L’apertura della Porta Santa della basilica di San Pietro in Vaticano il 24 dicembre 2024 segnerà l’inizio dell’Anno Santo 2025. Nei giorni successivi verranno aperte anche le Porte Sante delle altre tre basiliche papali maggiori di Roma: le basiliche di San Giovanni in Laterano (la cattedrale del Vescovo di Roma e la più antica ed importante basilica dell’Occidente), di San Paolo fuori le Mura e di Santa Maria Maggiore.
A questa Introduzione al Giubileo Ordinario dell’Anno 2025 seguono due podcast a cura dal Referente per la Formazione della Delegazione di Roma e Città del Vaticano, Prof. Enzo Cantarano, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento:
- Sintesi della Bolla di indizione del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025 [QUI]
- Il significato del giubileo nell’Antico e nel Nuovo Testamento [QUI]
e a conclusione, riportiamo un contributo con le riflessioni che il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, fece in diverse occasioni sul significato biblico del giubileo e del concetto di misericordia, come biblista e studioso dell’ebraismo [QUI].
Il Dizionario di Storia di Treccani del 2010 sintetizza il significato della parola giubileo in ambito Cattolico. Il termine indica l’indulgenza plenaria solenne che il pontefice offre ai fedeli in particolari ricorrenze. Per estensione, il termine designa l’Anno Santo.
Il primo giubileo Cattolico fu indetto nel 1300 da Papa Bonifacio VIII Caetani, con la Bolla Antiquorum habet fida relatio promulgata il 22 febbraio 1300. Con la Bolla si richiedeva, per poter lucrare l’indulgenza plenaria, l’effettuazione durante l’Anno Santo da parte dei Romani di 30 visite alle due basiliche di San Pietro e di San Paolo fuori le Mura, mentre ai pellegrini che venivano da fuori Roma erano richieste solo 15 visite. Non era imposta alcuna elemosina. Inoltre, l’indulgenza plenaria per le pene temporali fu concessa anche ai pellegrini che non avevano potuto finire le visite per cause di forza maggiore, come pure a quelli deceduti lungo il viaggio o prima di terminare le visite.
Nella Bolla Papa Bonifacio VIII stabiliva anche che, in futuro, la Chiesa avrebbe dovuto tenere un Giubileo ogni cento anni. La cadenza fu ridotta poi a 50 anni, successivamente a 33 e da Papa Paolo III nel 1470 a 25 anni.
50 anni dopo, Papa Clemente VI lo ridusse a 50 anni. Papa Urbano VI 40 anni dopo lo ridusse a soli 33 anni, con aggiungervi anche la visita alla basilica di San Giovanni in Laterano e alla basilica di Santa Maria Maggiore. E finalmente Papa Paolo III nel 1470 stabilì, affinché ognun uomo potesse acquistare il detto Giubileo due e tre volte nella sua vita, lo ridusse a 25 anni, qual termine tutt’hora si mantiene.
