La Delegazione Sicilia Occidentale presenta il libro “Palermo Dominante”

La Delegazione della Sicilia Occidentale del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio ha svolto domenica 29 giugno 2025, solennità dei Santi Pietro e Paolo apostoli, nella suggestiva cornice della chiesa di San Giorgio dei Genovesi in Palermo, l’evento conclusivo delle attività dell’anno 2024-2025, con la presentazione del libro Palermo Dominante. Il soggiorno dei Borbone alla Favorita e a Boccadifalco (1798-1820). L’incontro storico-culturale è iniziato con una toccante preghiera in onore del Gran Maestro, S.A.R. il Principe Don Pedro di Borbone delle Due Sicilie e Orléans, Duca di Calabria, Conte di Caserta, Capo della Real Casa delle Due Sicilie, in occasione del suo onomastico, un momento di riflessione e di rispetto per la tradizione nobiliare. L’evento si è concluso con le parole del Delegato per la Sicilia Occidentale, il Nob. Prof. Avv. Salvatore Bordonali, Cavaliere Gran Croce di Giustizia, che ha espresso il suo apprezzamento per l'opera e per l'importanza di queste iniziative della Delegazione, che promuovono la storia e le tradizioni della terra sicula.
Copertina libro

La presentazione del libro Palermo Dominante. Il soggiorno dei Borbone alla Favorita e a Boccadifalco (1798–1820) (40due Editore 2024, 368 pagine [QUI]) del Prof. Francesco Lo Piccolo, ha visto la presenza, oltre dello stesso autore, dell’illustre Arch. Ing. Giacomo Fanale, Cavaliere di Merito, che hanno condiviso con i partecipanti le tematiche e le ispirazioni che hanno guidato la scrittura dell’opera presentata.

Ferdinando di Borbone fugge a Palermo con la sua corte nel 1798 protetto dagli Inglesi. Ha perduto Napoli, le sue ricchezze, un figlio nella traversata. Eppure non si perde d’animo e appena arrivato si dedica alle sue passioni preferite: la fondazione di riserve dove poter esercitare la caccia, gli allevamenti e la pesca. Nella “Palermo dominante”, Ferdinando e suo figlio, il Principe ereditario Francesco, vollero riserve separate, una ai Colli e l’altra a Boccadifalco perché l’uno prediligeva la caccia e l’altro la sperimentazione agricola. Qui introdussero attrezzi e tecniche agricole già in gran parte sperimentate a Napoli ma nuove per l’Isola, una produzione casearia che la Sicilia non conosceva, nuove razze per la caccia e l’allevamento, piante esotiche e rare oggetto di studio e altre alla base di una futura produzione su scala. Questo libro racconta, con dovizia di particolari, frutto di ricerche d’archivio, la storia di queste riserve quando ci vivevano i Borbone. La novità di questo volume consiste nell’indagine venatoria e botanica, nella storia delle tenute aggregate, nella ricostruzione della vita quotidiana che si conduceva alla Favorita e a Boccadifalco.

Durante l’incontro, il Cav. Giacomo Fanale ha arricchito la discussione con approfondimenti storici e aneddoti, rendendo l’incontro particolarmente coinvolgente con il suo intervento, di cui riportiamo di seguito il testo.

A seguire, il Prof. Francesco Lo Piccolo ha presentato con passione il suo libro, sottolineando l’importanza della storia e della cultura palermitana, elementi fondamentali per comprendere l’identità della Città e di una famiglia che è stata incisiva nelle sue dinamiche economiche creando attività economiche che hanno reso per un decennio Palermo più florida. Già docente a contratto di Archivistica, Bibliografia e Biblioteconomia presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Palermo, l’autore è un libero ricercatore che pubblica studi e documenti su Palermo e il suo territorio con riferimento alla storia ecclesiastica, all’urbanistica, alla topografia, agli archivi storici e all’araldica e genealogia della sua Città.

Il giovane artista di talento, Mattia Ciro Milo Mattia – che recentemente ha esposto le sue opere nella mostra Con gli occhi dell’anima guardando al futuro organizzata a Bagheria a Villa San Cataldo e dal 5 luglio 2025 partecipa alla mostra biennale BIST 2025 presso il Palazzo Reale della Ficuzza, preziosa dimora borbonica – nel corso dell’evento ha donato al Delegato un pregevole dipinto, un tondo su tela con tecnica acrilico e olio raffigurante l’insegno dell’Ordine Costantiniano.

La relazione del Cav. Giacomo Fanale
I Borbone a Palermo
Le tenute reali
La Casina Cinese
e la Tenuta di Boccadifalco

La presenza di S.M. Ferdinando III di Sicilia e IV di Napoli, a Palermo, una prima volta a causa della proclamata Repubblica Napoletana, dal 26 dicembre 1798 al 1802, e successivamente dal 1806 al 1816, a seguito dell’occupazione napoleonica, rappresentò per il Regno di Sicilia un ventennio circa di ritrovata grandezza dopo anni di vice reggenza, e di marginalità in cui era decaduto.

