Santa Messa votiva annuale in memoria del Servo di Dio Francesco II di Borbone presso l’abbazia di San Domenico Abate in Sora

Sabato 25 gennaio 2024 alle ore 18.00, la Rappresentanza presso l’Abbazia di Casamari della Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio ha partecipato alla celebrazione della solenne Santa Messa votiva annuale in memoria del Servo di Dio Francesco II di Borbone, ultimo Re delle Due Sicilie, presso la basilica abaziale cistercense di San Domenico Abate in Diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, sul territorio della città di Sora, che fu parte dell’antica provincia di Terra di Lavoro del Regno delle Due Sicilie. Si tratta della seconda delle due Santa Messe votive, celebrate annualmente dai monaci cistercensi, in segno di gratitudine verso S.M. Ferdinando II, Re delle Due Sicilie, che favori il monastero. A conclusione del Sacro Rito è seguita un’agape fraterna presso il Nobile Palazzo Filonardi nel centro storico di Veroli.
Francesco II

In segno di gratitudine verso il Re Ferdinando II, i monaci cistercensi dell’abbazia di San Domenico Abate in Sora riuniti in Capitolo, il 6 agosto 1855, decisero di assumere l’impegno di celebrare due Messe annue cantate «per l’incolumità di Sua Maestà nonché di tutta la famiglia reale e discendenza». Le Messe, da allora, si celebrano intorno al 14 luglio, giorno in cui il Re Ferdinando II, nel 1855, favorì il monastero e intorno al 18 gennaio, giorno della nascita del principe ereditario Francesco, il futuro ultimo Re delle Due Sicilie, oggi Servo di Dio Francesco II di Borbone. Quest’anno, per dare la possibilità ad un maggior numero di appartenenti alla Sacra Milizia Costantiniana di parteciparvi, la Santa Messa è stata celebrata sabato 25 gennaio 2025.

La solenne celebrazione della Santa Messa è stata presieduta dal Referente per l’Abbazia di Casamari della Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, Prof. Padre Pierdomenico Volpi, S.O.Cist., Cappellano di Merito, Postulatore generale per le cause dei santi dell’Ordine Cistercense-Casamari, alla presenza del Coordinatore della Rappresentanza presso l’Abbazia di Casamari, Angelo Musa, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento, in vece del Delegato per la Tuscia e Sabina, Nob. Avv. Roberto Saccarello, Cavaliere Gran Croce de Jure Sanguinis con Placca d’Oro.

Inoltre, ha presenziato una rappresentanza della Delegazione per l’Italia della Real Irmandade da Ordem do Arcanjo São Miguel, accreditata presso l’Abbazia di Casamari, guidata dal Vice Delegato, Dott. Leonardo Lucarella, Cavaliere Gran Croce dell’ordine dinastico il cui Gran Maestro è S.A.R. il Principe Dom Duarte Pio de Bragança, Capo della Real Casa del Portogallo, Balì di Gran Croce di Giustizia decorato del Collare e Presidente d’Onore della Real Deputazione del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.

L’animazione liturgica è stata curata dal Coro della cattedrale di Santa Maria Assunta di Sora, diretto dal Maestro Giacomo Cellucci, Cavaliere di Ufficio, davanti all’organo a canne nella campata centrale della navata laterale di sinistra della basilica, suonato da Marianna Polsinelli, Dama di Ufficio. Sono stati eseguiti La Chiesa esulta (Ingresso), Kyrie e Gloria di Picchi, Cantate al Signore (Alleluia), Come spighe nei campi (Offertorio), Sanctus di Lourdes, Agnello di Dio di Palmitessa, Pane di vita nuova (Comunione). Roberto Guardini, Cavaliere di, ha assistito come Ministro Straordinario dell’Eucaristia.

