Questo tipo di commemorazione in onore delle Loro Maestà, è un evento ricorrente del calendario annuale della Guardia d’Onore alle Reali Tombe dei Sovrani Borbone.

In particolare, questa celebrazione per le LL.MM. il Re Carlo di Borbone e il Re Ferdinando IV di Borbone, evidenzia l’importanza e la memoria ancora viva dei Reali Borbone dei Regni di Napoli e Sicilia, poi delle Due Sicilie, e di tutti coloro che hanno dedicato la loro vita al servizio della Patria e del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio. Le celebrazioni Costantiniane vogliono essere un piccolo contributo volto a chiarire come le gloriose tradizioni e il carisma della Cavalleria Cristiana, abbiano – ancora oggi – un significato ed un valore nella declinazione in senso Cristiano del potere come servizio, a seguito della testimonianza di San Giorgio, patrono dell’Ordine Costantiniano, secondo la Regola di San Basilio.



Sono intervenuti delle rappresentanze della Delegazione di Napoli e Campania del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, del Sovrano Militare Ordine di Malta, della Luogotenenza per l’Italia Meridionale Tirrenica dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, della Guardia d’Onore alle Reali Tombe dei Sovrani Borbone, oltre che autorità civili e militari, tra cui personalità del Corpo Diplomatico Consolare di Napoli e della Marina Militare Spagnola.

A guidare la rappresentanza della Delegazione di Napoli e Campania dell’Ordine Costantiniano, il Delegato, Conte Don Gianluigi Gaetani dell’Aquila d’Aragona dei Duchi di Laurenzana, Cavaliere di Giustizia, accompagnato dai Consiglieri di Delegazione Antonio Masselli, Cavaliere de Jure Sanguinis, Segretario Generale ad interim, e dal Prof. Antonio De Stefano, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento, Responsabile della Comunicazione ad interim.

Ha partecipato S.E. il Marchese Don Pierluigi Sanfelice di Bagnoli, Cavaliere Gran Croce di Giustizia, Luogotenente per l’Italia Meridionale Peninsulare della Real Commissione per l’Italia dell’Ordine Costantiniano, Comandante Generale della Guardia d’Onore alle Reali Tombe dei Sovrani Borbone.
Inoltre hanno partecipato i Cavalieri di Giustizia Ernesto Capece Minutolo di Canosa e Ignazio Frezza di San Felice; il Cavaliere de Jure Sanguinis con Placca d’Oro Franco Iacobini*, Referente per l’Area dei Castelli Romani della Delegazione di Roma e Città del Vaticano; i Cavalieri de Jure Sanguinis Luigi Andreozzi*, Giuseppe Maio Orsini, Patrizio Giangreco e Giovanni Carlo Parente Zamparelli; i Cavalieri di Merito con Placca d’Argento Ettore Corrado Araimo, Stefano D’Ambrosio, Gesualdo Marotta e Francesco Schillirò; i Cavalieri di Merito Salvatore Alovisi*, Maurizio Barbato*, Maurizio Bava Gagliardi, Antonio Caputo e Carlo Iavazzo; i Cavalieri di Ufficio Nicola Di Frenna, Segretario della Delegazione della Campania del Real Circolo Francesco II di Borbone, Antonino Giunta e Valerio Stefano Sacco; i Postulanti Valeria Pessetti, Silvio Beducci, Attilio Barone, Angelo De Luca, Gennaro Napoletano, Ciro Sommella e Luigi Tullio; i Volontari della Guardia d’Onore Francesco Andreozzi, Raffaele Anatriello, Ciro Di Palma, Renato Fasano Celentano, Michele Finaldi, Luigiantonio Galasso, Donato Mastrullo, Gianluca Miloro, Francesco Muscariello, Dario Taranto, Giovanni Tartaglione, Antonio Virgili e Adriano Zeni; degli amici dell’Ordine Costantiniano e della Guardia d’Onore.
* Cavalieri Costantiniani, Membri della Guardia d’Onore alle Reali Tombe dei Sovrani Borbone



In rappresentanza del Sovrano Militare Ordine di Malta ha presenziato il Gran Priore di Napoli e Sicilia, S.E. Fra’ Nicolò Custoza de’ Cattani, Cavaliere di Giustizia Professo di Voti Solenni, accompagnato dal Cancelliere Gran Priorale, il Nob. Umberto Taccone dei Marchesi di Sitizano, Cavaliere di Onore e Devozione in Obbedienza.

In rappresentanza dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme ha presenziato il Luogotenente per l’Italia Meridionale Tirrenica, S.E. Prof. Dott. Giovanni Battista Rossi, Cavaliere di Gran Croce, accompagnato dal Delegato della Delegazione Santi Ludovico da Casoria e Vincenzo Romano, il Gr.Uff Avv. Paolo Sautto, dal Delegato della Delegazione Pozzuoli-Ischia, il Cav. Dr. Carlo Cuomo, e un gruppo di Cavalieri.

Ha presenziato l’Ammiraglio Isidro Carrera Navas, del Contingente spagnolo della NATO a Napoli, accompagnato da un alto ufficiale della Marina Militare spagnola.