Ferdinando III di Borbone, ultimo Re di Sicilia, non fu mai incoronato ufficialmente, come i precedenti Sovrani del Regno di Sicilia, nella cattedrale di Palermo, in quanto salito al trono all’età di soli otto anni, succeduto al padre Carlo III di Borbone, che si ritrovò a ricoprire il trono di Spagna.

Ferdinando III, non aveva mai messo piede sull’isola, così come tutti i membri della famiglia reale, i quali si ritrovarono catapultati in una realtà del tutto sconosciuta, dopo la fuga repentina da Napoli caduta in mano ai ribelli, la Notte di Natale del 1798, e stravolti dalla traversata burrascosa sui vascelli inglesi dell’Ammiraglio Nelson. La fuga rocambolesca, fu tragicamente segnata anche dalla morte del principino Carlo Alberto di soli sei anni, e si concluse il 26 dicembre con lo sbarco dei Reali, e della Corte a Palermo, con grande giubilo della popolazione per avere dopo tanti anni, ancora la presenza del Re e della Corte nella Capitale del Regno di Sicilia.

Se per un verso l’accoglienza fu di grande giubilo ed espressa in modo esaltante, sia dal popolo che dalla nobiltà isolana, questa non ebbe un eguale riscontro d’entusiasmo nei Sovrani, che a malincuore accettarono la nuova condizione, e sempre con il malcelato desiderio di riconquista dei territori perduti. A manifestare tale disagio con più animosità, fu Maria Carolina, la Regina che non nascose mai la sua avversione a questa nuova condizione, anche subalterna al Parlamento siciliano, che ne limitava il potere assoluto della monarchia, vantando prerogative e privilegi. Diversamente, il Sovrano meglio si adattò alla nuova condizione, e alla rinuncia dei territori intra faro, manifestando subito interesse a ricomporre nella nuova situazione in cui si ritrovava, gli interessi e le prerogative del suo stato, in particolare quello di ritrovare e celebrare la sua passione per la caccia, ritenuto privilegio regale per eccellenza. La ricomposizione del patrimonio della Corona nelle nuove condizioni, fu uno degli obiettivi primari che vide il Sovrano particolarmente impegnato.

Affascinato da una casina la cui architettura esotica così “moderna”, ispirata al gusto per le cineserie, di cui aveva memoria per averle apprezzate già a Napoli, ritenuta così originale, e dai più alquanto stravagante nella sua architettura di ispirazione cinese. La casina posta in posizione dominante sulla piana dei Colli, e in prossimità del pendio di monte Pellegrino e del pantano di Mondello, fu ritenuta dal Sovrano luogo idoneo alla realizzazione di una tenuta di caccia, manifestò quindi il desiderio di acquisirla. Il luogo su cui insisteva la costruzione venne del tutto stravolto da rilevanti opere di sistemazioni del territorio e dalla realizzazione di viali e fontane, con un’ampia piantumazione sotto la direzione di esperti agronomi, tale da adeguarla rapidamente alle esigenze e alle caratteristiche di una tenuta di caccia, ampliandone i confini con l’acquisizione dei territori limitrofi.

Per la gestione della nuova tenuta, furono richiamati da Napoli, sia il personale dedito alla gestione, che quello dedito al ripopolamento e mantenimento della selvaggina, all’allevamento delle mandrie, come quelli necessari all’allevamento dei cavalli importati da Carditello, e delle pecore Merinos, come della piantumazione di nuove specie albore e sementi. Furono introdotti metodi e strumenti di coltivazioni ancora sconosciuti in Sicilia, e di produzione e lavorazione anche casearia dei prodotti derivanti dalle molteplici attività agricole e di allevamento attive nella tenuta.

Anche il Principe ereditario Francesco, la cui passione e attitudine per la sperimentazione agricola era condivisa con il padre, si delizio nella pratica dell’allevamento e dell’agricoltura, dando vita alla tenuta da lui creata a Boccadifalco, appena prossima alla Città. In questo contado, su indicazione del Principe fu impiantato un orto botanico, in cui si sperimentarono e si impiantarono nuove specie di piante. La diffusione e l’impianto di agrumeti su vasta scala, in particolare del mandarino, che ancora oggi è la produzione agrumaria più diffusa della Conca d’Oro, la si deve proprio ai Borbone, e in particolare al Duca d’Orléans che per primo aveva importato e piantumato tale varietà di agrume nel parco di Palazzo d’Orléans.

La premessa introduce alla presentazione del volume che il Professore Francesco Lo Piccolo, con dovizia di particolari inediti, racconta degli interessi, delle attività e la vita dei Sovrani borbonici a Palermo durante il loro forzato soggiorno nei primi decenni dell’800”.

La narrazione ben corredata da documentazione storica, reperita da una approfondita attività di ricerca archivistica sia a Napoli che a Palermo, mette in evidenza aspetti singolari ed umani delle figure dei Reali, in particolare quando estratti dai diari e dalle raccolte epistolari tra i componenti della famiglia reale, in particolare delle missive del Sovrano e della Regina, in cui emergono gli aspetti umani e relazionali prettamente legati alla vita privata, agli interessi, e alla gestone delle tenute reali.

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