La Bolla di indizione del primo Giubileo nell’anno 1300 fu riportata dal avvocato penalista e civilista di Curia Laertio Cherubino (Norcia, intorno alla metà del 1500-Roma tra il 1623 e il 1631) nel suo Magnum Bullarium Romanum (la più importante raccolta di bolle pontificie precedente alla monumentale silloge settecentesca di Charles Cocquelines):
Bonifacius Episcopus Servus Servorum Dei. Ad perpetuam rei memoriam. Antiquorum habet fida relatio, quod accedentibus ad honorabilem Basilicam Principis Apostolorum [V, p. 208] de Urbe concessae sunt magnae remissiones, et Indulgentiae peccatorum. Nos igitur qui iuxta officij nostri debitum salutem appetemus, et procuramus libentius singolorum, huiusmodi remissionem, et Indulgentias omnes, et singulas, ratas, et gratas habentes, ipsas auctoritate Apostolica Confirmamus, et approbanus. Ut autem Beatissimi Petrus, et Paulus Apostoli eo amplius honorentur, quo eorum Basilicae de Urbe devotius fuerint a fidelibus frequentatae, et fideles ipsi spiritualium largitione munerum ex huiusmodi frequentatione magis senserint se refertos; Nos de Omnipotentis Dei misericordia, et eorundem Apostolorum eius meritis, et auctoritate consisi, de Fratrum nostrorum consilio, et Apostolicae plenitudine potestatis, omnibus in praesenti anno millesimo trecentesimo a Festo Nativitatis Domini Nostri Iesu Christi praeterito proxime inchorato, et in quolibet anno centesimo secuturo, ad Basilicas ipsas accedentibus reverenter, vere poenitentibus, et Confessis, vel qui vere poenitebunt, et consistebuntur, in huiusmodi praesenti, et quolibet centesimo secuturo annis, non solum plenam, et largiorem immo plenissimam omnium suorum concedemus, et concedimus veniam peccatorum. Statuentes, ut qui voluerint huiusmodi Indulgentiae a nobis concessae fieri participes, si fuerint Romani, ad minus triginta diebus continuis, seu interpolatis, et saltem semel in die, si vero Peregrini fuerint, aut Forenses, simili modo diebus quindecim, ad Basilicas easdem accedant. Unusquisque tamen plus merebitur, et Indulgentiam efficatius consequetur, qui Basilicas ipsas amplius, et devotius frequentabit. Nulli ergo, etc. Datum Romae apud S. Petrum 8 Kal Martij Pontificatus nostri anno sexto.
Le guerre napoleoniche e in seguito le vicende del papato impedirono le celebrazioni del giubileo del 1800 e quello del 1850.
Diversi sono stati i giubilei straordinari al di fuori di queste scadenze (come nel 1933-34 e nel 1983-84 rispettivamente per il 1900° e il 1950° anniversario della morte di Cristo; nel 1966 a conclusione del Concilio Vaticano II). Durante il pontificato di San Giovanni Paolo II si è svolto il Grande Giubileo dell’Anno 2000, cui era dedicata la Lettera apostolica Tertio millennio adveniente del 10 novembre 1994. Nella preparazione del giubileo fu enfatizzato anche il ruolo delle singole Chiese attraverso giubilei locali o regionali. Nella Bolla di indizione Incarnationis mysterium del 29 novembre 1998 il Papa afferma che il giubileo avrebbe avuto due centri: Roma e la Terra Santa; auspicava un ulteriore progresso nel dialogo tra Ebrei, Cristiani e Musulmani; invitava a partecipare alla «grande festa» i «seguaci di altre religioni, come pure quanti sono lontani dalla fede in Dio». Tra gli eventi del giubileo grande risonanza ebbe poi la celebrazione a Roma della XV Giornata Mondiale della Gioventù (15-20 agosto), mentre durante l’Anno Giubilare Papa Giovanni Paolo II si recò sul monte Sinai (24-26 febbraio), in Terra Santa (20-26 marzo) e a Fatima (12-13 maggio). A conclusione del giubileo il Papa pubblicata il 6 gennaio 2001 la Lettera apostolica Novo millennio ineunte sulle prospettive della Chiesa dopo la celebrazione giubilare.
L’anno santo dei Cattolici
di Raffaele Savigni
Da Treccani
La Bibbia aveva fissato una ricorrenza speciale, ogni cinquant’anni, per ricordare che la Terra è di Dio e che gli uomini la possiedono solo in modo temporaneo. Nel Medioevo i Papi hanno attribuito al termine giubileo un nuovo significato, concedendo ai pellegrini che si recavano a Roma durante gli anni santi un condono straordinario delle pene per i loro peccati.