La Prima Lettura (non è 2Tm 1,1-8 ma Ne 8,2-4.5-6.8-10 – Leggevano il libro della legge e ne spiegavano il senso) e il Salmo responsoriale (Sal 18 – Le tue parole, Signore, sono spirito e vita) sono stati recitati da Marianna Polsinelli, Dama di Ufficio. La Seconda Lettura (1Cor 12,12-30 – Voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte) è stata recitata da Christian Petrucci, Cavaliere di Ufficio. La Preghiera dei fedeli è stata recitata da Luca Cardinali, Cavaliere di Ufficio, conclusa da Padre Domenico Volpi con la preghiera per il Gran Maestro, S.A.R. il Principe Don Pedro di Borbone delle Due Sicilie e Orléans, Duca di Calabria, Conte di Caserta, Capo della Real Casa delle Due Sicilie.

Dopo la proclamazione del Vangelo (Lc 1,1-4; 4,14-21 – Oggi si è compiuta questa Scrittura), Padre Domenico Volpi ha tenuto l’omelia, nella quale innanzitutto ha ricordato l’ultimo Re delle Due Sicilia come un esempio di testimonianza della fede cristiana con la vita:

«Oggi, più che mai, occorre essere testimoni della nostra fede, questo perché il mondo si allontana, sempre di più, dal Signore. Un valente testimone fu proprio il Servo di Dio Francesco II. Egli si trovò ad assumere il trono in un periodo storico molto travagliato, forse non era del tutto pronto per un ruolo così fondamentale. Se non era pronto non significa che non ne era capace, lo dimostra la sua vita. Fu tradito, vilipeso e ingannato ma la sua vita parla di un sovrano che non rispose al tradimento con il tradimento, alla denigrazione con la denigrazione, al tradimento con il tradimento. La sua esistenza, prima e durante l’esilio fu accoglienza della divina volontà, ma sempre a testa alta e non supinamente. Fu sicuramente un uomo buono, e il suo diario lo testimonia, ma non sciocco o incapace. L’esistenza del Servo di Dio Francesco II, con le dovute diversità, fu molto simile a quella beato Carlo d’Austria. Anche quest’ultimo assunse il trono in un periodo difficile della storia, sia l’Imperatore Carlo che il Re Francesco II erano convinti che le persone, anche quelle della Corte, fossero animati da una fede sincera che portava a vivere virtuosamente, ma, come il Signore Gesù, furono traditi.
Tornando alla testimonianza, San Francesco di Sales afferma che non bisogna parlare, eccessivamente, alle persone di Dio, ma che il nostro comportamento faccia in modo che gli altri ci chiedano di Dio. La vita di fede di Francesco II durante l’esilio è stata proprio così. Ad Arco di Trento, quotidianamente lo si vedeva partecipare alla Celebrazione Eucaristica con i fedeli della parrocchia. Molti parrocchiani nemmeno sapevano che fosse stato l’ultimo sovrano del Regno delle Due Sicilie. La sua non era una fede ”urlata”, ma una fede vissuta quotidianamente nella semplicità della sua vita. Il Signore lo portava nel cuore; possiamo essere certi che il Signore mai ha abbandonato il Suo Servo Francesco II. Pregiamo quindi che Dio, nella sua infinita bontà, voglia far procedere l’Inchiesta diocesana per la beatificazione del Servo di Dio Francesco II: la Chiesa e il mondo hanno bisogno di testimoni credibili come l’ultimo Re delle Due Sicilie».

Padre Volpi ha proseguito:

