Riflessioni sulle letture festive – Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria

È stato pubblicato sul canale Speaker dell’Ufficio Stampa della Real Commissione per l’Italia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio il podcast con la meditazione per la solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, a cura di cura del Referente per la Formazione della Delegazione di Roma e Città del Vaticano, il Prof. Enzo Cantarano, Cavaliere di Merito con Placca d'Argento, di cui riportiamo di seguito l’audio e il testo. L’8 dicembre la Chiesa celebra la solennità dell'Immacolata Concezione della Tutta Santa Maria, Madre di Dio, quest’anno nel 170° anniversario dalla proclamazione del dogma che definisce che la Madonna è stata preservata dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento. La liturgia oggi ci fa guardare l’uomo così come fu creato da Dio: prima del peccato originale. Deturpati dal peccato, oggi siamo invitati a riscoprire la nostra vera identità di esseri, creati ad immagine e somiglianza di Dio: veri capolavori. Solo in Maria Santissima Immacolata c’è la prova chiara di ciò che eravamo e cosa oggi siamo destinati ad essere, grazie all’opera salvatrice di Gesù. Noi oggi ci rivolgiamo fiduciosi a Maria: “Rivolgi a noi, Madre, i tuoi occhi misericordiosi”.
Immacolata Concesione

Podcast 2-29 – 8 dicembre 2024 – Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria

«Entrando da lei, [l’Arcangelo Gabriele] disse: “Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te”. (…) Maria disse: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”» (Cfr. Luca 1,26-38)

La figura di Maria, Madre di Dio, come “immagine e somiglianza” perfetta del Figlio-Dio, è un’immagine della nostra vocazione di uomini e di credenti.

Nel suo mistero si rende visibile in modo trasparente ciò che Dio vuole operare nella storia di ogni uomo per salvarlo e santificarlo. Lei è la radice di questa speranza e ce ne indica il frutto: il “credere” risolutivo è quello di “affidarsi” al progetto di umanità rivelato dal Creatore nell’esperienza umana del Figlio. Si tratta di tornare a credere che le proposte di Dio sono più belle, più gratificanti, capaci di offrirci molto di più di quanto ci offre il nostro istinto egoista e violento. Credere che c’è più gioia nell’affidarsi alla parola di Dio, che al fascino sottile del Maligno.

Maria è la donna che ha avuto, in modo eccezionale, unico, questo coraggio di affidarsi a Dio, di credere alla Sua parola. Per questa sua fede, nonostante i limiti della sua condizione, comunque umana, Lei non ha ceduto all’attrattiva illusoria del male.

La celebrazione della Immacolata Concezione di Maria, pur nella sua connotazione gioiosa e solenne, porta, come sottofondo, una nota di rammarico e di dolore perché, indirettamente, ma non meno drammaticamente, ci riporta alla coscienza  le nostre tante sordità “soffio del vento leggero” della voce di Dio (1Re 19,12), i suoi inviti rifiutati, le nostre risposte non date, il bisogno di verità ignorato, i nostri limiti di ogni giorno di fronte alla chiamata alla santità dei figli da parte del Padre.

Ma il rammarico, il dolore, la tristezza non sono i sentimenti che dovrebbe ispirarci questa solennità. Essa dovrebbe essere connotata da una profonda nostalgia, da una chiamata ad un ritorno alla vita vera di credenti, peccatori, sì, ma salvati e santificati. L’Immacolata deve diventare soprattutto la festa della nostra speranza.

La speranza Cristiana non è un vago ottimismo, ma una delle tre virtù teologali, che riguardano direttamente Dio, rendono l’uomo capace di vivere in relazione con Lui, strutturando, mediante la Grazia, l’agire morale e vivificando le virtù cardinali. È la certezza che a tutti è offerta la possibilità di essere fedeli al progetto di Dio, non nell’illusione e nel sogno, ma nella concretezza della nostra vita.

Se noi chiamiamo Maria Immacolata non lo facciamo per qualche privilegio concesso a lei che noi non abbiamo, ma perché in lei il consenso al progetto di Dio è stato pieno, così da renderla totalmente libera e da ogni condizionamento dell’umana natura e dell’ambiente. Il suo sì a Dio è stato un sì totale. Gesù stesso lo afferma in Luca 11,28, sua madre è beata, non per averlo generato ed allattato, ma perché ha accolto la parola di Dio e l’ha messa in pratica. Potremmo dire, assolutizzando, che Maria ha ascoltato solo la parola di Dio, che non contiene né errore né peccato e su di essa solo ha fondato la sua vita esente, dunque, da errore e peccato, fin dal suo concepimento. La bellezza di questa esistenza ci aiuti a capire e ad amare la nostra vocazione di uomini e di credenti. Chiediamo di saper rispondere a questa esigente vocazione.

