Podcast 2-31 – Il pensiero di Maritain alla luce della crisi delle democrazie: il ruolo della persona
In alcuni precedenti podcast ho fornito un inquadramento generale suI contributo, diretto ed indiretto, di Jaques Maritain (1882 – 1973) al pensiero contemporaneo e sulla sua influenza, mediata dal suo amico, Papa Paolo VI, su un Documento fondamentale del Concilio Ecumenico Vaticano II, la Dignitatis humanae [QUI, QUI e QUI].
Il seguente podcast è tratto da un articolo di Raffaele Maione su Democrazia e Diritti Sociali, 1/2020, rivista internazionale telematica di filosofia del diritto. In estrema sintesi vi si afferma che uno Stato effettivamente democratico è quello che lascia le persone libere di formarsi in senso etico, evitando sovrapposizioni, tipiche dei regimi totalitari. Uno Stato è pienamente democratico quando è al servizio dell’uomo, quando garantisce la dignità e il pieno sviluppo della libertà e dell’autonomia, quando rispetta le formazioni sociali, quando consente una felice convivenza con gli “altri”.
Il riferimento alla dignità ed alla libertà umana ci riconduce al pensiero di Maritain che nelle sue lezioni ebbe occasione di interrogarsi sulla comprensione del fenomeno “società”, come comune esperienza del “valore” e come riconoscimento dell’altro nella sua dignità personale.
Esiste una coscienza e/o vocazione religiosa critica contro ogni forma di assolutismo ideologico ed escludente la stessa dalla sfera pubblica. Maritain propose una nuova Cristianità fondata sulla libertà delle persone e sul pluralismo, con fedeltà ai valori Cristiani, contraria alla deriva relativista: la democrazia ha bisogno del Cristianesimo, come speranza storica, e di una religione civile, che conduca al patriottismo costituzionale, inteso come identità collettiva. Egli intende la politica come visione umanitaria e comunitaria dove la democrazia non è una forma di governo, ma una forma di civiltà, che ha bisogno dell’apporto della cultura e della religione, tanto da non poter sussistere senza di esse. Cultura, religione e politica rappresentano quelle condizioni che rendono possibile quel progetto di società democratica in cui gli uomini saranno protagonisti della sua realizzazione. Spetta alla società politica occuparsi di quelle condizioni necessarie per il raggiungimento della coesistenza pacifica e morale tra i membri della società. Solo garantendo i diritti di libertà si favorisce la presenza del Cristianesimo nella società civile e lo sviluppo delle società democratiche e delle loro libertà.
Vi è nella struttura democratica un’amicizia tra religione e politica, e quindi, tra coscienza, civiltà e libertà. Maritain mette perfettamente in risalto gli elementi essenziali della democrazia e propone, alla base di essa, un umanesimo integrale dove il Cristianesimo deve sollecitare l’uomo ad un trascendimento continuo della pura dimensione soggettiva. Nelle sue opere è centrale l’idea di società secolare, la “nuova democrazia”, vivificata da un’ispirazione Cristiana. La laicità non è separata dall’aspetto spirituale, ma proprio da questo binomio si costruisce la nuova società basata sulla libertà, sul pluralismo, sulla giustizia, sulla solidarietà, sul bene comune.
Distinguendo tra individuo, parte della natura e della società, e persona, superiore alla natura e alla società, Maritain accusa la modernità di essersi limitata all’individuo, mentre bisogna richiamare il valore del diritto naturale come fondamento della dignità della persona umana. Se esistono i diritti dell’uomo, implicitamente deve esistere un ordinamento che li tuteli considerando, comunque, che essi sono naturalmente posseduti dall’essere umano, anteriori e superiori alle legislazioni scritte, diritti che la comunità civile non deve accordare, ma riconoscere.