«Cari fratelli in Cristo, le Letture della Domenica hanno un filo che le unisce, ed è quello della Parola di Dio, che è l’unica Parola che fa di noi un solo corpo, come afferma la Seconda Lettura.
Neemia nella Prima Lettura presenta il solenne annuncio della ritrovata Parola del Signore, fatto a Gerusalemme davanti a tutto il popolo radunato nella piazza del Tempio dopo il ritorno dalla deportazione a Babilonia. Questo evento si apre con la “benedizione” del sacerdote cui la folla risponde “prostrandosi a faccia a terra”. La cerimonia dura un intero giorno e il popolo ebreo piange al sentire la Parola di Dio, piange perché ha trasgredito alla legge che è contenuta in quella Parola. Al termine il Popolo festeggia nell’aver ascoltato la Parola che salva. In questa scena possiamo riscontrare le disposizioni per ascoltare la Parola di Dio: rispetto, attenzione, confronto con la propria condotta rispetto al testo sacro, pentimento dei peccati e gioia per aver scoperto ancora una volta di più la volontà di Dio espressa nella legge. Anche noi dovremmo avere questi atteggiamenti quando leggiamo o ascoltiamo la Sacra Scrittura. Questo non è un qualsiasi libro, pertanto deve essere degno di rispetto; non mi pare tanto rispettoso gettare la Parola del Signore nei libri che non si leggono più e nemmeno conservare questo testo sacro come un bel soprammobile che ogni tanto si spolvera ma non si apre mai. Per quanto riguarda l’attenzione si deve aver presente, è che la Sacra Scrittura è ispirata da Dio anche se scritta da uomini. Quindi si deve essere ben attenti a ciò che si legge, visto che è una parola viva e sacra. Pertanto si deve leggere facendo il possibile per comprendere cosa Dio vuole dire a noi, a chi la legge. Se non si legge in questo modo può diventare una lettura noiosa e fuori dal tempo. La comparazione tra la Parola di Dio e la nostra condotta dovrebbe venire quasi spontaneo: Dio dice una cosa e io ne faccio un’altra! Si deve capire che il Testo sacro non è un libro con dei bei pensieri che vengono scelti secondo le occasioni e nemmeno un elenco di norme da cui vengono tolte quelle che danno fastidio o quelle che si ritengono impossibili da mettere in pratica: Dio o si accetta tutto o non si accetta; non si può accogliere solo quando fa comodo e non impegna molto. E, visto la nostra mancanza dei riguardi del Signore, ci si deve pentire certi che Egli è un padre che perdona e la conseguenza è la gioia per aver ancora una volta vicino il Signore.
Il Vangelo sottolinea che Gesù comincia la sua predicazione dalla Galilea che, a quel tempo, era la regione più sottovalutata e disprezzata della Palestina. Forse è proprio per questo che questa regione è stata messa al primo posto nel piano della salvezza. A Nazaret è come se Gesù presentasse il suo biglietto da visita e con le parole del profeta Isaia dice che cosa è venuto a fare, in che cosa consiste la sua missione; egli è venuto a portare il “lieto messaggio ai poveri”. Ma chi sono i poveri? Nel senso letterale, sono prima di tutto coloro che non hanno nulla a cui appoggiarsi, nessuno che li difende. Perciò Gesù viene a dire che hanno una dignità uguale a tutti perché anche loro hanno un padre che è nei cieli e che, come tutti, hanno un destino di gioia. Concretamente, però, poveri siamo tutti, anche quando si appare ricchi, potenti e appagati delle proprie cose inutili, ma sempre poveri di verità, poveri di amore, poveri di speranza. Quindi Gesù è venuto per tutti, proprio perché siamo tutti poveri di valori veri. Però, solo chi vuole incontrarsi con Gesù e lo accoglie con tutto il suo essere, può diventare un uomo davvero libero perché, come dice Sant’Ambrogio: “Dove c’è la fede, lì c’è la libertà”.
Nel brano del Vangelo si dice che “gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi su di lui”, erano fissi su Gesù. Anche se il mondo attuale non lo vuole riconoscere, gli uomini non possono fare a meno di guardare a Gesù e al suo Vangelo, purtroppo anche deridendolo, anche prendendo in giro il suo messaggio riducendolo ad una buffonata. Ma, di fronte a lui o presto o tardi si deve prendere posizione. E nonostante si cerchi di nascondersi dietro le mode del momento, della politica, del comportamento, del “così fan tutti” il vero problema di ogni uomo è: o rifiutare il Messia, l’inviato da Dio Padre, con l’una o l’altra delle scuse che si inventano, o inginocchiarsi davanti a lui, e così salvarsi la vera vita. Non lasciamoci ingannare dal mondo che accusa i credenti di essere retrogradi e vecchi. Ricordiamo l’episodio della costruzione dell’arca da parte di Noè che tutti deridevano per quella inutile costruzione ma, poi, venne il diluvio. Non ascoltiamo Satana e i suoi alleati, ma Dio nostro Padre».

