. A quelle nozze tutti sono invitati, perché il vino nuovo non viene più a mancare.

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