Maritain svolse un ruolo attivo nella redazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, favorendo la nascita di una religione civile come patriottismo costituzionale. È qui che si inserisce il concetto di diritto naturale e del suo primato sul diritto positivo. La religione, per Maritain, opera nel campo del civile in maniera ontologica come struttura fondante i principi ed i valori della convivenza civile. Il Cristianesimo si implica nella democrazia come potenza morale con cui esso influenza, penetra e vivifica come un lievito spirituale, l’esistenza temporale e le energie interne della natura, onde portarle a un livello più alto e più perfetto nel loro ordine particolare.
Il pensiero di Maritain è racchiuso nella Dichiarazione Conciliare del 1965, Dignitatis humanae. Da questo documento, che ho analizzato in precedenza [QUI e QUI], emerge un principio di libertà che va oltre l’esigenza soggettivistica, e che appartiene alla natura stessa dell’uomo. La solida struttura del pensiero del filosofo offre un approccio sulla storicità dell’esperienza reale e giuridica, che si intreccia con l’esperienza morale e personale, riproponendo una filosofia personalista e comunitaria in cui il compito della società politica è promuovere la persona umana e la sua libertà.
La ripresa della centralità della persona si accompagna ad una spiccata sensibilità per la dimensione sociale dell’esperienza giuridica: questa visione, vicina al pensiero del Cardinal Montini, mette in luce il recupero del giusnaturalismo, con un’adesione comune a valori e a regole del gioco di una democrazia pluralista, attorno alla crescita della persona umana.
La difesa dei diritti umani per Maritain rappresenta l’evoluzione naturale alla reazione ai regimi totalitari e antidemocratici: la sua proposta è per una democrazia integralmente umana. Questa struttura personalistica determina per il filosofo francese un recupero del diritto naturale e principalmente della visione di Sant’Agostino e San Tommaso d’Aquino.
Attraverso la legge naturale, Maritain giunge alla conclusione che l’uomo va rispettato per il solo fatto di essere tale. L’approccio personalistico all’esperienza giuridica muove dalla coscienza profonda dalla sovrapposizione tra diritto e vita. Qui emerge la sua visione ontologica intesa come stato normale dell’uomo in società. In questo quadro si sviluppa una filosofia della società derivante dal Vangelo. Affermava San Paolo VI, nella sua Enciclica Populorum progressio: “Senza dubbio l’uomo può organizzare la terra senza Dio, ma senza Dio egli non può, alla fine, che organizzarla contro l’uomo”.
E quando ci si riferisce a bene comune, esso non è il complesso dei beni che posseggono i singoli cittadini, ma quello che rende la vita di ogni uomo perfetta nel suo svolgimento rispondendo alle finalità proprie della persona umana. La società quindi non è fine a se stessa; il suo fine è la persona umana: emerge così una nuova idea di partecipazione come elemento strutturale per un nuovo ordine comunitario etico. Attraverso il Cristianesimo è possibile far emergere una società legata a Dio come principio trascendente di giustizia.
L’uomo non è una produzione statale e non è un oggetto manipolato dalle istituzioni politiche, ma è persona, vertice di tutti i valori umani, al contrario dello Stato che è creato dall’uomo ed è al suo servizio. Solo il legame con la trascendenza permette all’uomo il senso di libertà. La politica, di conseguenza, deve creare i presupposti di una religione civile che tuteli, attraverso la coesione sociale, i diritti umani: una religione civile che tende alla “sacralità della vita” comportando l’idea della sua intangibilità, indisponibilità e inviolabilità.
Ripartendo dalla persona e dal suo senso religioso si può costruire un nuovo ordinamento sociale ed economico che affronti la crisi attuale. Il relativismo ha portato al disinteresse verso la civiltà e i suoi valori neppure fondato sullo scontro tra opposte ideologie, ma su una relativamente pacifica eutanasia di ogni sistema di valore. Ecco il tragitto dei diritti naturali e della religione civile: la prima risponde all’esigenza di rispettare i diversi ambiti, la seconda risponde a quella di una civiltà che non può negare la propria identità.