In rappresentanza del Corpo Diplomatico Consolare di Napoli, guidati dal Segretario Generale dell’Associazione Corpo Diplomatico Consolare di Napoli, Avv. Gennaro Famiglietti, Console della Bulgaria, hanno presenziato l’Avv. Francesco Napolitano, Console della Mauritania; la Prof.ssa Maria Luisa Cusati, Console del Portogallo; l’Avv. Eugenio Patroni Griffi, Console dell’Austria; l’Avv. Gerry Danesi, Console del Nicaragua; l’Avv Antonio Maione, Console della Colombia e l’Avv. Carmine Capasso, Cavaliere di Merito dell’Ordine Costantiniano, Console dello Sri Lanka.




La cerimonia commemorativa è iniziata con l’uscita in corteo dei Cavalieri Costantiniani in ordine di grado e dei membri della Guardia d’Onore preceduti dalla bandiera Reale di Borbone delle Due Sicilie e dalla bandiera dell’Ordine Costantiniano, seguiti dal Comandante Generale con il Consiglio Direttivo della Guardia d’Onore.


Dopo la collocazione delle bandiere presso la Cappella Reale dei Borbone da parte degli Alfieri, a turno due Cavalieri Costantiniani appartenenti alla Guardia d’Onore hanno montato di picchetto a guardia delle Reali Tombe: Luigi Andreozzi, Cavaliere de Jure Sanguinis e Serafina Cappiello, Dama di Merito; Franco Iacobini, Cavaliere de Jure Sanguinis con Placca d’Oro e Salvatore Alovisi, Cavaliere di Merito.

Prima dell’inizio del Sacro Rito, Luigi Andreozzi, Cavaliere de Jure Sanguinis, ha commemorato le LL.MM. i Re Calo e Ferdinando IV.







La solenne Celebrazione Eucaristica è stata presieduta da Fra’ Francesco Patton, OFM, Custode di Terra Santa, Guardiano del Santo Monte Sion e del Santissimo Sepolcro di Nostro Signore Gesù Cristo, Ministro Provinciale dei Frati Minori in tutto il Medio Oriente, concelebranti il Cappellano Capo della Delegazione di Napoli e Campania dell’Ordine Costantiniano, Fra’ Sergio Galdi d’Aragona, OFM, Cappellano di Giustizia, Commissario Generale di Terra Santa in Napoli (Campania, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria e Puglia); Fra’ Carlo Maria D’Amodio, OFM, Cappellano di Merito con Placca d’Argento, Ministro provinciale della Provincia Francescana Napoletana; Fra’ Massimiliano Scarlato, OFM, Parroco della Reale Basilica di Santa Chiara; Don Carlo Giuliano e Don Luigi Pecoraro, Cappellani di Merito, ed altri tre sacerdoti francescani, assistiti per il servizio liturgico da un frate francescano e cinque ministranti della basilica. Ha curato il cerimoniale, Domenico Giuseppe Costabile, Cavaliere di Merito.

L’animazione liturgica è stata curata dalla Corale della basilica diretta dal Maestro Pasquale Cava, accompagnati all’organo dal Maestro Armando Valentini, Maestro di Cappella della basilica.

All’inizio del Sacro Rito, Fra’ Sergio Galdi d’Aragona ha rivolto parole di ringraziamento per la loro presenza ai partecipanti e per la Celebrazione Eucaristica a Fra’ Francesco Patton, ricordando che l’indomani successivo ci sarebbe stata una sua presenza presso l’Arciconfraternita dei Pellegrini per la presentazione di un suo libro Come un pellegrinaggio-I miei giorni in Terra Santa sull’esperienza dei nove anni quale Custode di Serra Santa. Successivamente Fra’ Francesco Patton ha ringraziato per la loro presenza il Conte Gianluigi Gaetani dell’Aquila d’Aragona, S.E. il Marchese Don Pierluigi Sanfelice di Bagnoli, S.E. Fra Nicolò Custoza de’ Cattani, S.E. Prof. Dott. Giovanni Battista Rossi, nonché le Autorità Civili e Militari intervenuti, l’Avv. Gennaro Famiglietti e i membri del Corpo Consolare intervenuti.
Fra’ Patton ha poi ricordato che la Celebrazione Eucaristica era dedicata alla memoria delle LL.MM. il Re Carlo di Borbone e il Re Ferdinando IV di Borbone. Ha sottolineato che il luogo è particolarmente significativo per i Frati Minori della Custodia di Terra Santa, perché custodisce le salme di Roberto d’Angiò [*] insieme a quelle della consorte, la Regina Sancha d’Aragona, che nel 1333 negoziarono per i Frati Minori la possibilità di essere custodi dei luoghi santi e dopo nove anni, nel 1342, chiesero ed ottennero dal Papa Clemente VI, l’ufficialità della Custodia di Terra Santa, che diede disposizioni per la nuova entità con le Bolle Gratias agimus e Nuper carissimæ.




La Prima Lettura (Eb 8,6-13 – Gesù è mediatore di una migliore alleanza) è stata recitato da Stefano D’Ambrosio, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento. Il Salmo Responsoriale (Sal 84 (85) – Le vie del Signore sono verità e grazia) è stato cantato da Beatrice Piantadosi, membro del Coro della Basilica di Santa Chiara. Il Vangelo (Mc 3,13-19 – Chiamò a sé quelli che voleva perché stessero con lui) è stato proclamato da Fra’ Massimiliano Scarlato. La Preghiera dei Fedeli è stata recitata da Domenico Giuseppe Costabile, Cavaliere di Merito.

