La commemorazione a Genova della Beata Maria Cristina di Savoia e di Ferdinando II di Borbone, Sovrani del Regno delle Due Sicilie

Nell’anno dell’undicesimo anniversario della beatificazione di Maria Cristina di Savoia, Regina delle Due Sicilia, avvenuta il 25 gennaio 2014 presso la Real Basilica di Santa Chiara in Napoli, le Delegazioni della Liguria e del Piemonte e Valle d’Aosta del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, di comune intesa hanno celebrato la sua memoria liturgica presso il santuario di Nostra Signora dell’Acquasanta a Genova, domenica 2 marzo 2025. In questo luogo così suggestivo, il 21 novembre 1832 la Principessa Maria Cristina di Savoia divenne Regina, contraendo le nozze con S.M. Ferdinando II di Borbone, Re delle Due Sicilie, Gran Maestro dell’Ordine Costantiniano. Con l’intento di sottolineare l’importanza di queste due splendide figure, le Delegazioni Costantiniane si sono fatte promotrici di una giornata di celebrazioni di carattere sia religioso, sia culturale, dedicate alle figure dei due Sovrani Borbone, genitori di S.M. Francesco II di Borbone, ultimo Re delle Due Sicilie.
Ferdinando II di Borbone e Maria Cristina di Savoia

Nella sua pur breve vita, morta a soli 23 anni in odore di santità, la Beata Maria Cristina di Savoia ha disseminato questo mondo di preziosità edificanti. Per questo il popolo napoletano la definì la Reginella Santa. La fede della “Regina innamorata di Gesù” era così forte, che in punto di morte rincuorava chi piangeva per lei e con il poco respiro rimasto diceva: «Credo in Dio, amo Dio, spero in Dio». «Vera madre dei poveri»: così Papa Francesco la definì in occasione della beatificazione.

S.M. Ferdinando II di Borbone, Sovrano del Regno delle Due Sicilie dall’8 novembre 1830 al 22 maggio 1859, ricevette un’educazione religiosa e umanistica, nonché una solida preparazione politica e militare nelle accademie, dove trascorse gran parte della giovinezza. Succedette al padre Francesco I in giovanissima età. Fu autore di un radicale processo di risanamento delle finanze del Regno e alla pacificazione delle parti sociali ancora in tumulto dopo il periodo napoleonico. Sotto il suo dominio, il Regno delle Due Sicilie conobbe una serie di riforme burocratiche e innovazioni in campo tecnologico. Diede inoltre grande impulso alla creazione della Marina militare e mercantile, nel tentativo di aumentare gli scambi con l’estero.

La Commemorazione presso
il Santuario di Nostra Signora dell’Acquasanta
a Genova
Domenica, 2 marzo 2025

I partecipanti sono stati accolti dal Rettore del Santuario, Padre Luie (Luigi) Pothanamala Paul, H.G.N., la cui disponibilità ha reso possibile l’incontro commemorativo.

Santa Messa

La celebrazione della Santa Messa domenica 2 marzo 2025 presso il santuario di Nostra Signora dell’Acquasanta a Genova, è stata presieduta alle ore 11.15 dal Cappellano della Delegazione del Piemonte e Valle d’Aosta, Don Damiano Cavallaro, Cappellano di Merito, concelebrante il Cappellano Capo della Delegazione della Liguria, Don Fabio Pagnin, Cappellano di Merito, alla presenza del Luogotenente per l’Italia Settentrionale della Real Commissione per l’Italia, S.E. l’Ambasciatore Nob. Paolo dei Conti Borin, Cavaliere Gran Croce di Giustizia; il Delegato per la Liguria, Nob. Luigi Filippo Granello di Casaleto, Cavaliere di Giustizia; e il Delegato per il Piemonte e Valle d’Aosta, Don Andrea dei Marchesi Serlupi Crescenzi, Cavaliere di Giustizia.

Inoltre, ha partecipato una rappresentanza della Delegazione di Lombardia, guidata dal Delegato, Ing. Gilberto Spinardi, Cavaliere Gran Croce di Merito.

Muovendo dal complesso di edifici settecenteschi del Santuario, i Cavalieri, le Dame ed i Cappellani hanno fatto ingresso nel tempio accompagnando processionalmente una reliquia ex ossibus della Beata Maria Cristina, gentilmente concessa dal Postulatore per la sua causa di canonizzazione, Padre Giovangiuseppe Califano, O.F.M., alla collegiata di Santa Maria della Scala in Moncalieri, cittadina alle porte di Torino, cara alla Reginella Santa.