Alla luce di queste osservazioni bisogna concepire un nuovo contratto sociale, in cui la legge naturale non è solo il fondamento etico indispensabile, ma costituisce anche il fondamento della legge civile: è indispensabile costruire una società più giusta, basata sulla libertà, sulla responsabilità e sulla solidarietà, come luogo di incontro per la convivenza di tutti, che attraverso la religione civile potrà recuperare il ricco patrimonio di civiltà che ha permesso il superamento dei disastri delle guerre.
Il diritto può, attraverso il principio di sussidiarietà, generare il bene comune, perché l’oggetto naturale di qualsiasi intervento statuale è quello di sostenere i membri sociali perché non è giusto che il cittadino e la famiglia siano assorbiti dallo Stato. La dimensione sociale della vita personale nasce dalla naturale apertura della persona alla relazione. La sinergia così manifestata e delineata tra la dimensione personale e la dimensione sociale trae origine dalla coscienza della comune esperienza del valore: corresponsabilità per la piena promozione della dignità di ognuno, come veicolo di realizzazione del valore della convivenza.
L’esistenza del “noi” determina il co-interessamento che si traduce nella solidarietà. La sussidiarietà e la solidarietà permettono la piena realizzazione della dignità umana e il compimento del bene comune. In questo senso l’universalismo Cristiano si pone in posizione critica nei confronti di una globalizzazione che non tenga sufficientemente conto del sistema dei diritti umani su cui essa non può poggiare.
Bisogna ricollocare l’uomo in una comunità di principi, trasformando la nostra società in un luogo di accoglienza umana, riconoscendo l’impronta della presenza di Dio. Si sente la necessità di una nuova forma di cittadinanza, aperta e accogliente, etica e comunitaria che allarghi i suoi diritti fino al raggiungimento pieno dell’integrazione politica, creando così uno Stato realmente multiculturale, determinando nelle giovani generazioni l’idea di una democrazia pluralista e non indifferente, di partecipazione seria e costruttiva alla cosa pubblica.
Il grande obiettivo è riportare l’uomo al centro dello sviluppo sociale e lo stesso processo di globalizzazione deve essere posto al servizio di questo sviluppo. L’uomo non deve essere un oggetto nelle mani del mercato, ma un soggetto, ragionevole e libero e la stessa dignità personale è una proprietà inscindibile di ogni essere umano. La globalizzazione non può basarsi solo su interessi economici, ma deve far leva sui valori moralmente autentici, sulla legge morale universale. Una “casa comune” deve fondarsi sulla dignità della persona, sul carattere sacro della vita, sul principio della libertà di pensiero e sul ruolo centrale della famiglia. La vita pubblica e privata è radicata nei valori cristiani.
Dinanzi alla complessità della vita pubblica, l’impegno socio-politico, basandosi sui pilastri della dignità umana, del bene comune, della sussidiarietà e della solidarietà, deve esprimere un’idea di coesione: la società viene prima dello Stato.
L’impegno attivo dei cattolici in politica deve evitare la “teologizzazione” della politica e l’“ideologizzazione” della religione. Il Cristianesimo può contribuire a scrivere il futuro di una società “degna”: il futuro va realizzato giorno per giorno, attraverso un processo educativo autentico, permeato di valori evangelici, con lo sviluppo di una religione civile che deve contribuire al consolidamento della società. In questo è impegnato strenuamente Papa Francesco: promuove una nuova ermeneutica religiosa, centrata sull’evocazione onnipresente e onnicomprensiva della misericordia di Dio legata ad una “dignità trascendente” condivisa da tutti gli uomini.