Nella sua omelia, Fra’ Francesco Patton ha sottolineato alcuni temi che la Parola di Dio presentava, sottolineando il senso della Celebrazione Eucaristica.
«Gesù salì sul monte, predicava sulle colline intorno a Gerusalemme e durante la predicazione fece una cosa molto particolare, fa una chiamata, chiama quei dodici che poi saranno gli apostoli, che significa gli inviati. Chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Il Signore sceglie quelli che vuole che stiano con Lui ed avere con Lui un legame particolare, e che poi può inviare ad annunciare il vangelo dando loro il potere di scacciare i demoni. (…) Aveva davanti a sé una folla di 5000 uomini ed ad un certo punto cominciò a gridare dei nomi, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, Matteo il pubblicano, Simone il Cananeo e glia altri (…). Chiama questi per nome dalla grande folla, chiama quelli che può mandare ad annunciare il Vangelo. Questo racconto è molto importante per noi cristiani perché ci fa capire cosa vuol dire far parte della Chiesa, ed anche che cosa vuol dire far parte di una Chiesa che è comunità, di una Chiesa che è fraternità. I dodici che vengono chiamati sono personaggi che hanno caratteristiche molto diverse, sono personaggi alcuni dei quali sono pescatori, qualcun altro faceva altri mestieri ed avevano qualche difficoltà ad essere accettati socialmente. Matteo era un “pubblicano”, faceva il mestiere dell’esattore delle tasse da parte dei Romani e collaborava con i romani. E dentro questo gruppo c’era anche Simone il Cananeo, l’apostolo che faceva parte del ribellismo zelota, un gruppo religioso quello degli zeloti che era contro i Romani e i loro collaboratori. Avevano sempre sotto al mantello un pugnale e quando avevano l’occasione per colpire i Romani e i loro collaborazionisti, lo facevano. In questo gruppo, messo insieme da Gesù, ci sono persone diverse. Qualcuno che collaborava con i Romani, Matteo, e qualcuno che invece ammazzava chi collaborava con i Romani, Simone. Che cosa ci vuole dire il Signore: ci sta dicendo che chiamando a sé persone diverse, fa in modo che la diversità non sia più un ostacolo a vivere insieme, ma mano a mano che le persone si avvicinano a Gesù le persone si avvicinano anche tra loro. È questo è il segreto della vita in fraternità, della comunità cristiana, della Chiesa. Nella Chiesa non siamo tutti uguali, nella chiesa abbiamo persone diverse, abbiamo storie diverse, nel momento che siamo chiamati da Gesù e attirati tutti a lui, vengono rimossi tutti gli ostacoli culturali e sociali che ci dividono. Gesù è l’unico che può riconciliare le persone attirandole a sé. Sono tutti riuniti insieme nel nome di Gesù. Gesù è l’unico che è in grado di riconciliare le persone perché donato se, ha attirato tutti a sé, come l’unico che è in grado di rimuovere tutti gli ostacoli con l’amore, donando se stesso per amore, e lo fa al prezzo della sua vita. Gesù chiama, Gesù raduna, Gesù riunisce, Gesù riconcilia e lo fa al prezzo della Sua vita. Tutti noi siamo qui insieme anche se con gruppi diversi, siamo insieme nel nome di Gesù. Questo succede anche in Terra Santa, siamo tutti Cristiani anche se diversi, Cattolici Romani, Copti, Armeni, Ortodossi, e tutti gli altri riti, tutti riconciliati, riuniti nel nome di Gesù. Un altro aspetto importante anche per noi che operiamo in terra Santa, lo rileviamo dal Salmo, il tema della pace “Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno”. Come ci ricordava Giovanni XXIII nella sua Lettera enciclica Pacem in terris, scritta in un momento particolare, quando il mondo sembrava essere sull’orlo di una terza guerra mondiale, amore, verità, giustizia e libertà. Se vogliamo che ci sia la pace dobbiamo utilizzare questi quattro elementi essenziali per costruire la pace, in terra Santa ed in tutto il mondo».
L’incontro con il Custode di Terra Santa
Fra’ Francesco Patton, OFM
Conclusa la Celebrazione Eucaristica, alle ore 20.00 circa, Fra’ Francesco Patton si è intrattenuto con gli intervenuti presso la chiesa di Gesù Redentore e San Ludovico d’Angiò, cappella delle Clarisse, in piazza del Gesù Nuovo 2, per portare la sua testimonianza e discutere sulla situazione e su quanto sta accadendo in quella martoriata regione del medio Oriente e nei luoghi santi della Cristianità.
La chiesa delle Clarisse custodisce nel coro un affresco di Gesù Redentore tra santi e donatori, tra cui spiccano le figure di San Ludovico d’Angiò e della Regina Sancha d’Aragona, benefattrice e fondatrice del monastero di Santa Chiara.