La consapevolezza di sapere la giovane regina nuovamente “presente” in questo antico luogo mariano, da lei scelto per le nozze, attraverso la sua sacra reliquia, collocato accanto all’immagine che la ritrae “bella come un angelo” esposta nel presbiterio, ha suscitato nei presenti emozione e raccoglimento.

“Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso?” Con queste parole che il Maestro pronuncia nella pagina di Vangelo proclamata della VIII domenica del tempo ordinario (Lc 6,39-45), Don Damiano Cavallaro nella sua omelia ha ricordato come il Signore si preoccupi di coloro da cui scegliamo di farci accompagnare e verso quale direzione camminiamo. Egli parla a ciascuno di noi per quello che siamo: uomini, donne, sposi, padri, madri, figli, fratelli, professionisti, ecc. E parla a noi come membri di un Ordine in cui ognuno, nel grado e compito assegnato, è chiamato a guidare i propri confratelli e consorelle. Per questo il Signore desidera che ciascuno di noi e chi ci accompagna nel cammino “ci veda bene”. A tale scopo Egli propone tre criteri, ha proseguito Don Cavallaro: la parola, la vista ed il frutto.

Per comprendere chi siamo e coloro che ci stanno accanto per accompagnarci, non è possibile fare affidamento ad apparenza, impressione, titoli; occorre piuttosto vagliare ciò che costoro pensano ed esprimono attraverso le parole. Viviamo in una società in cui si viene tempestati di parole, ma poche volte queste corrispondono alla verità su di noi, sulla nostra vita e sul nostro destino. Se vogliamo comprendere chi abbiamo accanto occorre domandare di poter capire se ciò che dice è vero, buono e giusto, ossia se corrisponde sia a quella natura umana fatta da Dio, fatta per Dio, sia alla sua Parola. Se vi è corrispondenza, allora potremo lasciarci accompagnare da questi fratelli, poiché sicuri che non ci guideranno verso la strada sbagliata, non ci faranno cadere “nel fosso”.

“Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?”. Questi due elementi – la pagliuzza e la trave – della pagina evangelica, ci riportano al secondo criterio presentato da Don Cavallaro: quello della vista, invitando, però, a riscoprire una valenza positiva di quelle pagliuzze, quei difetti, presenti negli occhi dei fratelli e verso le quali siamo così insofferenti. È appunto questa insofferenza a ricordarci che il cuore dell’uomo è fatto “per il tutto”, per l’Infinito, per la pienezza: nel momento in cui avverte difetti e imperfezioni all’esterno di sé, esso immediatamente ne soffre, riconoscendoli come mancanze, ossia come qualcosa sottratto a quel “tutto” per il quale è stato creato. Il solo rimedio, la sola cura per questa insofferenza è il rapportarla a Dio, che in Cristo abbraccia anche le nostre mancanze, così che la vita dell’uomo sia interamente amata e salvata.

Per contro, la trave che il Signore ci invita a togliere dai nostri occhi, non può avere una valenza positiva: essa è costituita dall’ignoranza delle cose di Dio e dal peccato. Per vincere la prima siamo invitati ad una costante formazione, ad un amorevole consiglio fraterno e ad aggrapparci con forza agli insegnamenti del Vangelo, alla viva Tradizione ed al Magistero della Chiesa. Questi costituiscono, in modo particolare per i membri della Sacra Milizia, il fondamento della propria identità e dell’appartenenza all’Ordine. Il peccato, invece, viene sconfitto attraverso la conversione ed il sacramento della confessione, nel quale la Misericordia di Dio abbraccia il cuore dell’uomo perché questo possa essere riconciliato.

Il terzo criterio, ha concluso Don Cavallaro, è quello del frutto. Nel corso della propria storia, l’Ordine Costantiniano ha portato e porta frutti buoni. Ne sono straordinari esempi proprio la Beata Maria Cristina di Savoia e del suo figlio, il Servo di Dio Francesco II di Borbone, frutti di santità fioriti in seno ad esso. Guardando a loro, ogni Cavaliere e Dama è chiamato a divenire albero buono, capace di produrre quel frutto che il Creatore attende dall’uomo: il nostro amore. Solo Cristo però, che è tutto amore, realizza per l’umanità il frutto tanto atteso, dandoci al contempo la grazia di portare uniti a Lui questo stesso frutto, di “generare” Cristo stesso in noi, nelle nostre vite. La Beata Maria Cristina lo vide generare in lei, soprattutto nei momenti più difficili. Accettando liberamente la volontà di Dio che la condusse a rinunciare al desiderio di abbracciare la vita claustrale per divenire regina e madre, ella generò frutti buoni, frutti di amore per l’intero Regno ed il popolo da Dio affidato alle sue cure e a quelle dell’amato sposo Ferdinando.