A conclusione del Sacro Rito è seguita un’agape fraterna presso il Nobile Palazzo Filonardi nel centro storico di Veroli.

Il servizio fotografico è stato a cura di Valerio Di Vece, Postulante, e del giovane Nicholas Santoro.

Francesco II

Servo di Dio Francesco II di Borbone
Ultimo Re delle Due Sicilie

Quest’anno ricorre il 131° anniversario del pio transito del Servo di Dio Francesco II di Borbone (Napoli, 16 gennaio 1836-Arco, 27 dicembre 1894), ultimo Re delle Due Sicilie (22 maggio 1859-20 marzo 1861), Gran Maestro del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.

Al di fuori dello stereotipo del Francesco giovane re, inesperto, dileggiato e tradito da tutti, finito a fare la vittima sacrificale in una fortezza, sotto una pioggia di bombe, vorremmo mettere in risalto aspetti diversi del monarca e dell’uomo.

S.M. Francesco II di Borbone non morì sotto le bombe a Gaeta, ma passò la maggior parte della sua esistenza in esilio, ben 33 anni. Tutti si dimenticarono di lui dopo il 14 febbraio 1861, come uno sconfitto.

Francesco d’Assisi Maria Leopoldo, era stato un giovane, come tanti alla sua età, preso dalle angosce e i patimenti morali della giovinezza, cose che in lui si amplificavano per la sua condizione speciale come figlio di un Re e che un giorno sarebbe stato destinato a regnare. Egli ha lasciato nella storia un segno più profondo di quello che ci è stato restituito dai libri di storia, un umo che ha lottato da solo con un manipolo di eroi, i suoi soldati, non il suo esercito, contro le ingiustizie, contro un disegno massonico rivoluzionario che usò principalmente l’arma della corruzione. Egli seppe essere un giovane Re desideroso di aprirsi alle innovazioni e ai cambiamenti, che seppe adempiere anche ai doveri di soldato. Le numerose testimonianze che si evincono dai documenti che ci ha lasciato, fanno trasparire il suo vero valore e i suoi veri sentimenti.

Certamente ebbe a superare delle prove difficili nella sua esistenza, ma tutto filtrato dalla sua incrollabile fede in Dio, che sicuramente ha temperato certi drammatici momenti della sua vita. Però, questo non scalfisce la sua figura di uomo di grande dignità e statura morale. Come monarca cristiano egli seppe rimanere attaccato ai suoi punti di riferimento, che non erano certamente materiali. Quando qualcuno gli sottolineò la storia lo aveva ridotto a vivere in una locanda, Francesco II rispondeva; che “il Re dei Re non aveva avuto ove riposar la sua testa”. Non aveva mai indugiato a dare ai bisognosi quanto poteva, privandosi pure del necessario.

La commemorazione di Francesco II di Borbone, ultimo Re delle Due Sicilie [QUI]

S.M. Ferdinando II di Borbone
Penultimo Re delle Due Sicilie

Ferdinando Carlo Maria di Borbone nacque a Palermo il 12 gennaio 1810 e morì a Caserta il 22 maggio 1859. Fu il penultimo Sovrano del Regno delle Due Sicilie, dall’8 novembre 1830 al 22 maggio 1859, agli albori dei movimenti per l’Unità d’Italia. Succedette al padre Francesco I in giovanissima età e fu autore di un radicale processo di risanamento delle finanze del Regno. Sotto il suo dominio, il Regno delle Due Sicilie conobbe una serie di timide riforme burocratiche e innovazioni in campo tecnologico (come la costruzione della Ferrovia Napoli-Portici, la prima in Italia, e la creazione di alcuni impianti industriali, come le Officine di Pietrarsa). Diede inoltre grande impulso alla creazione della Marina Militare e mercantile, nel tentativo di aumentare gli scambi con l’estero. Il suo regno fu sconvolto dai moti rivoluzionari del 1848. Alla sua morte, il trono passò al figlio Francesco II, sotto il cui governo avrà termine la storia del Regno delle Due Sicilie, annesso al Regno d’Italia in seguito alla Spedizione dei Mille e all’intervento dell’esercito piemontese.