Fra’ Patton ha presentato un excursus storico della Custodia di Terra Santa, sottolineando lo stretto legame della Custodia con Napoli e con i Reali Roberto d’Angiò e Sancha d’Aragona, benefattori della Custodia di Terra Santa, che con il loro operato, la loro diplomazia e la loro beneficenza fecero in modo che i Frati Minori Francescani avessero la possibilità di essere custodi dei luoghi santi.
Infatti, da 800 anni i Frati Francescani della Custodia di Terra Santa, che provengono da tutte le parti del mondo, sono chiamati per una missione speciale che è quella di custodire i luoghi della Salvezza. Oltre a preservare quei luoghi, sono lì per aiutare la comunità Cristiana, per donare una speranza concreta per un futuro migliore a tanti bambini orfani, disagiati, emarginati e bisognosi che vivono in situazioni di emergenza e difficoltà.
Varie Bolle pontificie hanno sottolineato il mandato e la missione dei Frati Francescani della Custodia di custodire i luoghi santi della Cristianità in Terra Santa, agendo così per mandato papale. Di recente, Papa Francesco ha rinnovato il loro mandato con una lettera inviata per gli 800 anni di presenza francescana in Terra Santa.
Fra’ Patton ha poi sottolineato l’importanza della missione della Custodia di Terra Santa, ricordando che la presenza dei Frati Francescani non è solo quella di custodire fisicamente i luoghi santi, ma anche quella di essere un segno vivente della speranza Cristiana in una terra segnata da conflitti e difficoltà. In questo modo, i Frati Francescani non sono solo guardiani del patrimonio spirituale, ma anche portatori di un messaggio di pace e di riconciliazione tra i popoli.
La Custodia di Terra Santa si occupa non solo della conservazione dei luoghi santi, ma anche di molte attività sociali, tra cui scuole, frequentate da alunni professanti le varie fedi, Cristiana, Mussulmana, Ebraica, con inseganti anch’essi delle varie religioni, che convivono insieme come fratelli, amici senza nessuna difficoltà. Nonché ospedali, e opere di carità che aiutano i più vulnerabili, come i bambini orfani, i disagiati e le famiglie che vivono in povertà. L’impegno quotidiano dei Frati Francescani si traduce in una testimonianza concreta dell’amore Cristiano, che si manifesta nel servizio verso chi soffre e ha bisogno di speranza.
Dopo le azioni manu militari delle Crociate del XIII secolo, l’accesso ai luoghi santi venne assicurato con una nuova strategia, l’apostolato missionario, che con la presenza inerme dei Frati Francescani, sostituì le spedizioni militari. Questo seguendo quanto San Francesco indicò, col suo modo di comportarsi, ai missionari francescani: come dimorare in quelle regioni e il campo specifico della loro attività. L’evangelizzazione deve farsi, secondo il Santo di Assisi, amichevolmente e con estrema umiltà, come aveva fatto lui nei riguardi del Sultano.
I luoghi santi vanno amati e venerati perché riguardano i momenti più salienti della vita di Cristo. Fra’ Patton ha poi sottolineato il valore del pellegrinaggio in Terrasanta esortando, come ha avuto modo di fare anche in altre occasione, a riprenderlo al più presto. Quando si va in pellegrinaggio in Terra Santa, non si hanno solo benefici personali, ma si fa sentire quella comunità Cristiana che anch’essa parte di una famiglia che è universale e Cattolica, è la famiglia dei Cristiani, della Chiesa, che vive in tutto il mondo.
Oltretutto, e non è un aspetto trascurabile, c’è anche una dimensione molto concreta di solidarietà, quella economica. Quando si va come pellegrini in Terra Santa al tempo stesso si dà anche la possibilità ai cristiani residenti di vivere dignitosamente del proprio lavoro, si dà una mano all’indotto produttivo di quei luoghi, in quanto molti di essi sono impegnati nella produzione e vendita di vari oggetti solidali, impegnati nelle varie strutture di ospitalità e turistiche, e negli indotti ad esse legati.
Successivamente Fra’ Patton ha risposto ad alcune domande sulla travagliata situazione in cui versano i luoghi di Terra Santa.



Successivamente, in un incontro riservato alla presenza dei soli Frati Francescani, Fra’ Sergio Galdi d’Aragona ha donato alle Clarisse una copia del ritratto della Regina Sancha d’Aragona, fondatrice del monastero di Santa Chiara, benefattrice e figura fondamentale nella storia della Custodia di Terra Santa.

[*] Roberto d’Angiò, detto il Saggio (Santa Maria Capua Vetere, 1278–Napoli, 16 gennaio 1343), figlio del Re Carlo II d’Angiò e della Regina Maria Arpad d’Ungheria, fu nominato nel 1296, durante il regno di suo padre, primo Duca di Calabria, titolo che mantenne fino alla sua incoronazione a Re di Napoli, avvenuta alla morte del padre nel 1309. Fu sovrano del Regno di Napoli, Conte di Provenza e di Forcalquier, e Re titolare di Gerusalemme, fino alla sua morte, avvenuta nel 1343. Essendo morto senza eredi legittimi in vita, gli subentrò sul trono la nipote Giovanna, figlia di suo figlio Carlo, Duca di Calabria.
Roberto sposò in prime nozze il 23 marzo 1297 Jolanda d’Aragona (1273-1302), figlia di Pietro III, Re di Aragona, e di Costanza di Hohenstaufen, dalla quale ebbe: Carlo (1298–1328), Duca di Calabria e pertanto erede del Regno e padre di Giovanna, successiva regina; e Luigi (Catania, 1300–1310). Sposò poi in seconde nozze il 21 giugno 1304 Sancha d’Aragona, figlia di Giacomo II di Maiorca e di Escalrmonde de Foix, ma la coppia non ebbe figli.
Il servizio fotografico è a cura dei Postulanti dell’Ordine Costantiniano Gennaro Napoletano, Ciro Sommella e Luigi Tullio; del Volontario della Guardia d’Onore Francesco Andreozzi; della Parrocchia di Santa Chiara; e della Custodia di Terra Santa in Napoli.