Incontro di Formazione Costantiniana

Terminata la celebrazione della Santa Messa, i partecipanti si trasferiscono alla Grande Sacrestia del Santuario, dove alle ore 12.15 ha avuto luogo un Incontro di Formazione Costantiniana a cura del Ing. Mario Bellotti, appassionato cultore di Storia della Real Casa delle Due Sicilie e dei territori che furono del Regno.

Il Relatore ha incentrato il suo intervento sul tema Ferdinando II delle Due Sicilie, fedele marito di Maria Cristina e grande Re incompreso. Ancora oggi, infatti, le principali istituzioni culturali del Paese descrivono questo Sovrano condizionate da una sorta di damnatio memoriae, che lo presenta in modo negativo o parziale. Per poter guardare a questa nobile figura, protagonista della sua epoca e della storia dell’Ordine Costantiniano, occorre una “premessa metodologica” basata, ha spiegato il Relatore, su tre elementi chiave: Patria, libertà e progresso.

Nato a Palermo il 12 gennaio 1810, Ferdinando II fu ben lungi dall’essere un sovrano straniero dal cui dominio dover “liberare” il Sud della penisola italiana. Egli era piuttosto figlio di quella terra e padre del suo popolo. Si esprimeva correntemente tanto in lingua siciliana, quanto napoletana. Estroverso, loquace, gioioso, possente, irruento, simpatico e diretto, ricevette una rigida educazione militare ed ai suoi soldati fu sempre particolarmente vicino e attento.

Nel suo testamento si legge: “Ho conservato il Regno che ho ereditato”. La figura e la vita di Ferdinando II furono interamente devote a conservare l’indipendenza e la libertà del Regno, sua Patria, come dimostra la sua determinazione nell’opporsi al progetto inglese mirante a separare le corone di Napoli e di Sicilia, affidando al giovane Sovrano solo quest’ultima. In tal modo l’Inghilterra intendeva assicurarsi la possibilità di una maggior influenza e libertà di azione per i propri interessi economici. E ancora la risolutezza con cui egli rifiutò la proposta (rivelata dallo stesso Ferdinando in punto di morte), avanzatagli nel 1830 dagli ambienti liberali e carbonari, di mettersi alla testa di un processo di lotta finalizzata ad unificare la penisola, rovesciando i legittimi Sovrani dai troni degli Stati preunitari, in spregio ai trattati ed al diritto internazionale. Cosa che, al contrario, trent’anni più tardi avrebbe accettato di compiere il Re di Sardegna nei confronti del figlio e successore di Ferdinando, il Servo di Dio Francesco II di Borbone.

Lo sposo di Maria Cristina visse nel clima dei primi grandi slanci della cosiddetta “rivoluzione industriale”. Proprio in tale contesto il Sovrano si adoperò per il progresso tecnico e civile del proprio Paese, che appunto durante il suo Regno raggiunse svariati primati in tanti settori.

Nell’azione di governo di Ferdinando, nelle forme assunte dal suo essere padre dei popoli che la Provvidenza gli aveva affidato, rimase impressa in modo indelebile la positiva influenza di Maria Cristina, la Reginella Santa. Ella, pur non occupandosi direttamente del governo, seppe arricchire la Corte di quella morale Cristiana che la caratterizzava; rendersi vicina ai più poveri con un concetto nuovo di carità, mirante a restituire loro piena dignità attraverso formazione e lavoro, con laboratori artigiani e manifatture, educandati, scuole. La dignità della persona, valore irrinunciabile per il cuore di Maria Cristina, la spinse a mediare con il Re perché a nessun condannato venisse inflitta la pena capitale: “Punite, se dovete, ma mai con la morte. Perché così neghereste a quell’anima la possibilità di redimersi”. Questo insegnamento della giovane Sovrana venne accolto e custodito da Ferdinando, il quale, nella sua epoca, fu il Sovrano che, più di altri, graziò e condonò le pene. La felice unione della beata con il Re delle Due Sicilie portò indubbiamente a reciproci insegnamenti e a quei frutti buoni che un’anima Cristiana è chiamata a far germogliare.