L’abbazia di San Domenico Abate

L’abbazia cistercense di San Domenico Abate, dedicata alla Beata Madre di Dio e Vergine Maria, nel comune di Sora in provincia di Frosinone, alla confluenza del fiume Fibreno col fiume Liri, fu fondata nel 1011 sulle rovine della villa natale di Marco Tullio Cicerone, dall’Abate Domenico di Foligno su commissione del Governatore di Sora e di Arpino, Pietro di Rainiero, e di Doda, sua moglie. Nella riconsacrazione della chiesa del 1104, il Papa Pasquale II aggiunse al titolo originario anche quello di San Domenico Abate.

Lasciato il monastero di Trisulti, Domenico visse a Sora per venti anni e mezzo, fino alla morte. Il monastero ebbe un rapido sviluppo economico e sociale. I Benedettini cassinesi rimasero fino al 1222, quando, dopo poco più di due secoli, nell’opera di riforma delle abbazie benedettine, Papa Onorio III li rimosse, per sostituirli con i Cistercensi dell’abbazia di Casamari, in cui venne incorporato. I Cistercensi, comunque, pur appartenendo ad un’altra famiglia benedettina, hanno conservato ed alimentato il culto per San Domenico. Nel 1430 il monastero di Sora, con quello di Casamari, fu concesso in commenda. Successivamente si spopolò rapidamente, fino a svuotarsi. Nel 1833, dopo l’intesa con il Re Ferdinando II, l’Abate commendatario, il Cardinale Ludovico Micara reinsediò nell’abbazia di San Domenico una comunità monastica.

L’arrivo della monarchia sabauda, con le leggi eversive del Regno d’Italia, sconvolse per l’ennesima volta la vita del monastero. Con decreto del 17 gennaio 1861, intimato il 9 gennaio 1865, l’abbazia di San Domenico fu acquisita, de iure, dal demanio insieme a tutti i suoi beni ed i monaci vennero espulsi con la forza il 18 dicembre 1865. Solo dopo una lunga e tormentata causa, il 20 novembre 1870 l’incameramento fu dichiarato illegittimo, perché il monastero e i suoi beni costituivano un ”beneficio curato” di appartenenza al Capitolo Vaticano per disposizione del Re Ferdinando II delle Due Sicilie e per concessione di Papa Pio IX con la bolla Ineluctabilis devotionis dell’11 marzo 1850. Il monastero e i beni vennero formalmente riconsegnati il 31 gennaio 1871. Per motivo di questa appartenenza al Capitolo Vaticano, durante la Secondo Guerra Mondiale l’esercito tedesco non entrò mai nell’abbazia.

La Città di Sora

Sora ha subito molte occupazioni nel corso dei secoli, da parte dei Longobardi, dei Bizantini, dei Saraceni (breve incursione) e degli Ungari (saccheggio senza occupazione). Nel corso del XII secolo fu teatro della guerra tra i Normanni e il Papa. In seguito alla vittoria dei Normanni entrò a far parte del Regno di Sicilia che poi passò alla dinastia Sveva e successivamente agli Angioini. In questo periodo il Re Carlo I d’Angiò trasferì la capitale del regno da Palermo a Napoli. Sora fu quindi sede della Contea di Sora ed in seguito, dal 1443, del Ducato di Sora. Infine, nel 1796, Re Ferdinando IV di Napoli (che poi assunse nel 1816, dopo il Congresso di Vienna, il titolo di Ferdinando I delle Due Sicilie) soppresse il Ducato di Sora, provvedendo al versamento del relativo prezzo di acquisto al Duca Antonio II Boncompagni. Sora fu quindi inclusa nell’antica provincia di Terra di Lavoro del Regno delle Due Sicilie. Dal 1861 Sora divenne parte del neonato Regno d’Italia, divenendo capoluogo di circondario, sempre nell’ambito territoriale della Terra di Lavoro.

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