Carlo di Borbone (Madrid, 20 gennaio 1716 – Madrid, 14 dicembre 1788), Re di Napoli, come Carlo VII, e Re di Sicilia, come Carlo III, dal 1734 al 1759, poi Re di Spagna, come Carlo III, dal 1759 al 1788, già Duca di Parma e Piacenza, come Carlo I, dal 1731 al 1735. Gran Maestro dell’Insigne Ordine del Toson d’Oro spagnolo, del Reale ed Insigne Ordine di San Gennaro, del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, del Reale e Distinto Ordine spagnolo di Carlo III, degli Ordini Militari Spagnoli (Santiago, Calatrava, Alcantara e Montesa), Cavaliere dell’Ordine dello Spirito Santo.
Primogenito delle seconde nozze di Filippo V di Spagna con Elisabetta Farnese, era durante l’infanzia solo terzo nella linea di successione al trono spagnolo, cosicché sua madre si adoperò per dargli una corona in Italia rivendicando l’eredità dei Farnese e dei Medici, due dinastie italiane prossime all’estinzione. Grazie ad un’efficace combinazione di diplomazia e interventi armati, Elisabetta Farnese riuscì a ottenere dalle potenze europee il riconoscimento dei diritti dinastici di Carlo sul Ducato di Parma e Piacenza, di cui egli divenne duca nel 1731, e sul Granducato di Toscana, dove l’anno seguente fu dichiarato gran principe (cioè principe ereditario). Nel 1734, durante la guerra di successione polacca, al comando delle armate spagnole conquistò il Regno di Napoli e l’anno successivo quello di Sicilia, sottraendoli alla dominazione austriaca. Nel 1735 fu incoronato Re di Sicilia a Palermo, e nel 1738 fu riconosciuto sovrano dei due regni dai trattati di pace, in cambio della rinuncia agli Stati farnesiani e medicei in favore degli Asburgo e dei Lorena. Alla morte del fratellastro Ferdinando VI nel 1759, fu chiamato a succedergli sul trono di Spagna.
Capostipite della dinastia dei Borbone delle Due Sicilie, S.M. il Re Carlo III di Borbone inaugurò un nuovo periodo di rinascita politica riformista, ripresa economica e sviluppo culturale. Fu un Sovrano illuminato, che amò il popolo e l’arte, e fece di Napoli e Madrid due capitali internazionali. Dal carattere allegro ed esuberante, amante della caccia, Carlo di Borbone avviò la commissione di grandi opere edilizie, e tra queste il Real Albergo dei Poveri a Napoli e la Reggia di Caserta. Riformò il fisco e il complesso legislativo napoletano, costituirò il Museo di Capodimonte per la collezione dei dipinti, ereditata dalla madre Elisabetta Farnese. Fondò inoltre per la produzione di importanti manifatture artistiche la Real fabbrica degli arazzi, il Laboratorio delle pietre dure, la Real Fabbrica della porcellana di Capodimonte e la Real fabbrica di maioliche di Caserta.
- La Corona di Re Carlo di Borbone alla Reggia di Caserta. Un capolavoro di storia e di arte [QUI]
- La presentazione del libro “Carlo di Borbone. L’epoca eroica del monarca illuminato” al Palazzo Reale di Napoli [QUI]