Com’è possibile quindi, ha concluso il Relatore, che la Storia di questo Regno, che vide salire al Trono (seppur per brevissimo tempo) un santo Re quale fu il Servo di Dio Francesco II, sia terminata come sappiamo? In quanto Cristiani e Cavalieri, che hanno il proprio vanto nella Croce di Cristo, la risposta può essere trovata, ha suggerito il Relatore, solo in una prospettiva di Fede.

Il santuario di Nostra Signora dell’Acquasanta
a Genova

Nel cuore del borgo di Acquasanta, alle spalle di Voltri, immerso tra boschi e cime appenniniche sorge l’antichissimo e splendido santuario di Nostra Signora dell’Acquasanta. Il luogo di culto vanta origini molto lontane, di qualche secolo antecedenti al 1400. Da quell’epoca il santuario fu sempre meta di grandi flussi di pellegrinaggi che portarono a fine del 1600 al suo ampliamento. I lavori furono ultimati nel 1710 e il santuario assunse l’aspetto attuale. Il santuario fu scelto dalla Principessa Maria Cristina di Savoia per celebrare il suo matrimonio con S.M. Ferdinando II di Borbone, Re delle Due Sicilie, il 21 novembre 1832.

A ridosso del piazzale del santuario, sulla riva del fiume Leira, sorge la cappella dell’Apparizione, sul cui altare interno è custodita un’antica statuina della Madonna. La cappella sorge ai piedi della Scala Santa, salita di 33 gradini che i pellegrini risalgono in ginocchio.

La Beata Maria Cristina di Savoia
Bella come un angelo

La Beata Maria Cristina di Savoia, Regina delle Due Sicilie, nata il 14 novembre 1812, era la figlia minore del Re di Sardegna, Vittorio Emanuele I, e dell’Arciduchessa Maria Teresa d’Asburgo-Este. Fu la prima moglie di Ferdinando II di Borbone, Re delle Due Sicilie.

La Regina Maria Cristina è stata una delle prime ad avviare un concetto nuovo di carità. Non più il semplice obolo, ma l’adoperarsi per offrire ai bisognosi l’opportunità di una vita migliore. Nei quartieri più abbandonati di Napoli aprì mobilifici e maglifici, e inserì nelle seterie del Casertano una produzione di abiti e tessuti dando lavoro e riscatto a tantissime persone.

Bella, mite e colta – «charmante et parfaite», la definiva il Conte di Cavour – a suo agio con ambasciatori, sovrani e lazzaroni, portatrice di una visione politica di orientamento riformista e, talvolta, apertamente liberale: sono queste le caratteristiche di Maria Cristina, che nel breve arco della sua vita sarà capace di ritagliarsi un profilo di grande spessore, a dispetto della sua estrema riservatezza.

La Sovrana riuscì ad instaurare col marito un rapporto di profonda stima reciproca e ad essere al suo fianco non solo nella vita coniugale, ma anche nella vita politica e sociale, seppure in modo discreto. Accanto a questo “ruolo indiretto” spicca il vero e proprio protagonismo della regina nella gestione dell’assistenza e della beneficenza pubblica, nella promozione del mecenatismo di Stato, nell’ideazione di progetti relativi alla custodia ed alla valorizzazione dei beni architettonici e culturali del Regno. Anche sotto il profilo delle relazioni diplomatiche, Maria Cristina è in grado di incidere profondamente dando vita ad una complessa trama di affari, capace di rafforzare la proiezione internazionale della Corona delle Due Sicilie.

Lo studio dei documenti permette di tratteggiare il volto di una regina “moderna” e cosmopolita, ostile alle persecuzioni politiche (celebri sono le sue intercessioni per la sospensione della pena di morte, che hanno portato ad una moratoria per i condannati politici), attenta ai temi dell’emancipazione (soprattutto femminile), della tutela delle arti e delle antichità, della comunicazione con le masse, dell’assistenza agli indigenti e dell’assistenza sociale di Stato, che rappresentano a tutti gli effetti un “surrogato” del protagonismo politico vero e proprio.

A lei si deve l’istituzione di un opificio di letti, indumenti e coperte presso il convento di San Domenico Soriano, per distribuirne i prodotti alle famiglie meno abbienti; a lei si deve il rilancio della lavorazione del corallo a Torre del Greco e quello dell’industria serica a San Leucio, due straordinarie misure di politica economica che aspettano ancora di essere ricostruite in modo approfondito e analitico: è stata lei a percorrere sul lavoro alcuni principi della Dottrina Sociale della Chiesa. Infatti, a lei si devono, ancora, l’estensione delle misure di protezione sociale e il rilancio delle manifatture e dei commerci in tutte le province del Regno, e in particolare nella “ribelle” Sicilia, nella convinzione che solo una rinnovata presenza dello Stato e un volto più clemente della monarchia avrebbero potuto colmare la distanza fra l’isola e la capitale partenopea.