L’ateismo ha fatto sì che l’uomo divenisse il solo padrone del proprio destino. Ma i valori giuridici si fondano nei valori morali, ed entrambi hanno il loro fondamento ultimo in Dio, nella legge sapiente divina. La crisi del mondo di oggi è una crisi di valori morali, e il diritto non fondandosi sulla forza morale, è diventato amorale, venendo meno il primato dello spirituale, prevalendo la logica del lasciar fare, dell’accordo del soggetto con se stesso. Si deve riaffermare la connessione funzionale tra l’ordine statale e quello religioso. Aver negato la dipendenza del diritto positivo da un potere più alto ci ha condotto come scriveva Hannah Arendt nel suo On Rivolution, “ad assistere a crimini politici mai prima veduti, commessi da uomini che… avevano perduto l’antico timore in una giustizia di Dio”. Di conseguenza nessuna società può esistere senza una valida religione civile, nessuna politica può esistere senza morale e nessuna morale può esistere senza religione: il futuro passa attraverso questo trinomio.
E lo Stato è il compimento di tutta l’esperienza giuridica, poiché ha le sue fondamenta nella stessa esperienza comune. In questa impostazione del rapporto tra Stato ed esperienza comune, cioè tra Stato e individuo, è ravvisabile, da parte di Maritain, la riscoperta del “diritto naturale”, concepito come “fondamento” dei diritti umani. Di qui, di conseguenza, il primato dell’individuo sullo Stato, in linea con tutta la tradizione del “personalismo” Cristiano, da Rosmini a Blondel. Centrale diviene il problema educativo: uno Stato effettivamente democratico è quello che lascia le persone libere nella loro formazione in senso etico, evitando sovrapposizioni, tipiche dello Stato totalitario.
Appello alla coscienza Cristiana e percorsi del metodo democratico determineranno in Maritain la fiducia nel confronto tra verità e carità come testimonianza autentica della vita Cristiana. Al nazionalismo e al totalitarismo oppone l’idea di democrazia sviluppando una visione della società politica Cristiana, ma insieme laica e pluralista, tesa a neutralizzare le religioni politiche, e a proporsi come alternativa ai totalitarismi e all’ordinamento liberal-borghese.
Maritain si rivolge all’uomo moderno, stretto nell’immanenza, condizionato dalle forze dell’economia e della politica, invitandolo a costruire una nuova civiltà, capace di integrare i vari aspetti dell’esistenza e la sua irrinunciabile apertura alla Trascendenza.
In questo momento storico la necessità del suo pensiero è ancora più viva. Indebolire le democrazie rappresenta il fallimento dell’intera società. Il timore è quello una “democrazia moribonda”, ovvero con cittadini abituati, anestetizzati, ma soprattutto disponibili, a cedere libertà e riservatezza per salvaguardare un bisogno di sicurezza che rischia di protrarsi anche quando il pericolo sarò passato e soprattutto di condizionare pesantemente sia la libertà sia la dignità di ogni persona umana.
Il podcast precedente di mercoledì 4 dicembre 2024, dal tema Jacques Maritain, l’umanesimo integrale e la formazione Costantiniana [QUI]
Indice dei Podcast pubblicati [QUI]

Foto di copertina: dettaglio di Geremia, pannello che fa parte del Trittico dell’Annunciazione, un’opera, tecnica mista su tavola, attribuita a Barthélemy d’Eyck o, più prudentemente, al Maestro dell’Annunciazione di Aix-en-Provence. È databile al 1443-1445 e proviene dalla Cattedrale di San Salvatore di Aix-en-Provence, mentre oggi è smembrato in più musei: il pannello centrale dell’Annunciazione si trova ad Aix-en-Provence nella chiesa della Maddalena; il pannello sinistro col profeta Isaia è diviso in due parti, il profeta al Museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, mentre la parte alta con uno scaffale pieno di libri ed oggetti vari è conservata al Rijksmuseum di Amsterdam; lo scomparto destro con il profeta Geremia è infine al Museo Reale delle Belle Arti del Belgio di Brussel. Sul rovescio degli scomparti laterali è dipinto un Noli me tangere.