Ferdinando IV di Borbone, Re a soli otto anni, nel 1759, quando il padre Carlo sali sul trono di Spagna, era nato nel Palazzo reale di Napoli il 12 gennaio 1751.
Dal Principe di San Nicandro ricevette un’educazione mirata soprattutto alla cura della robustezza del corpo e di marca abbastanza popolare. I suoi tratti e il suo parlare in lingua napoletana gli valsero il soprannome – nient’affatto dispregiativo – di “Re Lazzarone”. Col termine “Lazzari” o “Lazzaroni” erano indicati i popolani di Napoli che si batterono strenuamente ed eroicamente contro i soldati napoleonici e i giacobini repubblicani nel 1799 in difesa e a nome di Ferdinando, della monarchia e della Chiesa. Ferdinando può essere senz’altro considerato il Sovrano che per eccellenza in Italia incarnò i criteri del riformismo illuminato, proseguendo e compiendo ciò che il padre aveva cominciato. Un Re che la vulgata storiografica nazionale ha sempre presentato come volgare, ignorante, fanatico e reazionario; un “Re Lazzarone”, “popolano”; ed infatti il popolo vero fu sempre con lui.
Dal 1759 al 1767, quando raggiunse la maggiore età, il Regno fu governato da un Consiglio di Reggenza che riceveva istruzioni da Madrid. Il giovane sovrano non aveva interesse per lo studio e non si era dedicato molto alla sua formazione, preferendo le battute di caccia ai libri.
A diciannove anni, nel 1768 sposò Maria Carolina d’Asburgo, figlia dell’Imperatrice del Sacro Romano Impero Maria Teresa d’Asburgo, sorella quindi degli Imperatori Giuseppe II e Leopoldo II e della Regina di Francia Maria Antonietta. Ferdinando ebbe da lei 18 figli. Delle figlie femmine, la primogenita Maria Teresa sposò l’Imperatore del Sacro Romano Impero Giuseppe II, la secondogenita Maria Luisa il Granduca di Toscana Ferdinando III, Maria Cristina il Re di Sardegna Carlo Felice, Maria Amelia il Re dei Francesi Luigi Filippo, Maria Antonietta il Re di Spagna Ferdinando VII.
Maria Carolina ebbe un ruolo di primo piano nel governo del Regno, sempre più orientato a favore dell’Austria. Tanto più quando la Segreteria di Stato fu affidata a John Acton, fedelissimo della Regina, che diede grande impulso alla riorganizzazione dell’esercito e della flotta. Dopo la Rivoluzione francese, il Regno fu schierato contro Francesi e Giacobini nella Prima coalizione antifrancese del 1792. L’espansione napoleonica in Italia provocò un nuovo conflitto con i Francesi nel 1798: l’esercito napoletano attacco la Repubblica napoletana e Ferdinando entrò in città da conquistatore. Ma durò pochi giorni e una controffensiva obbligo i Napoletani alla ritirata. Fu allora che il Re decise di lasciare Napoli e di traferirsi a Palermo. Dove rimase per tutta la durata della Repubblica napoletana del 1799 e dopo, fino al 1802, quando ritornò a Napoli, dando inizio a una dura restaurazione e repressione.
Alleato degli Austriaci nella Terza coalizione antifrancese (1805), dopo la sconfitta di quest’ultima da parte di Napoleone, il Regno di Napoli si ritrovo nei progetti espansionistici della Francia. Nel febbraio 1806 le truppe del Generale Massena entrarono in città, ma Ferdinando e la corte si erano già messi al riparo a Palermo. Napoleone dichiarò decaduta la dinastia borbonica e affidò la corona al fratello Giuseppe, che la tenne fino al 1808, quando fu proclamato Re di Spagna, sostituito a Napoli dal cognato Gioacchino Murat. Intanto Ferdinando, sostenuto dall’Inghilterra, rafforzava il suo potere in Sicilia, ma il tentativo di riprendere il controllo del Regno continentale dalla Calabria falli. Nel 1814 mori Maria Carolina e il Re si uni con matrimonio morganatico a Lucia Migliaccio. Caduto Napoleone, l’anno seguente Murat subì una pesante sconfitta a Tolentino. Le decisioni del Congresso di Vienna e il trattato firmato a Casalanza il 20 maggio 1815 aprirono le porte al ritorno a Napoli dei Borbone. Ferdinando tornò nella capitale il 7 giugno 1815. Nel dicembre 1816 fu istituito il Regno delle Due Sicilie e Ferdinando ne assunse il titolo corrispondente. I primi moti carbonari del 1820 coinvolsero anche Napoli, dove il re fu costretto a concedere una Costituzione, che si affretto a ritirare dopo la repressione della rivolta.
Il 4 gennaio 1825 Ferdinando morì dopo aver regnato per ben 65 anni e tre mesi. Gli successe il figlio Francesco I, a causa della morte prematura di Carlo Tito. È sepolto nella Cappella Reale dei Borbone presso la Real Basilica di Santa Chiara.
Un re incompreso
Nel libro Ferdinando IV di Borbone. Il Regno di Napoli e il Grande Gioco del Mediterraneo (Rubettino 2023, 142 pagine [QUI] – Visualizza anteprima di 24 pagine [QUI]), Emilio Gin prende in esame la politica estera del Regno di Napoli dalla fine della minorità del Re Ferdinando IV sino ai tragici eventi del 1799, tenendo presente il mutare degli equilibri geopolitici nel Mediterraneo dalla seconda metà del XVIII secolo. In particolare, viene seguito il processo di affrancamento dalla tutela spagnola e il riposizionamento del Regno tra le Potenze borboniche e le altre Potenze mediterranee, nell’ottica di costruzione di una progressiva indipendenza e di una politica di neutralità attiva sia sullo scenario italiano che mediterraneo.