Contemplando la Tutta Santa Madre di Dio e considerando il mistero della sua Immacolata Concezione, la Chiesa ha dato espressione alla propria fede orante facendo ricorso alla categoria della bellezza. La Madonna, infatti, è da subito apparsa agli occhi dell’intero popolo di Dio “la tutta bella”, alla quale rivolgere il proprio sguardo colmo di stupore, di ammirazione filiale e di gioia.

“Tutta bella sei, o Maria: la colpa originale non ti ha sfiorato”, canta la liturgia, con non poca emozione spirituale, nella antifona dei Vespri. Un’antifona che, anche in virtù della sua trasposizione musicale nel canto gregoriano e nella polifonia classica, è capace di toccare in modo singolare le corde del cuore e di suscitare devozione autentica e sincera. La bellezza cui si riferisce l’antifona si fonda sul fatto che “la colpa originale non ti ha sfiorato”, né avrebbe potuto farlo dato che, come le dice l’Arcangelo Gabriele “entrando da lei… «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te»” (Lc 1, 28). Maria è “la tutta bella” dal momento che il Signore è con lei, a motivo del fatto sorprendente che la sua vita è interamente abitata da Dio e non vi è nulla, ma proprio nulla, in lei, che sia in contraddizione con la volontà di Dio.

Maria, possiamo affermare, è la casa di Dio, la dimora di Dio con gli uomini, la terra nella quale Dio ha potuto piantare la propria tenda, il tabernacolo che custodisce la presenza di Dio, lo spazio umano sul quale si è posata la nube della gloria di Dio. Ecco il motivo della bellezza di Maria, di una bellezza che non è di questo mondo, in quanto bellezza tutta e sola in Dio. Una bellezza che, come una stella, ci guida e ci orienta verso la “Janua cieli”, la Porta del paradiso.

Così orientati, non ci accontentiamo di contemplare con la meraviglia nel cuore, ma desideriamo anche andare alla ricerca di che cosa significa, per la nostra vita quotidiana di fede, l’incontro con Maria Immacolata. La nostra contemplazione, pertanto, diviene accoglienza di una rivelazione che ci interpella in profondità e ci chiede scelte precise in ordine al nostro cammino di santità.

Quando ci mettiamo in ascolto della pagina evangelica (Lc 1,26-38), nella quale Luca racconta l’annuncio dell’Arcangelo Gabriele a Maria, ci accorgiamo di come la Madre del Signore avverta la totale gratuità del dono che le viene fatto e della salvezza offerta, in lei, da Dio all’intera umanità. Al saluto angelico, infatti, che le preannuncia la sua maternità umana e verginale del Figlio di Dio, la Madonna risponde: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. In questa domanda, lo capiamo bene, risuona la sorpresa della ragazza di Nazareth e, insieme, la sua chiara consapevolezza che quanto sta per avvenire non comporta un concorso umano, se non nella disponibilità ad accogliere il disegno di Dio.

Nell’esperienza spirituale di Maria troviamo una verità fondamentale della nostra fede, verità nella quale si rivela il volto del Signore e noi apprendiamo a camminare alla Sua presenza. Il Suo amore è sempre del tutto gratuito e, sempre, ci previene. La nostra vita, pertanto, è chiamata soprattutto a farsi pronta e incondizionata accoglienza dell’Amore che salva.

In realtà, in tutti noi è spesso presente una pericolosa tentazione. Quella per la quale immaginiamo che, almeno in parte, la salvezza possa dipendere dalle nostre opere, dall’osservanza della legge, dalla presunta bontà delle nostre scelte. In tal modo, rischiamo di vivere nella presunzione di essere noi i salvatori di noi stessi, vanificando così l’opera del Signore e la gratuità del Suo amore.

Non è, forse, vero che spesso consideriamo la santità come il risultato del nostro sforzo generoso, un esercizio deciso della volontà che tende a una perfezione ideale? Così facendo, però, ci accorgiamo, con profonda delusione, di quanto le nostre forze non ci consentano di raggiungere il traguardo sperato e di come ogni nostro tentativo, pur generoso, si perda nell’esperienza rinnovata di un triste fallimento.