Il giubileo secondo la Bibbia
Il termine giubileo deriva dall’ebraico yobel, che significa “capro” e richiama più precisamente il corno del capro, cioè lo strumento col quale veniva annunziato l’inizio dell’anno giubilare, che si celebrava ogni cinquant’anni, mentre ogni sette anni ricorreva l’anno sabbatico, durante il quale si lasciava riposare la terra: “Conterai pure sette settimane di anni, sette volte sette, cioè quarantanove anni; […] santificherai l’anno cinquantesimo, e annunzierai la remissione a tutti gli abitanti del paese” (Levitico, 25).
Durante l’anno del giubileo i terreni dovevano rimanere incolti e i debitori rientravano in possesso del patrimonio che avevano perduto, mentre i servi venivano liberati. Si trattava di una sorta di ritorno alle origini e di un nuovo inizio della storia umana: il giubileo ricordava il primato di Dio, che “il settimo giorno si riposò” e al quale appartiene la Terra, mentre l’uomo deve anzitutto lodarlo e ringraziarlo e condividere i beni terreni con gli altri uomini. Gli studiosi ritengono che esso abbia costituito un ideale utopico di giustizia e che le norme del Levitico sul condono dei debiti non siano mai state concretamente applicate. Esse evocavano comunque l’ideale messianico, poi richiamato dai profeti e da Gesù, che ‒ con le parole del profeta Isaia contenute nel libro omonimo (61,1-3) ‒ disse di essere venuto a ridare la libertà agli schiavi e ai prigionieri e a “predicare un anno di grazia del Signore” (Luca 4,18-19).
Il perdono generale dei peccati
La Chiesa Cattolica, a partire da Papa Bonifacio VIII nel 1300, attribuì al giubileo un nuovo significato, non più politico-sociale ma spirituale: si trattava ora di un anno santo ‒ che ricorreva inizialmente ogni cento anni, poi ridotti a cinquanta, a trentatré e infine a venticinque nel 1470 ‒ durante il quale veniva concesso un perdono generale ai Cristiani che ricevevano la confessione e la comunione, visitando le tombe degli apostoli Pietro e Paolo e le principali chiese di Roma. Per i Cristiani la vera liberazione era infatti quella che cancellava i peccati e le pene ultraterrene. Questa concezione si fondava sul principio della comunione dei santi: i meriti acquisiti dai santi dinanzi a Dio potevano essere utilizzati dalla Chiesa a vantaggio di tutti i Cristiani per liberarli dei loro peccati. Questo avveniva mediante la concessione di indulgenze parziali o plenarie (ossia totali), che consistevano nel condono delle pene del Purgatorio che i fedeli o i loro cari avrebbero dovuto subire nell’aldilà a causa dei loro peccati. Questa pratica venne però condannata da Lutero e dai protestanti, che la consideravano un deplorevole commercio.
Nel 1750 Papa Benedetto XIV precisò le condizioni richieste per ottenere l’indulgenza plenaria: ricevere i sacramenti della confessione e della comunione, visitare le quattro basiliche romane di San Pietro, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le mura, Santa Maria Maggiore e pregare secondo le indicazioni del Papa.
Il giubileo dell’Anno Duemila
Anche gli ultimi pontefici hanno proclamato periodicamente vari giubilei, cercando però di approfondirne il contenuto spirituale e di evitare che si riducessero a pratiche esteriori. Il più recente è stato quello celebrato da Papa Giovanni Paolo II nell’Anno 2000: il Papa ha organizzato grandi manifestazioni, come il raduno dei giovani, ma ha anche chiesto perdono agli Ebrei e a tutta l’umanità per le colpe commesse dai Cattolici nei secoli passati, quali la persecuzione nei confronti degli Ebrei e degli eretici e la tratta degli schiavi neri.