Indice
Introduzione
Una media potenza nel Mediterraneo
– Il (vice) Regno prima del Regno
– Verso l’autonomia
– Un “re navigatore”
Una neutralità attiva
– Tra Vienna e Madrid
– Napoli e San Pietroburgo
– All’incrocio di tre imperi
Nella tempesta
– Guerra e pace
– Verso la catastrofe
– La riconquista del Regno
Note
Appendice bibliografica e delle fonti archivistiche
Indice dei nomi
Non è certo un personaggio storico di facile lettura Ferdinando IV di Borbone, Re di Napoli e di Sicilia dal 1759 al 1816, poi Ferdinando I di Borbone Re delle Due Sicilie dal 1816, sino alla morte avvenuta nel 1825. Figlio di Carlo, si trovò a nove anni sul trono, quando per una serie di circostanze il padre dovette optare per la corona di Spagna. Senza aver tempo per una piena maturazione, Ferdinando si dovette confrontare tutta la vita – è il caso di dire – con qualcuno vicino ma autorevole per poter affermare la propria personalità come uomo e sovrano: prima c’erano il padre, che da Madrid teneva il regno napoletano sotto tutela, e il potente consigliere Bernardo Tanucci, poi la moglie Maria Carolina d’Asburgo, sovrana volitiva, decisa a dire la sua sulle cose di Stato, e i vari uomini di fiducia, come l’Inglese John Acton, e così avanti. Fu un lungo Regno, più di sei decenni, per un sovrano descritto come ozioso e annoiato, dedito alla caccia e ai divertimenti, succube di chi gli stava attorno. Insomma, tanto le memorie del tempo quanto la successiva storiografia non hanno certo lasciato considerazioni positive su Ferdinando.
Emilio Gin, con questo agile libro edito da Rubbettino, Ferdinando IV di Borbone. Il Regno di Napoli e il Grande Gioco del Mediterraneo, cerca di smentire almeno in parte la consolidata versione che condanna il Re napoletano, rivisitando la politica estera del Regno di Napoli, così come l’ha voluta condurre Ferdinando tra gli anni Settanta del Settecento e l’avvento dei Francesi a fine secolo. Siamo nel dopo Aquisgrana, e soprattutto nel dopo 1756, quando l’intesa franco-austriaca chiuse la rivalità fra gli Asburgo e i Borbone in Italia. Si parla di equilibri stabili tra gli Stati italiani, di immobilismo, quasi di un’attesa per qualche cambiamento che, di fatto, dal 1789 si vedrà a partire dalla Francia. Sul piano internazionale ci sarebbe ben poco, a parte le spedizioni navali che Venezia manda contro i porti barbareschi. Nella stagione delle riforme illuminate, su cui c’è una storiografia sterminata, gli Stati italiani sembrano chiusi in se stessi, non rivelano ambizioni per andare oltre lo status quo. Tuttavia, e lo dimostra Gin in questo studio, non è da sottovalutare il dinamismo che si riscontra nel caso di Napoli, dinamismo politico in riferimento al Mediterraneo.
Dopo più di due secoli di passività, durante i quali il Viceregno, tale di fatto, fu una propaggine di confine nel sistema imperiale spagnolo, le novità non furono da poco. La politica del riarmo, avviata nel 1767, aveva dato i suoi frutti. Sotto Lord Acton, la marina aveva inaugurato un percorso di aggiornamento delle navi secondo i criteri più avanzati in Europa: crebbe il numero di vascelli e fregate, strumenti necessari per farsi valere come Regno neutrale nei conflitti tra potenze ma anche strumenti di deterrenza nella lotta contro gli Stati barbareschi. Il bombardamento di Algeri nel 1784 da parte di una squadra congiunta di navi spagnole, maltesi e napoletane fu il segno del cambiamento. I cadetti Napoletani furono inviati come volontari nelle maggiori marine europee. In genere, il secondo Settecento si ricorda a Napoli, come epoca del pieno ritorno alla dimensione marittima, dalla cantieristica all’aumento della gente occupata in attività marinare. Lo stesso mare divenne, più di prima, parte inestricabile della cultura popolare.
Sul piano diplomatico, la politica di autonomia perseguita da Ferdinando IV portò al peggioramento delle relazioni con Madrid. Furono sviluppate le relazioni diplomatiche con la Russia dal 1777; a pochi anni di distanza, cioè, dell’ingresso delle navi russe nel Mediterraneo. Il trattato di commercio e navigazione concluso con San Pietroburgo nel 1787, in cui c’erano clausole per l’attracco dei vascelli da guerra russi nei porti napoletani e siciliani, causò non pochi malumori tra le potenze borboniche di Spagna e Francia. Infine, la proposta, da parte del Regno di Napoli, quale mediatore tra l’Impero ottomano e l’Impero russo durante le trattative in vista della Pace di Jassy nel 1792, rimane la prova dell’ambizione di essere più di una potenza secondaria sulla scena internazionale.
Gin ricostruisce con dovizia le varie tappe di questa crescita diplomatica, soffermandosi soprattutto sulle dinamiche tra i protagonisti a corte. Tutto fluisce verso il 1799, verso quella che Gin indica come la tempesta. Si chiude allora la stagione riformista di Ferdinando IV di Borbone. Le vicende che seguirono negli ultimi sessant’anni del longevo regno di Napoli, a fronte di quanto visto nel secondo Settecento, appaiono prive dello stesso entusiasmo.
Re Ferdinando IV di Borbone
Un Sovrano complesso,
per di più sconosciuto e incompreso
“Re Lazzarone” per i detrattori, “Sovrano dei Primati” per i sostenitori, Re Ferdinando IV di Borbone è uno fra i personaggi più citati eppure meno studiati dalla storiografia, ridotto a fantoccio del padre, della moglie, dei ministri, delle Potenze. La sua biografia, di prossima pubblicazione, viene ricostruita, analizzando progetti, passioni, successi ed errori in Ferdinando di Borbone. Un monarca complesso, assoluto protagonista del suo tempo (Salerno Editrice, 280 pagine [QUI]). Ne risulta un originale ritratto politico e privato, sullo sfondo di un Regno in impetuosa trasformazione.