Contemplare l’Immacolata significa ritrovare, nella gioia e nella gratitudine, la splendida notizia dell’amore di Dio che viene a noi a donarci la salvezza, della misericordia di Dio che viene a trasformare il nostro cuore, da cuore di pietra a cuore di carne, della bontà di Dio che in Gesù si fa redenzione dal male, dal peccato e dalla morte.

Ciò non toglie, ovviamente, spazio al nostro impegno quotidiano nell’adesione alla volontà di Dio sulla nostra esistenza. Ma questo stesso impegno rimane fondato ed edificato sulla grazia del Signore, unico e vero nostro Salvatore, che ci dona la vera Vita per il tramite della Sua parola e dei sacramenti. Come l’Immacolata, dunque, è sempre dal Signore che dobbiamo partire per compiere l’itinerario di una vita secondo il Vangelo. In altre parole, è sempre dal primato della preghiera, che ci custodisce nel Cuore del Signore, che dobbiamo attingere la forza per divenire santi.

Rimanendo ancora a considerare con attenzione il testo evangelico dell’annuncio della nascita di Gesù, ci accorgiamo della presenza in esso di una relazione molto stretta: quella tra la grazia e la gioia. In effetti, scorrendo il racconto di San Luca, la gioia appare un tratto essenziale di quanto accade nella città di Nazareth. L’angelo, fin dall’inizio del dialogo, invita Maria a rallegrarsi: “Entrando da lei, disse: «Rallegrati»” (Lc 1,28). Qual è il motivo di un tale invito? Il fatto stesso di essere “piena di grazia” (Lc 1,28). La grazia è, per Maria, la sorgente della gioia. In tal modo capiamo che l’opera di Dio nella vita della fanciulla di Galilea è la ragione della sua gioia, che la presenza del Signore in Lei è fonte di gioia, che l’amore di Dio che si rivela è la sorgente della gioia.

Ciò che vive la Madonna a Nazaret è ciò che, allo stesso modo, caratterizza la comune esperienza degli uomini e delle donne che entrano in relazione con il mistero del Figlio di Dio, fatto uomo per la nostra salvezza. È proprio la gioia il dato che, più di ogni altro, risalta nell’avvenimento del Natale. Lo stesso annuncio della nascita di Gesù è un annuncio di gioia. “Ecco, vi annuncio una grande gioia” (Lc 2,10), dice l’angelo ai pastori, protagonisti della notte santa di Betlemme. L’ingresso di Dio nella storia, dunque, è l’ingresso della gioia nella storia, perché dove Dio si fa presente lì è presente anche la gioia, quella vera.

In Maria l’esperienza della gioia assume tratti del tutto singolari e unici. Dal momento che è la piena di grazia è anche la piena di gioia. Dal momento che è la donna integralmente aperta al dono di Dio è anche la donna integralmente aperta alla Sua gioia. Dal momento che è Immacolata, senza peccato, è colma della vita di Dio e, quindi, della Sua gioia. Quale conseguenza possiamo trarre noi, per la nostra vita, da quanto detto? Eccola. L’Immacolata è il segno più eloquente di quanto il Signore possa essere la gioia grande della nostra vita.

La lettura paolina si presenta come una contemplazione ammirata del disegno provvidenziale di Dio sulla storia umana: “Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo” (Ef 1,3). L’amore del Padre nel Figlio è la ragione vera della creazione e il segreto più intimo dell’intero universo. “Il disegno di amore della sua volontà”, secondo le parole di Paolo, è la verità del mondo. Tutto dobbiamo vedere in questa luce. Al di fuori di essa continuiamo a brancolare nel buio della mancanza di senso e nelle tenebre di una vita che percorre le vie di un labirinto senza sbocco. Ma alla luce della verità che è Cristo, l’Amore di Dio fattosi carne, ogni realtà della nostra esistenza acquista consistenza e il cammino per le strade del tempo conosce un orientamento sicuro. In Cristo, e nella verità del Suo amore per noi, ci è possibile dire che tutto è grazia, tutto è provvidenza, tutto concorre al bene più grande della nostra autentica realizzazione nell’eternità beata.