Sono state inoltre promosse altre iniziative per il condono degli enormi debiti maturati dagli Stati più poveri nei confronti di quelli ricchi e per la concessione di un’amnistia ‒ un provvedimento di clemenza e di condono delle pene ‒ a favore dei carcerati. In questo modo il giubileo Cristiano ha recuperato un dialogo con l’Ebraismo e ha cercato di rispondere ad alcune esigenze forti del nostro tempo, come l’aspirazione alla pace, alla giustizia sociale e alla salvaguardia degli equilibri ambientali del Pianeta.
L’ansia di salvezza
dall’uomo medievale all’uomo moderno
di Federico Corrubolo
L’Osservatore Romano, 13 maggio 2024
Per capire bene cosa si intende per indulgenza, bisogna fare un passo indietro. Nella Chiesa antica non ci si confessava come facciamo oggi. Il perdono dei peccati era un “fatto sociale”: ci si dichiarava peccatori (senza scendere nei particolari, che tanto non serviva), si entrava in un gruppo (una vera “comunità di ricupero”), e si faceva un percorso penitenziale che poteva durare vari mesi ed anche anni a seconda della gravità del peccato. Perciò, prima si faceva la penitenza e solo alla fine (in genere la mattina del Giovedì Santo) ci si presentava al vescovo che imponeva le mani e dava l’assoluzione dai peccati. La sequenza era quindi: prima la confessione, poi la penitenza e alla fine l’assoluzione.
Era comunque una faccenda lunga, che richiedeva tempo e che imponeva molti sacrifici. Era un percorso che si poteva fare poche volte nella vita, e riguardava peccati gravi (furti, omicidi, ecc….): prima di iniziarlo ci si pensava bene, e di solito si faceva nella vecchiaia (quando anche la capacità di peccare diminuiva).
Nel medioevo la vita cristiana continuò nei monasteri, e lì la situazione era molto diversa. Vivendo in piccole comunità isolate si commettevano continuamente molti peccati non gravi, e non si poteva fare penitenze di mesi ed anni per ogni piccola mancanza… oltretutto i vescovi si incontravano molto raramente.
Si cominciò a diffondere l’uso di confessare i peccati all’abate del monastero, che dava subito l’assoluzione e dopo assegnava la penitenza, come facciamo ancor oggi.
In questo nuovo sistema nasce la distinzione fra colpa (eliminata dalla confessione) e pena (da scontare dopo aver avuto il perdono per riparare il peccato). Siccome il sistema antico non era stato abolito, la durata della penitenza era sempre calcolata in giorni, mesi ed anni. Nei monasteri esistevano addirittura appositi “tariffari” (i libri penitenziali) che prescrivevano la durata della penitenza per quasi tutti i peccati possibili.
Tuttavia, in particolari occasioni (feste importanti, eventi eccezionali), un bravo penitente poteva ottenere uno “sconto di pena”. In cambio di qualche opera buona in più, venivano tolti vari giorni, mesi o anni di penitenza. Questa “offerta speciale” prendeva il nome di indulgenza, ed era spesso molto conveniente; perciò, i bravi cristiani non se la lasciavano scappare.
Fu in occasione di una mission impossible, cioè la riconquista di Gerusalemme invasa dagli arabi che nel 1096 Papa Urbano ii , considerato l’altissimo rischio di questa impresa, fece per la prima volta un’offerta mai vista prima: il condono totale della pena a chi partiva per liberare la Città santa.
Questa fu la prima indulgenza plenaria. Da allora fu sempre più spesso il Papa, come Vicario di Cristo e successore di san Pietro ad usare “il potere delle chiavi” ricevuto da Gesù per aprire il tesoro delle indulgenze, sostituendo direttamente il valore infinito della Redenzione ai giorni, mesi ed anni delle penitenze antiche: un “ufficio di cambio” richiestissimo per buona parte del medioevo.
L’uomo medievale aveva un rapporto immediato, intuitivo con Dio: credeva nella sua misericordia, ma ne temeva la giustizia, perché pensava al rapporto con Lui in modo per l’appunto “medievale”, cioè come un patto feudale tra suddito e re. Si metteva letteralmente nelle Sue mani (il gesto del pregare “a mani giunte” proviene dalle cerimonie feudali) e prometteva di obbedire alle Sue leggi; in cambio riceveva difesa, aiuto e protezione contro le insidie del demonio.