In attesa dell’uscita di questo nuovo volume di Sebastiano Angelo Granata, professore associato di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania, studioso del Mezzogiorno fra il XVIII e l’XXI secolo, torniamo al suo recente volume in tema, dal titolo Monarchie mediterranee. Ferdinando IV di Borbone tra Sicilia ed Europa (1806-1815)(Caro cci 2016, 234 pagine [QUI]), con la recensione del Dott. Luigi Sanfilippo [QUI].

L’autore legge il Decennio napoleonico dalla prospettiva del Re Ferdinando IV di Borbone, approdato in Sicilia sotto la protezione delle armi inglesi e presto costretto a confrontarsi con numerosi rivali e alleati: Bentinck e Murat, il Parlamento e la Costituzione. La moglie Maria Carolina e il figlio Francesco sono gli interlocutori privilegiati di questo re controverso, poco conosciuto e incompreso, che dalle sfide di quegli anni infuocati ha ripensato la monarchia che rappresenta. Il volume di Sebastiano Angelo Granata ricostruisce la vicenda attraverso una vasta documentazione inedita, fra cui spicca il Giornale di Affari scritto dal sovrano tra il 1812 ed il 1815.
Tre incontri del Custode di Terra Santa
su speranza, dialogo e pace in Medio Oriente
A Roma, Napoli e Perugia
Tra il 23 e il 29 gennaio 2025 il Custode Terra Santa Fra’ Francesco Patton, OFM, ha portato in Italia la sua testimonianza in tre incontri pubblici.
La guerra che sconvolge Israele e Palestina da più di un anno e le prospettive di un cessate il fuoco, la liberazione di ostaggi e detenuti, l’apertura agli aiuti umanitari: sono temi di stretta attualità che si intrecciano con un bilancio, umano e spirituale dei nove anni che Fra’ Patton ha trascorso alla guida della Custodia, «missione» dell’Ordine dei Frati Minori, da più di otto secoli presenti in Medio Oriente.
L’occasione di questi appuntamenti è stata offerta dalla recente pubblicazione del libro intervista Come un pellegrinaggio. I miei giorni in Terra Santa, scritto con il giornalista de L’Osservatore Romano, Roberto Cetera, in conclusione del mandato di Custode. Cetera partecipa agli incontri dialogando con Fra’ Patton.
Roma
Giovedì 23 gennaio 2025, ore 19.00
Chiesa di San Francesco a Ripa
piazza San Francesco d’Assisi 88
Il coraggio della pace. Riflessioni su dialogo, riconciliazione e speranza (quando tutto sembra perduto)
Ha moderato il giornalista Ugo Tramballi, senior advisor dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi)
Napoli
Sabato 25 gennaio 2025, ore 10.30
Sala del Mandato
Arciconfraternita dei Pellegrini
via Portamedina 41
La via della pace è il dialogo
Con la partecipazione di Mons. Gaetano Castello, Vescovo ausiliare di Napoli.
Ha moderato il giornalista Enzo Perone, inviato RAI
Perugia
Mercoledì 29 gennaio, ore 18.00
Cattedrale di San Lorenzo
Come un pellegrinaggio. I miei giorni in Terra Santa
Ha moderato il giornalista Giovanni Parapini, responsabile della sede RAI dell’Umbria

Come un pellegrinaggio. I miei giorni in Terra Santa. Una conversazione con Roberto Cetera (TS Edizioni 2025, 160 pagine [QUI]) ha la Presentazione di Massimo Fusarelli e la Prefazione di Papa Francesco, che sottolinea: «In questi frangenti drammatici padre Francesco ha saputo mantenere diritta la barra della barca affidatagli e moltiplicare piuttosto gli sforzi di vicinanza ai popoli colpiti da queste tragedie».
Trentino, 61 anni, Fra’ Francesco Patton, OFM, è entrato nel 1983 nell’Ordine dei Frati Minori. Sacerdote dal 1989, nel 1993 ha conseguito la Licenza in scienze della comunicazione presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma. Dal 2016 è Custode di Terra Santa a Gerusalemme.
È giunto in Medio Oriente quando la guerra in Siria era all’apice. Ha assistito all’involuzione del mondo politico israeliano. Ha guidato anche in frangenti difficili come la pandemia, un’istituzione articolata e complessa che accoglie pellegrini e custodisce 55 santuari e gestisce 15 scuole con 12mila studenti.
Ha condiviso un lungo cammino con le comunità dei frati (270 missionari di 30 nazioni e presenti in sette Paesi), nella vicinanza ai cristiani d’Oriente, nell’incontro ecumenico con gli altri responsabili religiosi. Racconta il Custode nel volume: «Ho visto la distruzione, il dolore, la sofferenza, la fame. Soprattutto ho visto quanta distanza ci sia tra la fotografia, la narrazione, e la realtà della guerra toccata con mano. Ho attraversato strade piene di voragini causate dalle bombe, sono entrato in edifici semidistrutti, e ho incontrato gente che in quelle macerie cerca ancora di resistere e vivere. E poi ho visto quell’altra distruzione che è data dallo spostamento forzoso di intere popolazioni». «Il 2025 sarà certamente impegnativo: anzitutto spero che sia un vero “anno santo”, sia cioè un anno di riconciliazione e di pace, un anno di liberazione dei prigionieri e di ritorno a casa di ostaggi, rifugiati e deportati».