Maria Cristina morì il 31 gennaio 1836, non ancora ventiquattrenne, per i postumi del parto, nel dare alla luce l’unico figlio Francesco, che alla morte del padre sarebbe salito al trono, divenendo in tal modo l’ultimo Re del Regno delle Due Sicilie. Lo stesso Francesco sarebbe stato educato nel culto di sua madre, chiamata la Regina Santa. All’unica figlia del Servo di Dio Francesco II e di sua moglie Maria Sofia di Baviera, una bambina che nacque quando i genitori erano già in esilio, venne dato il nome della nonna. La piccola Maria Cristina Pia visse però solo alcuni mesi.

Anche per via delle grazie che il popolo napoletano attribuiva alla sua intercessione, e per l’interessamento del Re Ferdinando II, il 6 novembre 1852 l’Arcivescovo metropolita di Napoli, il Venerabile Cardinale Sisto Riario Sforza, avviò il Processo sulla fama di santità, virtù e miracoli della Regina consorte Maria Cristina. Nel corso del Processo Ferdinando II dichiarerà: «Lei mi ha insegnato a vivere e a morire». Il 9 luglio 1859 fu dichiarata Serva di Dio da Papa Pio IX e iniziò il Processo di Beatificazione e Canonizzazione. il 6 maggio 1937 fu dichiarata Venerabile da Papa Pio XI. A questo punto però, anche a causa della Seconda Guerra Mondiale e delle vicende conseguenti, tra cui il bombardamento di Napoli e la distruzione del complesso monumentale di Santa Chiara, la Causa subì un rallentamento negli anni seguenti. In seguito, fu proclamata la Repubblica in Italia e Re Umberto II di Savoia andò in esilio.

Poi, la causa di beatificazione e canonizzazione fu rimessa in moto dai Convegni di Cultura Maria Cristina di Savoia e sabato 25 gennaio 2014 presso la Reale Basilica di Santa Chiara di Napoli, dov’è sepolta nella Cappella Reale dei Borbone, si tenne il rito di beatificazione in una solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta dal Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo metropolita di Napoli, concelebranti dal Cardinale legato Angelo Amato, dal Cardinale Renato Raffaele Martino e dagli Arcivescovi Tommaso Caputo, Armando Dini, Fabio Bernardo D’Onorio, Arrigo Miglio e Mario Milano.

In occasione della preghiera dell’Angelus Domini del 26 gennaio 2014 Papa Francesco disse: «Ieri, a Napoli, è stata proclamata Beata Maria Cristina di Savoia, vissuta nella prima metà del secolo diciannovesimo, Regina delle Due Sicilie. Donna di profonda spiritualità e di grande umiltà, seppe farsi carico delle sofferenze del suo popolo, diventando vera madre dei poveri. Il suo straordinario esempio di carità testimonia che la vita buona del Vangelo è possibile in ogni ambiente e condizione sociale».

  • Per approfondire: Beata Maria Cristina: esempio per chi è nelle condizioni di poter aiutare i poveri [QUI]

S.M. Ferdinando II di Borbone
Re delle Due Sicilie

Ferdinando Carlo Maria di Borbone nacque a Palermo il 12 gennaio 1810 e morì a Caserta il 22 maggio 1859. Fu Sovrano del Regno delle Due Sicilie dall’8 novembre 1830 al 22 maggio 1859. Fu il primogenito di S.M. Francesco I delle Due Sicilie e della sua seconda moglie, Maria Isabella di Spagna. Nelle vene scorreva quindi il sangue delle più importanti dinastie europee, i Borbone di Francia, Spagna e Napoli e gli Asburgo-Lorena. Alla nascita ricevette il titolo di Duca di Noto, essendo il primogenito dell’erede al trono. Assunse il titolo di Duca di Calabria, quando il suo padre divenne Re.