Trasgredire la legge di Dio era considerato un affronto gravissimo al re il quale, togliendo la sua protezione esponeva il trasgressore alla dannazione. Di qui l’ansia per tornare “in grazia di Dio”, contraendo un nuovo patto feudale e così “reinstallare l’antivirus” contro il demonio.
Quando Bonifacio viii nel 1300 indisse il primo giubileo promettendo a tutti l’indulgenza plenaria in cambio di soli trenta giorni di preghiere a Roma, la città fu invasa da un esercito di pellegrini. Da allora “indulgenza” e “Giubileo” sono un’accoppiata di successo…
Nei secoli successivi l’ansia della salvezza non si calmò, il che suscitò un approfondimento della dottrina già nota, secondo la quale un’opera buona può abbreviare il tempo della penitenza. In nome della comunione dei santi, cioè del legame che unisce tutti i battezzati nell’unico Corpo mistico di Cristo, si dedusse che lo sconto di pena poteva applicarsi a tutti i cristiani, sia vivi che defunti.
La fame di indulgenze si mantenne viva per altri secoli nel popolo cristiano.
Fu con l’uscita dall’economia agricola tipica del medioevo e l’ingresso in quella monetaria tipica dell’età moderna che anche le indulgenze entrarono nei mercati.
La ricchezza del medioevo era data dalla terra che garantiva sostentamento e quindi autonomia; la ricchezza della modernità è il denaro, che permette di comprare al mercato ciò che prima si otteneva dalla terra. Nella società civile si iniziarono a vendere cariche pubbliche, titoli nobiliari, magistrature… Nella Chiesa cardinalati, abbazie, diocesi. I mercanti più ricchi prestarono denaro anche a re, imperatori, papi, vescovi.
Un vescovo tedesco ventiseienne si è indebitato con una grossa banca per comprare una grossa diocesi. Ha fatto il passo più lungo della gamba e per rientrare dal debito deve batter cassa in tempi rapidi. Per lo stesso motivo anche il Papa ha bisogno di soldi: deve continuare a costruire la basilica di san Pietro. Entrambi usano lo stesso sistema: una campagna di predicazione per ottenere l’indulgenza plenaria. Solo che ora l’opera buona da compiere non è più riconquistare Gerusalemme, ma solo una modica offerta in denaro. L’ansia di salvezza è sempre molto alta, solo che adesso entra brutalmente nella logica di mercato, con tanto di slogans pubblicitari: Wenn die Münze klingt, die Seele springt! (“Quando la moneta suona, l’anima salta in Paradiso”).
Il vescovo fa predicare l’indulgenza del Papa nella sua diocesi e trattiene per sé una percentuale sulle offerte. Il gettito è alto, favorito dall’ambiguità della proposta (oggi la chiamiamo “pubblicità ingannevole”), ma a un certo punto il gioco si inceppa.
Un giovane agostiniano, professore di Sacra Scrittura che si chiama Martin Luther mette il dito sulla piaga: se non c’è la conversione del cuore è inutile svenarsi a comprar certificati papali!
L’uomo è cambiato, e cambia anche il suo rapporto con Dio: l’uomo moderno non è più suddito di un patto feudale, ma un individuo dalla coscienza tormentata, alla ricerca della verità, insofferente verso tutte le mistificazioni. Con Dio vuole un rapporto sincero e libero, non levarsi il pensiero pagando la bolletta. Quando invita i suoi colleghi a discuterne, il programma della discussione gli scappa di mano e invade tutta la Germania, riscuotendo enorme successo.