Indice dei podcast trasmessi [QUI]

«Il dogma Cristiano definisce Maria “Immacolata” (senza macchia), così concepita sin dal primo istante della sua esistenza. Il Pontefice Pio IX, prima di definire e proclamare questo dogma mariano volle ascoltare il senso della fede del popolo Cristiano, il magistero della Chiesa lungo i secoli, la soluzione dei nodi dottrinali dei teologi lungo i secoli e, dopo l’Enciclica Ubi primum del 1844 emerse una convergenza plebiscitaria a favore della proclamazione del dogma, che spinse il Pontefice alla proclamazione del dogma mariano così espresso l’8 dicembre 1854: “A gloria della Santissima Trinità, con l’autorità di Vicario di Cristo, dichiariamo, decretiamo, definiamo come verità rivelata che la beatissima Vergine Maria per singolare privilegio e grazia di Dio, in riguardo dei meriti di Gesù Cristo redentore del genere umano, sin dal primo istante della sua concezione fu preservata immune da ogni macchia di colpa originale”.
Nel mondo Cristiano tale verità ha ricevuto un impulso ulteriore nell’apparizione della Santissima Vergine a Lourdes, nella grotta di Massabielle, a Bernadette Soubirous, dove Maria si auto-presentò dicendo: “Io sono l’Immacolata Concezione”. La liturgia canta: “Tota pulchra es Maria, et macula non est in te”.
Nell’Archivio Storico Diocesano [*] si conserva ancora oggi un volume dal quale si evince la volontà espressa in forma plebiscitaria dal popolo della Diocesi riguardo a questa verità di fede professata da tutto il popolo con il giuramento di difendere la verità del concepimento immacolato di Maria “usque ad effusionem sanguinis”.
Maria è stata preservata immune dal peccato originale per la specifica missione che era chiamata a svolgere sulla terra: “Il Figlio di Dio (il verbo eterno) infatti per noi uomini, per la nostra salvezza si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo”. La festa di Maria è la festa nostra, di ogni Cristiano che crede in Dio ed invoca Maria con i versi del poeta Dante: “Termine fisso d’eterno consiglio. | Qui sei a noi meridiana face | di caritate, e giuso, intra i mortali, | sei di speranza fontana vivace” (Paradiso XXXIII, 12).
Se il culto alla santa Madre di Dio ebbe come culla l’Oriente Cristiano, la Sicilia detiene il primato del culto all’Immacolata Concezione di Maria perché la Sicilia, l’intera isola, è stata consacrata all’Immacolata dal Senato palermitano e dal popolo siciliano sin dal 1624» (Prof. Don Pietro Pisciotta).

[*] Come abbiamo menzionato, preannunciando i podcast con le sue riflessioni sulle letture domenicali [QUI], Prof. Don Pietro Pisciotta dirige l’Archivio Storico Diocesano di Mazara del Vallo, uno dei più importanti archivi storici ecclesiastici della Sicilia. Risalente al XV secolo, l’archivio conserva documenti riguardanti il territorio dell’intera Sicilia Occidentale poiché la Diocesi, istituita dal Conte Ruggero, si estendeva sino al 1844 a tutta la provincia di Trapani e a buona parte della provincia di Palermo.