Visse in una famiglia numerosa (con una sorellastra e dieci tra fratelli e sorelle), in semplicità di vita e di abitudini, molto legato al padre, che ne seguì da vicino l’educazione. Fu educato ad una religiosità sentita, vissuta con convinzione nelle pratiche del culto, accompagnato da convinzioni morali ispirate ai principi Cristiani. Ricevette una solida preparazione politica e militare nelle accademie dove trascorse gran parte della giovinezza. Seguì con zelo un piano di studi, che andava dal catechismo e dalla storia sacra al latino, a nozioni di aritmetica e di geometria, alla geografia, alla retorica e alla logica, alla storia della Francia e dei Re delle Due Sicilie, a principi di filosofia e di giurisprudenza. Parlò correntemente varie lingue moderne. Altissimo, robusto, amò gli esercizi fisici, e si appassionò a tutti gli aspetti della vita militare. Intelligente, dotato di memoria straordinaria (ricordava i nomi di tutte le persone conosciute, anche dei soldati), ambizioso, desideroso di ben figurare, fu precocemente maturo. Il padre, fisicamente e moralmente provato, ne secondò il desiderio di assumere responsabilità precise. Appena diciassettenne, esplicò con autorità e competenza un incarico che per la sua età era sembrato puramente onorifico. Nel marzo 1826 passò per la prima volta ufficialmente in rivista le truppe; con decreto del 29 maggio 1827 fu nominato comandante generale dell’esercito di terra.

Succedette al padre Francesco I in giovanissima età, appena ventenne, e fu autore di un radicale processo di risanamento delle finanze del Regno. Successe al padre ventenne e mirò subito alla riorganizzazione dello Stato, alla riduzione del debito pubblico e alla pacificazione delle parti sociali ancora in tumulto dopo il periodo napoleonico. Con una serie di regi decreti ridusse l’opprimente burocrazia degli uffici statali e provvide alla riorganizzazione del bilancio.

Fu merito di Ferdinando II intervenire prontamente in uno dei campi dove era più acuto il malcontento. Le misure prese riscossero la generale approvazione. Dati sulla riduzione delle spese comunali e della contemporanea diminuzione delle gabelle furono pubblicati dalla stampa. La popolarità del Re fu accentuata dalla sua presenza nelle province del Regno. Dal maggio 1831 cominciò una serie di viaggi con i quali prese contatto diretto con le popolazioni. L’attivismo del sovrano stimolava lo zelo dei funzionari, e si ripercuoteva sull’ordine pubblico, che andò progressivamente migliorando.

Sotto il suo dominio, il Regno delle Due Sicilie conobbe una serie di innovazioni in campo tecnologico, come la costruzione della Ferrovia Napoli-Portici, prima in Italia, e la creazione di alcuni impianti industriali, come le Officine di Pietrarsa. Diede inoltre grande impulso alla creazione della Marina Militare e mercantile, nel tentativo di aumentare gli scambi con l’estero. Il suo regno fu sconvolto dai moti rivoluzionari del 1848. Alla sua morte, il trono passò al figlio Francesco II, nato dal primo matrimonio di Ferdinando II con Maria Cristina di Savoia, sotto il cui governo avrà termine la storia delle Due Sicilie, usurpato dal Regno d’Italia in seguito alla Spedizione dei Mille e all’intervento piemontese.

Il matrimonio di S.M. Ferdinando II di Borbone
e la Principessa Maria Cristina di Savoia

S.M. Ferdinando II di Borbone, Re delle Due Sicilie e la Principessa Maria Cristina di Savoia, la figlia minore di Vittorio Emanuele I, Re di Sardegna e Duca di Savoia, si unirono in matrimonio, prima per procura a Milano e poi il 21 novembre 1832 a Genova nel santuario di Nostra Signora dell’Acquasanta. Ferdinando raggiunse in incognito la promessa sposa, dopo soste a Roma, per rendere omaggio al Pontefice e a Firenze.

Le nozze furono il risultato di accordi politico-dinastici tra i Borbone e i Savoia che coltivavano da lungo tempo rapporti di amicizia e di pensiero. Pur essendo ancora lontana all’inizio del XIX secolo l’idea dell’unità italiana, questo matrimonio, all’indomani della tempesta napoleonica che aveva esiliato le due famiglie reali, doveva rispondere all’esigenza di rafforzare la difesa della penisola italiana dalle invasioni e dalle ingerenze di forze straniere.

Il 26 novembre 1832 la giovane coppia reale s’imbarcò da Genova sulla fregata Regina Isabella, raggiungendo in quattro giorni di viaggio il Regno delle Due Sicilie. A Napoli furono accolti da una pioggia torrenziale e una folla festante e gioiosa che da subito impressionò la giovane regina sabauda.

Avanzamento lettura