L’indulgenza, da aiuto per la conversione diventa sinonimo di infamia e detonatore di una protesta che esplode in tutta Europa: e tale è rimasto per molte coscienze, ancor oggi scandalizzate dalla gravità di quanto accaduto cinque secoli fa.
Cerchiamo di rimettere ordine: cosa dice oggi la Chiesa sulla dottrina delle indulgenze? Cominciamo col dire cosa non è più valido: i giorni, mesi e gli anni di “sconto della pena” sono stati aboliti da Paolo vi nel 1967. L’indulgenza oggi può essere solo parziale o plenaria, ed è molto limitata rispetto al passato. Queste qualità non sono poi la cosa più importante: oggi si predica soprattutto la dottrina spirituale che ci sta dietro: la dottrina dei residui del peccato.
Dopo la confessione il peccato è eliminato, ma resta la nostalgia del sapore del peccato. Il male mantiene la sua attrattiva, continua a tentarci, ci rende deboli, ci fa ricadere sempre negli stessi peccati. Chiunque “fa sul serio” col Signore, sa bene che non ci si può illudere che basti una confessione per farla finita col peccato. Se avessimo fede certamente sarebbe così, ma la nostra debolezza è tale che purtroppo non basta. Anche il corpo, dopo una malattia grave ha bisogno di una lunga convalescenza prima di guarire del tutto. L’attrattiva del peccato, i suoi residui diventano un ingombro per chi vuol camminare speditamente nella volontà di Dio.
La pena del peccato è proprio questa lunga convalescenza che ci impedisce di correre speditamente verso l’amore di Dio per noi.
La Chiesa allora, per venire incontro a chi desidera guarire più in fretta indica alcune opere buone sicuramente utili per guarire prima: in realtà sono sempre le solite. Si chiede infatti di rafforzare la comunione con Cristo nei sacramenti, con la fede della Chiesa (recita del Credo e preghiera per il Papa) e con i fratelli (opere di carità). Quando a queste opere viene assegnata una indulgenza (parziale o plenaria) noi crediamo per fede che l’attrazione per il peccato diminuisce e si accresce invece in modo particolarmente intenso la carità e la santità. Le scorie del peccato sono eliminate e si guarisce più velocemente di prima.
Ecco perché oggi come allora, un bravo cristiano non si lascia scappare questa “offerta speciale”!
Archivio notizie Anno Santo 2025 [QUI]
Foto di copertina: ci sono quattro parole ebraiche tradotte come tromba nell’Antico Testamento. Due di esse si riferiscono ai due tipi di trombe usate in Israele. La parola ebraica più comune per tromba è shofar, che ha un grande significato simbolico e spirituale nella tradizione ebraica. Era uno antico strumento a fiato curvo, ricavato da corna di ariete (o talvolta di un altro animale kosher). Era usato in occasioni gioiose principalmente durante le festività ebraiche, come il Rosh Hashanah (Capodanno ebraico) e Yom Kippur (Giorno dell’Espiazione).
Hasosrah è il termine usato per indicare la tromba d’argento menzionata in Numeri 10,1-10, che veniva utilizzata per convocare le assemblee e durante le cerimonie religiose nell’antico Israele.
Il termine jobel o yobel (capro), dal quale deriva il termine giubileo, si riferisce nell’antica tradizione ebraica sia a un evento specifico sia a uno strumento musicale. L’anno del giubileo – un anno speciale biblico che avveniva ogni 50 anni, durante il quale si proclamava la liberazione dei debiti, la restituzione delle terre ai legittimi proprietari e la liberazione degli schiavi – veniva annunciato tramite il suono dello jobel, lo strumento musicale che potrebbe essere stato simile o lo stesso strumento dello shofar.
Venti domande e risposte sul Giubileo Ordinario 2025, sul Pellegrinaggio Costantiniano Internazionale e sul solenne Pontificale in onore di San Giorgio Martire, nell’Anno Santo 2025 per i Cavalieri, le Dame, i Postulanti e gli Amici del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.