Foto di copertina: Giambattista Tiepolo, L’Immacolata Concezione, 1767-69, olio su tela, 281×155 cm, Museo del Prado, Madrid.
Il dipinto, terminato da Giambattista Tiepolo (Venezia, 5 marzo 1696–Madrid, 27 marzo 1770) nell’estate del 1769, è uno delle sette pale d’altare commissionate nel marzo 1767 da Carlo III, Re di Spagna, per gli altari laterali della chiesa di San Pasquale Baylón ad Aranjuez, allora in costruzione. La struttura era in origine un monastero francescano assegnato successivamente alle suore Concezioniste. Entrambi gli ordini promuovevano il culto dell’Immacolata Concezione. La tela di Tiepolo fu sostituita presto da una tela di Anton Raphael Mengs, gradita al Re e al suo confessore. L’opera è ora conservata al Museo del Prado a Madrid.
Carlo Sebastiano di Borbone e Farnese (Madrid, 20 gennaio 1716–Madrid, 14 dicembre 1788), primogenito di Filippo V di Spagna in seconde nozze con Elisabetta Farnese, è stato Duca di Parma e Piacenza con il nome di Carlo I dal 1731 al 1735, Re di Napoli con il nome di Carlo dal 1734 al 1759, Re di Sicilia con il nome di Carlo III dal 1735 al 1759, Re di Spagna con il nome di Carlo III dal 1759 fino alla morte. Il suo titolo dinastico era, come si legge nei decreti legislativi, Re della Sicilia al di qua e della Sicilia al di là del Faro.
L’opera di Tiepolo rappresenta la Vergine, circondata da angeli, mentre viene incoronata con una corona di stelle e calpesta un serpente: rappresenta dunque la sua vittoria sul diavolo. I gigli e le rose sono riferimenti all’hortus conclusus, e simboleggiano l’amore di Maria, assieme alla sua verginità e purezza.
«La figura dell’Immacolata di Tiepolo è contraddistinta da dettagli che sono il risultato della sintesi dell’affermazione nel libro della Genesi: “Allora Dio disse al serpente… la sua discendenza ti schiaccerà la testa” e del testo apocalittico: “Una donna che sembrava vestita di sole, con una corona di dodici stelle in capo e la luna sotto i suoi piedi”. La veste argentata della Vergine intrisa di luce, emerge dall’ombra del manto, illustrando l’affermazione della donna vestita di sole. Lo spicchio di luna è soverchiato dalla sfera del mondo sopra la quale è simbolicamente ingaggiata una battaglia decisiva tra la Donna e il serpente, mentre le dodici stelle che formano una corona ruotante attorno al capo della Vergine sono il riconoscimento della vittoria, che di certo non può mancare. Il rimando delle allusioni fa sì che lo stesso serpente con il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male tra le fauci, accenni al “drago enorme” dell’Apocalisse» (Natale Maffioli).
La raffigurazione della Vergine di Tiepolo è secondo gli schemi dell’iconografia tradizionale Cristiana. Rappresenta la sua Immacolata Concezione, avvenuta senza il peccato originale. Altri simboli tipici delle rappresentazioni mariane sono la colomba, le stelle intorno al capo, la luna crescente, il serpente calpestato, le mani giunte in preghiera e l’obelisco alla sua destra.
Altri simboli dell’Immacolata Concezione sono le nuvole, i Cherubini, i gigli e una rosa, fiori spesso associati a Maria. La colomba in volo sopra la sua testa simboleggia lo Spirito Santo, mentre i gigli e la rosa sono i suoi simboli tipici: i primi rappresentano la sua purezza, la seconda è il simbolo di Maria, Regina del Cielo e della terra. La sua cintura rappresenterebbe la corda di San Francesco.
Il globo simboleggia il mondo intero, mentre la luna crescente e la corona di stelle sono simboli tradizionali della “donna vestita di sole” (Virgo in Sole) descritta in Apocalisse 12,1-2. La luna è inoltre un antico simbolo di castità, derivato dalla dea romana Diana. Così come la luna riceve luce dal sole, la grazia di Maria deriva da Cristo, suo figlio. L’obelisco alla sua destra brilla di luce solare e allude ai simboli tradizionali legati all’Immacolata Concezione associati alla Torre di Davide e alla Torre d’avorio, evocando inespugnabilità e purezza.
Il serpente calpestato da Maria ha una mela in bocca, e rappresenta il serpente del Giardino dell’Eden e il peccato originale. Un ramo di palma e uno specchio appaiono sotto i suoi piedi. La palma rappresenta la vittoria di Maria, mentre lo specchio è un ulteriore rimando alla sua purezza.
Questa rappresentazione dell’Immacolata Concezione si originò in Spagna a opera di Francisco Pacheco, divenendo poi popolare in tutta Europa.
Tiepolo dipinse un’altra versione dell’opera nel 1734 per la chiesa francescana di Santa Maria in Araceli a Vicenza. In quella versione Tiepolo dipinse la Vergine come una giovane ragazza nello stile già impostato da Guido Reni e Bartolomé Esteban Murillo, seguaci di Pacheco. Il dipinto è ora conservato presso il museo civico di Vicenza al Palazzo Chiericati. Nella seconda versione invece Maria è rappresentata solennemente, concordemente all’austera tradizione alcantarina.
Tiepolo dipinse cinque modelli per le sue pale d’altare, ora conservati presso il Courtauld Institute of Art a Londra e sono considerati tra le sue opere più belle. Il modello per l’Immacolata Concezione differisce per molti aspetti dalla versione finale. In quest’ultima, Maria occupa più spazio e non è supportata dall’angelo alla sua sinistra. Si pensa che quell’angelo sia l’Arcangelo Michele che, sconfiggendo Lucifero, predisse il ruolo di Maria come strumento di salvezza. L’angelo è presente in una bozza a olio completata in quel periodo, adesso alla National Gallery of Ireland, considerata come la rappresentazione iconograficamente più complessa dell’Immacolata Concezione di Tiepolo.

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